Si avvicina la Fashion Week a Milano (dal 14 al 18 giugno, con le sfilate e le presentazioni delle collezioni primavera estate 2025 per l’uomo, ndr). Per l’occasione abbiamo intervistato Massimo Piombo, stilista, ma anche saggista e scrittore (tra le altre cose è anche collaboratore di Artuu), e dal 2017 anche Direttore Creativo di OVS. Ha pubblicato, tra l’altro, i libri Tagli di Piombo (con Barbara Alberti e Vittorio Sgarbi), la serie Dettagli di Piombo e vari libri fotografici, e VVV, Vestire Viaggiare Vivere (La Nave di Teseo). Ha realizzato film ispirazionali e mostre di fotografia.
Piombo, ha senso ancora, con questo evidente cambiamento climatico, parlare di stagioni ragionando di abbigliamento?
Io credo che la stagionalità faccia sempre parte del mondo dell’abbigliamento indipendentemente dalle stagioni. Simbolicamente ha più a che fare con il cambiamento che con il clima.
Lei ha sempre detto che vuole vestire tutti. Ma è un’utopia o è cosa fattibile per davvero? La moda è sempre stata segmentata tra alta e bassa, lusso e fast fashion. C’è una terza via?
Personalmente credo che sia comparsa tempo fa – e oggi più che mai presente – una fascia, soprattutto in Europa, che chiamerei una terza via al vestirsi. Una maniera molto contemporanea di concepire l’abbigliamento dove – tra tessuti, colori e abbinamenti interessanti – e a prezzi equi, si possa avere un proprio stile esulando dal fast fashion e con un nuovo approccio all’offerta. Per me questo è il futuro.
Lei si sente in concorrenza con qualcuno del suo settore? O invece la possiamo pensare come uno stilista isolato, che va per la sua strada e non trae ispirazione se non dalle sue esperienze? In poche parole dà mai un’occhiata a ciò che producono gli altri brand?
Certo, sono incuriosito e interessato a come il mondo della moda si sviluppa, cambia, evolve. Ma io da sempre seguo un mio pensiero che è la sommatoria di colori, forme e materiali fino a creare una precisa identità che non subisce alcuna influenza. Non si può cambiare fotografia al passaporto – o i dati anagrafici – e il passaporto Piombo è unico, nel bene o nel male rimane identitario.
Quando lei ha iniziato il suo percorso, il mondo del lavoro era decisamente un’altra cosa. Quanto ha inciso la pandemia – e tutto quello che ne è conseguito – sull’abbigliamento del “day work”?
Tutti i cambiamenti nella vita – indipendentemente da quelli portati dalla pandemia – hanno un senso. Forse oggi è arrivato il momento in cui si può, finalmente, frequentare il mondo del lavoro senza rispettare dogmi e stilemi che in passato ci rendevano un po’ tutti uguali. Anche la scelta di come vestirsi per andare a lavorare può essere utile per azionare il proprio intelletto.
Piombo, lei scrive, ma non di moda. I suoi pezzi – e i suoi libri – sono sempre uno sguardo sul mondo e sull’attualità. Da dove nasce questa passione legata alla scrittura? E perché non scrive mai qualcosa di legato strettamente alla sua attività?
A me piace scrivere in generale, mi piace anche scrivere di moda ma non solo di moda perché la moda è parte della vita ma non è la vita; viaggiare, cucinare, godere del piacere del palato, viaggiare, cibarsi di cultura, questa è la vita e dunque, in parte, scrivendo di ciò che vedo – e che mi attira – è comunque come se scrivessi anche di moda.
Lavorare per un colosso come OVS deve essere, per lei, allo stesso tempo, un piacere ma anche un radicale cambiamento rispetto alla sua vita lavorativa precedente in cui da solo portava avanti, nel mondo, le sue idee di stile. In due parole c’è differenza tra il Piombo di prima e il Piombo di adesso?
Ho sempre sognato di poter portare il progetto Piombo, il prodotto Piombo, a tutti. OVS mi ha offerto questa opportunità e così – con questa grande realtà – abbiamo non solo ampliato la notorietà del marchio Piombo ma offerto soluzioni per tutte le occasioni di una giornata di una persona, e dunque della vita. Il tutto ad un prezzo etico. Ripeto, questo è il futuro di questo mondo e lavorare per OVS mi ha offerto l’opportunità di coronare il mio sogno.
Nel suo lavoro influisce di più l’arte, il cinema o la letteratura?
Nel mio lavoro prima di tutto influisce l’estetica, in senso anche filosofico, poi – è chiaro – la fruizione culturale – che sia cinema o arte – aiuta ad esercitare il pensiero e ad essere contemporanei al nostro tempo. La letteratura invece, la lettura, sparge frasi e concetti che ho sempre trovato utili, nel corso del mio lavoro, come capisaldi della non omologazione.
E, visto che ci siamo, quanto i viaggi hanno orientato il suo stile? Il titolo del suo ultimo libro,“Vestire Viaggiare Vivere” (Nave di Teseo), sembra quasi un breviario, un manuale della sua vita. Ci dica qualcosa in questo senso.
Credo che in questo libro, pubblicato circa due anni orsono, io abbia cercato di raccontare – come fosse un bignami della mia vita – ciò che mi piace e amo: viaggiare, sicuramente. Vestire, sì, soprattutto gli altri – questo è un piacere particolare – ma alla fine è la vita che emerge, la mia come quella di altri. Sono molto interessato alle persone che vivono senza essere influenzate dagli altri o dalle mode, i social network, la televisione. Non amo i trend. Viva il pensiero indipendente, mi verrebbe da dire.
Dai suoi articoli appare evidente che la rinomata frase “Less is more” – pronunciata tempo fa dal grande architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe – sia alla base del suo mestiere di stilista. Ci dice qualcosa di più su questa sottrazione e come agisce sull’abbigliamento?
Io credo che il concetto “Less is more” sia trasversale a tutto. Non vado al ristorante per ordinare dieci pietanze. Non viaggio freneticamente vedendo poco di tutto; mi soffermo, respiro l’aria di un posto. Alla stessa maniera – mi viene da dire – vestire con una certa sintesi – e non troppo decorativamente – anziché impoverire, fa bene alla propria personalità.
Grazie. Buona fashion week a lei e a tutti i lettori di Artuu!
Gli articoli di Massimo Piombo per Artuu li trovate qua:
Con che colore mi vesto? Seguiamo l’esempio dei pittori
La mutazione genetica delle sfilate di moda
Metti una sera a cena con JR, parlando d’arte e ragionando sull’amore