Il titolo è già di per sé un groviglio concettuale, e psico-sociologico, di riferimenti diversi e apparentemente ossimorici: “Full Metal Karma“. Il riferimento, immediato, è da una parte alla pellicola di Kubrick del 1987 Full Metal Jacket, coacervo di aggressività, machismo e cultura della violenza, e dall’altra al karma, chiaro riferimento alla cultura buddista e alla ricerca di una pace interiore basata sulle linee invisibili e spirituali su cui conduciamo la nostra esistenza. Pastiche linguistico che sembra uscito dalla mente di uno sceneggiatore impazzito, e invece è l’ultima (ma solo in ordine di tempo) installazione del maxi-progetto, suddiviso in più tappe, di Max Papeschi “Extinction“, già avviato nei mesi precedenti con “Il crepuscolo dei nani” (di cui abbiamo lungamente parlato qua: Papeschi, il crepuscolo dei nani. Per raccontare il declino dell’Occidente). Curato da Stefania Morici e ospitato nel foyer del TAM Teatro Arcimboldi fino al 5 giugno, il capitolo “Full Metal Karma” è incentrato su un’unica scultura, che rappresenta una statua di marmo con il corpo di Buddha e la testa di Napoleone.
Ossimoro visivo, anch’esso, in cui la “volontà di potenza” napoleonica si ibrida con il massimo della spiritualità. E ancora: gioco di parole e calembour mentale e lessicale, grazie all’incontro tra due concetti storici che, se non sono antitetici, certo sono molto distanti l’uno dall’altro: l’illuminismo, dalle cui basi teoriche nascerà la Rivoluzione Francese, che nella sua deriva autocratica darà il via all’Impero Napoleonico, e l’illuminazione, stato tipico del Budda. Dietro la statua, poi, campeggia un mandala tibetano formato, però (ennesimo scontro e paradosso di rimandi e di significati) da spade e pistole di foggia sette-ottocentesca. Un mix di Guerra e Pace, dunque, ben rappresentato dall’ennesima trovata papeschiana, simboleggiata dal grande titolo che campeggia all’ingresso dell’installazione, che recita, testualmente: “Guerra è pace”.
A completare l’opera due video, uno realizzato da Giorgio Angelico e l’altro da Maurizio Temporin, che trascinano lo spettatore in un’atmosfera surreale, onirica e mistica, dove i significati e i rimandi visivi e concettuali si rincorrono tra loro in maniera concitata e sorprendente.
Per chi si fosse perso la prima parte, va detto che “Full Metal Karma” altro non è se non uno spin-off del più vasto progetto “Extinction“, in cui l’artista milanese, che da tempo ci ha abituati alle sue fantasmagoriche e immaginifiche rivisitazioni storico-sociali, ha immaginato l’estinzione della razza umana, l’arrivo di una razza aliena sul Pianeta Terra e il conseguente, bizzarro e a tratti esilarante tentativo, da parte degli alieni, di ricostruire la storia della razza umana sulla base delle poche vestigia rimaste dopo una (probabile) guerra nucleare globale, che della millenaria cultura umana ha lasciato dietro di sé solo vaghe e sparse tracce.
Ecco allora la ricostruzione, arbitraria ma in qualche modo anche simbolicamente reale e verosimile, di un “esercito di terracotta” di nani da giardino, che gli alieni immaginerebbero essere le divinità guerriere del mondo teste scomparso, nonché il tenmtativo di ricostruzione robotica degli stessi nani attraverso i megacomputer quantistici degli alieni. Ed ecco, ora, la ritrovata statua di una divinità umana, che, nella ricostruzione immaginaria degli archeologi (alieni) di un lontano futuro, altro non sarebbe, appunto, che un Napoleone-Budda, simbolo di un inesausto desiderio di pace interiore dell’ormai estinta razza umana, ricercato però, paradossalmente, non attraverso il dialogo e la cooperazione, ma attraverso uno stato di perenne guerra fratricida. A guardar bene, forse, nulla di poi così distopico, ma solo una lucidissima analisi del vero motore segreto dell’umanità di oggi e di ieri…