Marta Minujín: l’artista che rivendica il valore della libertà culturale
Una delle artiste contemporanee più importanti di tutta l’Argentina, Marta Minujín, nasce nel 1943 a Buenos Aires dove si forma presso la National University Art Institute. Conosciuta per i suoi happening, per le sue opere di arte concettuale e partecipativa, inizia ad intraprendere la sua carriera a Parigi dove tra l’altro entra in contatto con artisti quali Christo e si confronta con le diverse realtà artistiche d’avanguardia, avvicinandosi molto al neorealismo. La sua permanenza parigina le ispira la produzione di “sculture vivibili” per la cui realizzazione adopera materiali inconsueti: materassi e scatole di cartone con superfici stampate.
Trasferitasi in seguito a New York fece amicizia con il re del pop americano, Andy Warhol, figura artistica poliedrica che la influenzerà molto. La Minujín, pioniera della performance art, decostruisce l’arte solo per ricostruirla di nuovo in modo irriverente e spesso effimero cercando di trasmettere sempre messaggi, i quali risultano spesso provocatori o in polemica con il sistema. Come tutti gli artisti pop attivi negli anni ’60 Marta Minujín era stata ispirata dalla cultura popolare e commerciale, dalla pubblicità, dai film di Hollywood e dalla musica pop. Realizza assemblaggi attraverso forme e strutture tali da realizzare qualcosa con cui le persone potessero interagire. Piuttosto che realizzare delle opere da esporre in uno spazio a cui guardare con un’educata distanza, rende lo spazio stesso opera d’arte. Il suo lavoro è incentrato sulla partecipazione, realizza un’arte che la gente non deve contemplare ma con cui deve relazionarsi, vuole suscitare delle reazioni di imbarazzo o di stupore e portare alla riflessione. La sua modalità espressiva prevede l’utilizzo di materiali, temi, e ambientazioni dal forte impatto percettivo ed emozionale; l’incontro del pubblico con le sue opere è per lei un momento cardine. Una conversazione con Warhol a New York sulla crisi del debito latino-americano ha ispirato uno dei suoi happening più pubblicizzati: “El pago de la deuda externa” nel 1985. Acquistando una spedizione di mais, la Minujín ha drammatizzato il costo argentino del debito estero con una sequenza fotografica in cui consegnava simbolicamente il mais a Warhol “in pagamento” per il debito.
La fine della dittatura in Argentina nel 1983, con il conseguente ritorno alla democrazia spinse Marta Minujín a creare un monumento a una vittima clandestina e inanimata del governo regime: la libertà di espressione. Decide così di lanciare un messaggio forte: accatasta 30.000 libri proibiti dalla dittatura militare (tra cui si trovavano testi di Freud, Marx, Gramsci, Sartre, Foucault e persino testi per bambini come Il piccolo principe) ed erige il “Partenón de los libros” per riaffermare il valore assoluto della libertà culturale. Richiamandosi ad uno degli archetipi strutturali dell’occidente, il tempio; modello architettonico quasi ancestrale in cui si mescolano significati culturali, icona assoluta prodotta dalla stessa civiltà generatrice della democrazia. L’artista argentina ne rispetta l’impianto esteriore e le proporzioni evitando ogni forma di mimesi; riesce sapientemente a modificare il modello ateniese da cui è partita consegnandoci un tempio minimalista, fatto di carta, austero ma al tempo stesso precario, destinato a dissolversi nel nulla. L’installazione, divenuta simbolo del risveglio dell’Argentina dall’incubo della repressione, è stata smantellata dopo 3 settimane distribuendo i volumi sigillati al pubblico. Più recentemente nel 2017 ha rivisitato questo stesso tema realizzando ancora il Parthenon of Books questa volta con 100.000 volumi messi all’indice dei libri proibiti in occasione di Documenta 14 Festival d’Arte a Kassel, in Germania.
La raccolta dei volumi è nata attraverso una campagna di crowdfounding la quale ha coinvolto migliaia di persone da tutto il mondo che hanno inviato un libro che sia stato proibito in passato, o che sia proibito tutt’ora in specifici Paesi. Con questo Partenone 2.0 l’artista attivista ha voluto ancora una volta dire no a tutto ciò che riguarda la censura e la discriminazione, le sue operazioni artistiche sono state definite come un antidoto contro la violenza. Il Partenone dei Libri è un altare per celebrare il culto della democrazia, e suggerisce anche l’idea di riaffermare l’importanza e l’attualità della civiltà greca da cui la nostra cultura occidentale proviene. Il lavoro della Minujín ha sempre affrontato temi complessi: dalla politica alla definizione di arte pubblica, al modo in cui l’arte dovrebbe essere percepita. La sua idea è quella di riprodurre un’arte sociale, votata al rispetto dei valori umani. Per lei l’arte dovrebbe essere accessibile per tutti, non dovrebbe essere una prerogativa esclusiva di chi può comprenderla o di chi può acquistarla; sostiene infatti “tutto il mio lavoro è per tutti; tutte le mie sculture sono progettate per l’esterno, non per le gallerie” … “non c’è bisogno di capire l’arte, bisogna solo vivere nell’arte, e io ci vivo dentro”.