Lʼindirizzo del Ministro della Cultura Alessandro Giuli al Parlamento italiano offre una visione articolata per la cultura italiana nellʼera digitale, sottolineando lʼimportanza di abbracciare i progressi tecnologici senza trascurare i valori umani. Questo discorso, ricco di riferimenti storici e letterari, richiama concetti sviluppati dal filosofo dellʼinformazione Luciano Floridi. Sebbene Giuli non citi esplicitamente Floridi, unʼanalisi comparativa rivela una convergenza di idee che potrebbe arricchire significativamente la lettura del pensiero del Ministro.
L’uso di una terminologia tecnica, senza citazione delle fonti, ha creato una critica, quasi a sfottò, di chi ha preferito fermarsi alla forma. Certamente è sempre cosa fondamentale citare le fonti, soprattutto se i riferimenti sono espliciti, ha recuperato Barbara Carfagna in un post.
Ma al di là delle polemiche, di cosa si parla?
LʼInfosfera, ovvero un terreno concettuale condiviso
Giuli utilizza termini come la “quarta rivoluzione” e l‘”infosfera” che rispecchiano i concetti chiave del lavoro di Floridi, il quale definisce lʼinfosfera come un ambiente nuovo che ingloba tutti i processi informativi e le interazioni, inclusi quelli che coinvolgono esseri umani, tecnologie digitali e sistemi naturali. Questa definizione va oltre la semplice idea di cyberspazio, abbracciando una realtà interconnessa in cui i flussi informativi plasmano le esperienze e trasformano le identità.
Nel suo discorso, ed in particolare nel punto ove è stato maggiormente criticato per la forma linguistica, Giuli afferma la necessità di sviluppare “un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale”, suggerendo una consapevolezza di questa realtà in evoluzione. Per ontologia si intende ciò che realmente siamo, la nostra natura ed essenza di base, mentre per quarta rivoluzione si intende l’evoluzione rapida e la pervasività delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) che hanno portato a un cambiamento fondamentale nel nostro rapporto con l’informazione e a una ridefinizione del nostro posto nell’universo. Questa rivoluzione, afferma Floridi, è significativa quanto le rivoluzioni copernicana, darwiniana e freudiana. Ciò conduce ad un cambiamento fondamentale nella nostra comprensione di noi stessi come “organismi informativi” (inforgs) interconnessi allʼinterno dellʼinfosfera.
Personalmente penso che le ontologie non si sviluppino e non si cambino, piuttosto si riconoscono. La frase di Giuli “questo cambiamento [..] della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale“, come gli allarmi che arrivano dai grandi filosofi contemporanei, compreso l’appello all’algoretica (https://www.artuu.it/la-tragica-storia-del-dottor-faust-e-lalgoretica/) denotano un grido di dolore per la paura di perdere terreno. Le ontologie non perdono terreno, ma piuttosto lasciano, a chi di dovere, un terreno che non hanno mai avuto.
Valori convergenti in un paesaggio in mutamento
Sia Giuli che Floridi enfatizzano lʼimportanza dei valori umani e delle considerazioni etiche in questo panorama in evoluzione. Giuli promuove un “umanesimo integrale” che pone la “dignità e la centralità dellʼuomo” nel fulcro del processo trasformativo, ispirandosi a figure come Adriano Olivetti, che vedeva la cultura come una “ricerca disinteressata della verità e della bellezza”. Questo approccio si allinea con lʼappello di Floridi per una filosofia dellʼinformazione capace di guidare le nostre azioni etiche e il processo decisionale allʼinterno dellʼinfosfera.
Il lavoro di Floridi approfondisce le complessità etiche legate alla privacy, allʼintelligenza artificiale e allʼambientalismo digitale, offrendo un quadro robusto per affrontare le sfide dellʼera digitale. Sebbene Giuli non si impegni direttamente con questi aspetti specifici della filosofia di Floridi, il suo richiamo alla gestione responsabile del patrimonio culturale e alla promozione della coesione sociale suggerisce una preoccupazione condivisa per le implicazioni etiche dei progressi tecnologici.
Pensiamo che il concetto di “livelli di astrazione” (Levels of Abstraction, LoA) di Floridi potrebbe offrire preziose intuizioni su come gli esseri umani e i sistemi di intelligenza artificiale interagiscono allʼinterno dellʼinfosfera. La sua analisi della “logica dell’essere informati” infatti potrebbe chiarire le sfide nel discernere la verità e nel navigare la disinformazione nellʼera digitale, una preoccupazione che Giuli esprime chiaramente.
Riguardo a queste tematiche in precedenti articoli abbiamo più volte citato Luciano Floridi, come abbiamo citato un altro intellettuale che offre spunti critici su questi argomenti, ovvero Yuval Noah Harari (https://www.artuu.it/la-fine-della-storia-e stata-rimandata-e-gli-algoritmi-si-prendono-gioco-di-noi/)-
Harari e Floridi: due prospettive sull’evoluzione digitale
Harari si concentra sull’evoluzione storica dell’elaborazione dei dati, vedendo l’era digitale come un’estensione di questo processo, con gli individui che fungono da “chip” in un sistema di elaborazione dati. Egli considera la scrittura e il denaro come prime innovazioni che hanno permesso agli esseri umani di superare le limitazioni del cervello umano nell’elaborazione dei dati. Floridi, al contrario, enfatizza il cambiamento ontologico portato dalle tecnologie digitali, sostenendo che esse stanno creando un nuovo ambiente, l’infosfera, sottolineando l’impatto profondo delle ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) sull’identità umana, argomentando che stiamo diventando inforgs – organismi informativi profondamente intrecciati con il mondo digitale.
Harari si focalizza sugli aspetti quantitativi dell’informazione, come l’aumento del numero e della varietà dei processori, mentre Floridi pone l’accento sulla trasformazione qualitativa della realtà e dell’esperienza. Egli vede l’era digitale come una transizione dalla “storia” alla “iperstoria”, dove l’elaborazione delle informazioni diventa centrale nell’esistenza umana.
L’articolo 9 e le inevitabili contraddizioni filosofiche
La relazione tra cultura e le sfide della tecnologia richiedono una definizione di cosa sia la cultura. Personalmente penso che la tecnologia e la cultura siano su piani totalmente diversi. Ritengo che la prima sia fondante l’uomo (la cultura è la coscienza dell’uomo e quindi è l’uomo), la tecnologia è un prodotto dell’uomo e ne sta minacciando il primato ontologico, come stiamo da mesi raccontando su questa rubrica.
L’articolo 9 tuttavia oggi è sotto attacco: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela lʼambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nellʼinteresse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali. E’ vero che la tecnologia vada promossa? Certo, come può non essere così, eppure oggi stiamo pensando di limitarla. Avviene lo stesso per l’articolo 11, che da una parte sancisce “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione”, per poi rettificare “restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie[..]alla protezione della salute o della morale”.
Una gran confusione filosofica, non c’è che dire.
Testi di riferimento:
Pensare l’infosfera (Luciano Floridi)
The Philosophy of Information (Luciano Floridi)
La quarta rivoluzione. Come lʼinfosfera sta trasformando il mondo (Luciano Floridi) Homo Deus A Brief History of Tomorrow (Yuval Noah Harari)
21 Lessons For The 21st Century (Yuval Noah Harari)