Un’altra condanna per l’artista e attivista russo Piotr Pavlensky. L’artista è celebre per le performance estreme e radicali: tra l’altro, per essersi cucito la bocca davanti alla cattedrale di Kazan a San Pietroburgo nel 2012 per protestare contro la condanna delle Pussy Riot, inchiodato lo scroto sulla Piazza Rossa nel 2013 come “metafora dell’apatia, dell’indifferenza politica e del fatalismo della società russa moderna”, quindi, nel 2014, per essersi tagliato un orecchio sul muro dell’ospedale psichiatrico in cui era stato rinchiuso, e ancora per avere bruciato prima la porta dei servizi segreti russi a San Pietroburgo e poi, trasferitosi in Francia, nel 2017, quella della Banca di Francia. Oggi, Pavlensky, da due anni ancora al centro della bufera per il suo nuovo progetto “Pornopolitics”, è stato condannato in Francia, assieme alla sua giovane compagna, Alexandra de Taddeo, studentessa d’arte e attivista come lui, a 6 mesi di reclusione da scontare con braccialetto elettronico per “violazione della privacy”.
Ma vediamo i fatti. Il 14 febbraio del 2020, l’allora candidato sindaco a Parigi, Benjamin Griveaux, fino all’anno prima portavoce del governo francese e “braccio destro” del presidente Emmanuel Macron, abbandona improvvisamente la campagna elettorale, denunciando gli “spregevoli attacchi che mettono in discussione la mia vita privata”. Meno di 48 ore prima, infatti, sul sito “Pornopolitics” gestito proprio da Pavlensky, erano stati pubblicati dei video hard. Questi video rappresentavano, in maniera facilmente riconoscibile, nientemeno che il candidato sindaco (che all’epoca aveva basato buona parte della sua campagna sulla difesa della famiglia e sulla sua immagine di specchiato marito e padre di famiglia), mentre era intento a masturbarsi. La politica francese ne risultò scossa, Griveaux costretto a rinunciare alla corsa per la carica di primo cittadino.
Ma chi aveva fatto uscire quei video? Si parlò subito di complotto e di retroscena politici, ma la verità venne subito a galla, ed era assai più semplice: i video erano infatti stati inviati dallo stesso ministro ad Alexandra de Taddeo, una giovane ragazza fancese di origine italiana, studentessa d’arte, che aveva avuto una brevissima relazione sessuale con l’ex candidato sindaco tra maggio e agosto 2018. L’aveva attirato in una trappola? Niente affatto. Anzi: era stato proprio l’allora candidato e membro del governo a contattarla. “È stato Griveaux a contattarmi per primo su Facebook”, racconterà in seguito la studentessa in un’intervista. “Era il 2018 e mi trovavo nell’Artico quando ho ricevuto una richiesta su Facebook: era il portavoce del governo. Ha iniziato a scrivermi e fin da subito la conversazione è diventata un po’ surreale. In un primo momento credevo fosse il suo social manager a utilizzare il profilo del suo capo per contattare le ragazze, perché diceva cose veramente allucinanti: per esempio si vantava della sua esperienza in fatto di cunnilingua, e diciamo che non è proprio la prima cosa che ti aspetti di sentire da un membro del governo. E invece no, era proprio lui!”.
“Il giorno stesso del mio rientro dall’Artico”, racconterà ancora la De Taddeo, “mi ha inviato una foto di Parigi e mi ha chiesto se volevo andare da lui perché era da solo e sua moglie era in vacanza, ma io volevo soltanto tornare a casa a riposarmi, così ho declinato. Poi ci siamo incontrati, ma solo una volta. Ci siamo tenuti un po’ in contatto, lui mi ha chiesto di rivederci altre due tre volte, ma ho sempre trovato delle scuse. La situazione è diventata ingestibile quando ha iniziato a mandarmi i video porno di lui che si masturbava. Me ne ha inviati anche alcuni dal ministero, che non sono mai usciti: in uno si riconosce chiaramente il suo ufficio”.
Ecco dunque come inizia l’affaire: un membro del governo che, in maniera a dir poco irresponsabile (come ha sottolineato il quotidiano “Le Figaro”), contatta e manda video porno a una ragazza appena conosciuta in rete. Conditi anche da frasi non solo assolutamente esplicite, ma molto illuminanti sulla sua concezione della famiglia: “Hai già una famiglia tua o non sei ancora prigioniera dei tuoi figli/di tuo marito?”. Parole poco edificanti per un politico che, come dicevamo, in pubblico ostentava il rispetto della famiglia come caposaldo della sua visione politica.
Peccato che, qualche mese prima, quella ragazza aveva conosciuto anche un artista, Piotr Pavlensky, che, guarda caso, proprio pochi mesi dopo avrebbe cominciato a occuparsi di un progetto intitolato “Pornopolitics”. “Con Pornopolitics”, racconterà Pavlensky in un’intervista, “sono stato in grado di realizzare un evento d’arte politica, non nello spazio pubblico materiale ma in quello digitale – su Internet, per la prima volta. Quando dico “realizzare”, intendo “attuare”, non “rappresentare” qualcosa fatto nello spazio pubblico materiale e poi postato su quello digitale. L’ho realizzato nel mondo digitale, uno spazio senza fuoco, senza metallo, un luogo dove non esiste nulla, materialmente parlando. È quello che ho fatto con la bocca cucita, con lo scroto inchiodato e con tutto il resto. Non ho inventato: ho solo modificato i contesti. È stato lo stesso con “Pornopolitics”. Ho portato la pornografia dal contesto del mercato dell’intrattenimento all’ambito della politica. Questo può essere chiamato ‘ricontestualizzazione’”. Il suo modo di “ricontestualizzare” il porno dal mercato amatoriale al contesto della politica ha avuto proprio il “la” con la conoscenza di Alexandra De Taddeo.
