Damien Hirst ha realizzato un finto documentario che racconta la finta genesi della doppia esibizione che ha realizzato all’ultima Biennale di Venezia “Treasure From The Wreck Of The Unbelievable” .
Treasure From The Wreck Of The Unbelievable , la mostra di Hirst che ha provocato valanghe di tweet e post arrabbiati su tutti i social e in ogni angolo del mondo, è oggi disponibile su Netflix.
Il film, finanziato da Damien Hirst in persona, e realizzato in collaborazione con un fittizio gruppo di ricerca della Università di Aberdeen, vuole essere il racconto del processo di scoperta, creazione e genesi della mostra allestita negli spazi di Palazzo Grassi e Punta della Dogana nella scorsa edizione della Biennale di Venezia.
Secondo il documentario (che d’ora in poi a ragione chiameremo mockumentary) la mostra in questione non è nata dalla volontà di Damien Hirst di tornare sulla scena col botto , dopo anni di assenza e grazie al sostanzioso aiuto ( 65 mln di dollari ) del collezionista Francois Pinault, bensì è il risultato del ritrovamento di un tesoro sottomarino compiuto da un team di archeologi a largo delle coste dell’Africa Orientale. Il tesoro (così racconta il mockumentary) andò perduto in un naufragio tra il I e il II secolo dopo Cristo ed apparteneva ad un ex schiavo poi arricchito, Cif Amotan II ( anagramma di I Am A Fiction ).
Il Film segue le ricerche del team di studiosi impegnato nel recupero del tesoro, e del benefattore che si è reso disponibile a finanziare l’intervento: Damien Hirst.
I toni della narrazione sono seri e sostenuti, in molte parti ricordano un documentario BBC o National Geographic. Tuttavia sono molti gli indizi che ci fanno pensare ad una “presa in giro”, a partire dal capo della spedizione, un finto professore di Studi Marini dell’Università di Aberdeen, che si riferisce al finanziatore della spedizione come al “tizio dello squalo in formaldeide“. Ma non solo, tra gli oggetti recuperati nell’operazione e appartenenti alla collezione di Amotan, una statua di Mickey Mouse, una Nefertiti con i tattoo di Rihanna, un mezzo busto di un faraone che ricorda molto Pharrel Williams e un autoritratto di Hirst stesso. Secondo la produzione, il film presenta un mix di esperti e attori, ma la maggior parte dei personaggi (tolto l’artista) sembrano di fantasia.
“Io credo nell’arte, negli oggetti e nei collezionisti. Credo in Amotan , nei naufragi e nei tesori. Penso che tutti crediamo in quello in cui vogliamo credere.” Così e fore involontariamente l’artista ci spiega il significato del film e della sua esibizone.
Il film è stato diretto da Sam Hobkinson, prodotto da Hirst in collaborazione con Oxford Films e distribuito da Park Circus. Al completamento del mockumentary , l’artista ha deciso che “Netflix era la piattaforma giusta” per condividerlo con il mondo.