La galleria Glauco Cavaciuti presenta fino all’11 marzo 2023 “Shoppers”, il primo solo show dell’artista Pietro Terzini, dove la parola assume nuovi significati nell’era della rivoluzione social.
Lo scorso dicembre, mentre a Milano era tutto un impazzare e un impazzire per gli acquisti da mettere sotto l’albero, chi passeggiava per le vie del centro poteva leggere sulla facciata della Torre Velasca, appena ristrutturata, un enorme domanda “What do you really want? Cosa vuoi veramente?”.
Il corto circuito tra l’incombente domanda, a tratti inquietante, e la routine dello shopping natalizio era evidente e in molti fotografarono la scritta e la postarono sui social scatenando una serie di condivisioni. Sempre in quei giorni in Via della Spiga, la via con i marchi più costosi di Milano, c’era la scritta “the best things are not things”.
Entrambe le installazioni erano firmate dal giovanissimo Pietro Terzini, un invito a riflettere sui valori autentici del Natale giocando con il famosissimo “basta il pensiero”.
Qualche tempo fa, sempre in centro a Milano mentre Hermès ristrutturava il suo monomarca in via Montenapoleone, Pietro Terzini aveva fotografato il cantiere delle vetrine coperte e dopo aver aggiunto a mano la frase “Love didn’t meet her t her best/it met her in Her mèss”, la pubblicò sul suo profilo social. Anche in questo caso molti ripostarono la foto facendone un meme virale e molti pensarono che fosse reale mentre quel gioco di parole viveva solo online. Un altro corto circuito creativo di Pietro Terzini era andato a segno.
LA MOSTRA DI PIETRO TERZINI ALLA GALLERIA GLAUCO CAVACIUTI
Il gallerista Glauco Cavaciuti, che da oltre 15 anni si è prefissato di rendere l’arte contemporanea più vicina alla nostra quotidianità, ha intuito che Pietro Terzini fosse pronto per una personale in una galleria d’arte e così ha deciso di portare il giovane creativo – come si è definito lui stesso – e le sue creazioni fino all’11 Marzo nel suo spazio in Via Vincenzo Monti.
La mostra si chiama SHOPPERS e le 52 opere esposte nascono tutte dal riuso creativo dei sacchetti e delle scatole che i brand di moda danno ai clienti quando acquistano vestiti, borse e scarpe. Pietro Terzini, che sembra conoscere molto bene il mondo della comunicazione del fashion system , ha giocato con il ‘packaging’ dei brand del lusso, con i loro colori identificativi, con il loro storytelling e con le loro strategie esperienziali e sensoriali. Ha trasformato gli scarti della moda in ready-made. “The Best things are not Things” è scritto in bianco su un fondo nero firmato Chanel, “Everything you need don’t cost a thing” svela una scritta su un sacchetto Louis Vuitton. “Didn’t do it” è scritto su una sfilza di baffi bianchi su sfondo rosso Nike, facendo il verso al famoso Just do it. Tra le più virali c’è lo statement “I Hate Social Media” che si legge sullo sfondo di una shopper verde di Bottega Veneta, anche se il profilo Instagram di Pietro Terzini ha più di 200.000 followers. E siccome continua a lavorare con moltissimi brand di moda, tra i più iconici e più importanti del panorama del made in Italy e non solo, dov’è il corto circuito? verrebbe da chiedersi.
CHI È PIETRO TERZINI
Pietro Terzini ha studiato Architettura al Politecnico, ha fatto l’Erasmus in Turchia nei giorni delle rivolte di Piazza Taksim e ha avuto responsabilità in grandi aziende del settore digital, ha continuaro a giocare e a sovvertire i pay off e gli slogan dei brand, in un grande gioco dove spesso sono gli stessi brand che lo invitano a divertirsi, ispirando così un atteggiamento.
ESTETICA DI COMUNICAZIONE SENZA FILTRI
La sua non è una critica al sistema capitalistico e consumistico e al mondo della moda in particolare. La sua pratica sembra più ispirata a voler desacralizzare, a volere togliere l’aura a questi brand, che spesso ci appaiono così perfetti nella loro estetica comunicativa. Tutti i suoi interventi sembrano che vogliano stabilire un contatto comunicativo immediato, meno filtrato. L’invito di Terzini, togliendo la patina ai brand come ha fatto lui, è quello di demitizzare il sistema della moda e ci spinge a interrogarci sull’impatto di questa industria e dei suoi brand ormai diventati “generatori di universi valoriali, culturali e aspirazionali”, quasi delle religioni. C’è un’altra cosa che colpisce di questi ready-made ed è molto evidente in due opere dove sono presenti dei bellissimi fiori dipinti, una delicatissima natura morta, “brandizzata” GUCCI. Su quello che era un sacchetto, oggi c’è un messaggio scritto da Pietro Terzini che arriva dritto, senza fronzoli e senza patina: “NO RAIN NO FLOWER”. Più che un corto circuito, in questi giorni di siccità, questa scritta sembra una profezia o comunque qualcosa che nella sua rassicurante dolcezza, disturba e non conforta. Come spesso dovrebbe fare l’arte.