Era il 2017, e la De Taddeo, all’epoca, dopo aver scritto una tesi di giurisprudenza presso l’Università Panthéon-Assas (Paris II) sulla politica estera della Russia nel mondo artico, stava collaborando con una radio universitaria, in cui dava spazio ad artisti contemporanei. “Un giorno”, ha raccontato ancora la ragazza, “ero all’università e a un tipo della mia classe piacevano le cose strane, come quello che faceva Piotr. All’epoca, in realtà, non mi entusiasmavano le sue performance: credevo fosse un po’ come le Pussy Riot, uno che per piacere all’occidente picchiava contro Putin”. Un giorno, però, le cade l’occhio sull’annuncio di una conferenza, che si sarebbe tenuta di lì a poco a Parigi, nel 1 arrondissement, a pochi passi dall’Opéra, organizzato da una giovane e intraprendente Art Advisor, Ambra Giombini, esperta di arte dell’Europa dell’Est e in particolare russa. Autore della conferenza, un artista russo esiliato in Francia, Piotr Pavlenski, appunto.
La conferenza era prevista per il 9 maggio alle 18.30, e l’autore era presentato come “uno dei più noti artisti russi attuali, che ha aperto la frontiera dell’arte russa verso una nuova dimensione abbandonando tele e pennelli per mostrare attraverso il proprio corpo l’assurdità del regime politico russo e la sua propaganda”.
Ascoltando la sua conferenza, però, la De Taddeo si accorge “che il discorso di Piotr era totalmente diverso da quello che si sentiva nei media. Lo descrivevano come l’oppositore numero uno di Putin, ma in realtà se ne fregava completamente di lui: la sua opposizione era verso la strumentalizzazione dell’arte da parte dello stato. Così gli ho chiesto l’intervista. All’inizio mi ha detto sì, poi però è finito in prigione per aver incendiato una filiale della Banca di Francia. Un anno dopo, è uscito dal carcere, ho rilanciato il progetto e ci siamo visti. A me lui piaceva, ma lui era fidanzato. Un giorno mi ha inviato un messaggio dicendomi che era stato cacciato di casa. E da lì è iniziato tutto”, racconta Alexandra De Taddeo.
Come accade, però, che, qualche mese dopo, quando il candidato sindaco contatta la De Taddeo e le comincia a mandare messaggi espliciti e persino due video in cui si masturba, questi video finiscano in rete? Secondo la De Taddeo, l’iniziativa è stata di Pavlensky, che gli ha sottratto i video del tutto a sua insaputa. “È stata una sua iniziativa”, ha detto ancora la ragazza, confermandolo anche in Tribunale. “Me li ha presi. È sempre molto riservato in merito alle sue idee. Ne parla in maniera astratta. Quando ha pubblicato i video, ero titubante e gli ho chiesto quantomeno di sfocare l’immagine. Ma lui, naturalmente, non mi ha ascoltato. Detto questo, un artista non si censura mai e io lo sostengo pienamente. È stata una performance che rimarrà nella storia dell’arte politica”.
Pubblicati sul sito “Pornopolitics”, i contenuti hanno immediatamente fatto il giro della rete e in poco tempo sono diventati virali. Risultato: il sito chiuso dall’autorità giudiziaria, e Pavensky e la De Taddeo vengono fermati e incriminati per “violazione della riservatezza della vita privata” e “diffusione senza il consenso della persona di immagini a carattere sessuale”. Oggi, dopo un processo a tratti surreale, che ha visto Pavlensky dapprima cercare di spiegare criticamente il proprio lavoro, definendo questa azione il suo “ottavo evento artistico soggetto-oggetto”, e invocando la “libertà artistica”; poi, zittito dal giudice, ha deciso di cucirsi (metaforicamente questa volta) la bocca, lasciando la sua difesa ad altri: storici e critici d’arte, che hanno contestualizzato l’opera e ne hanno spiegato criticamente il percorso, ma anche tre attori, che hanno recitato versi del Tartufo, un’opera satirica di Molière che parla di moralità e ipocrisia, con evidente riferimento all’ipocrisia di Griveaux, che, secondo l’artista, “usava la sua famiglia presentandosi come un’icona per tutti i padri e i mariti di Parigi”, per poi comportarsi in maniera diametralmente opposto nella sua vita privata.
E oggi che è stato condannato? Si sarà pentito? Niente affatto: “La mia opera Pornopolitics è ormai finita, perché la condanna del giudice rappresenta sempre il punto finale delle mie opere”, ha dichiarato. “È così ogni volta”. E a chi gli chiedeva se aveva dei ripianti, rispondeva: “Rimpianti? Ovviamente no. Questo è stato il mio grande successo”.