Premio Arnaldo Pomodoro: la scultura come laboratorio di visioni contemporanee

Nel panorama dell’arte contemporanea, la scultura continua a essere un campo di sperimentazione privilegiato, capace di riflettere sulle trasformazioni della materia e dello spazio. Il Premio Arnaldo Pomodoro per la Scultura, istituito nel 2006 e giunto alla sua ottava edizione, riafferma il proprio ruolo di osservatorio critico sulla ricerca plastica, aprendosi a linguaggi e geografie sempre più ampie. La recente partnership tra la Fondazione Arnaldo Pomodoro e la Fondazione ICA Milano conferma la volontà di estendere il respiro internazionale del Premio, consolidandolo come un laboratorio di confronto tra artisti emergenti e curatori di primo piano.

La scultura, sin dalle avanguardie del Novecento, si è progressivamente svincolata dall’idea di blocco monolitico e immobile, aprendosi alla scomposizione del volume e all’interazione con lo spazio e il tempo. Se l’eredità di Arnaldo Pomodoro è legata alla capacità di indagare il rapporto tra forma e vuoto, tra superfici lisce e fenditure che rivelano una tensione interna, il premio a lui dedicato intende ampliare ulteriormente il campo di ricerca. La selezione dei finalisti per l’edizione 2026 riflette questa visione allargata della scultura, includendo artisti provenienti da contesti eterogenei: Bronwyn Katz (Sudafrica), Dan Lie, Công Tùng Trương (Vietnam), Luana Vitra (Brasile) e Ji Yu (Cina).

A partire dagli anni Sessanta, figure come Eva Hesse, Richard Serra, Giuseppe Penone hanno ridefinito il concetto stesso di scultura, contaminandola con la processualità, la precarietà e la relazione con il corpo. In questo senso, il Premio Arnaldo Pomodoro si inserisce in una tradizione che considera la scultura non più come un’entità chiusa e autoreferenziale, ma come un dispositivo di indagine sul reale, aperto all’ibridazione con altre discipline. Il coinvolgimento di curatori di istituzioni di prestigio, tra cui il Tate Modern, il Kunstinstituut Melly, il Wexner Center for the Arts e il Sculpture Center di New York, testimonia la volontà di creare un network internazionale che metta in relazione esperienze artistiche lontane, ma accomunate da una riflessione sulla tridimensionalità come linguaggio critico.

Uno degli aspetti più significativi di questa edizione è l’incremento del premio in denaro, passato da 10.000 a 30.000 euro grazie al contributo di Venini SpA. Questa collaborazione introduce un ulteriore elemento di connessione tra tradizione artigianale e sperimentazione artistica, un binomio che caratterizza il percorso di Venini da oltre un secolo. Come sottolineato da Silvia Damiani, vicepresidente del Gruppo Damiani e presidente di Venini, il sostegno alle nuove generazioni di artisti rappresenta un valore essenziale per garantire un dialogo tra arti e mestieri, tra tecniche storiche e innovazione.

La mostra collettiva dei finalisti, che sarà allestita nella primavera del 2026 negli spazi di Fondazione ICA Milano, rappresenta il momento culminante del percorso del Premio. Ogni artista selezionato sarà chiamato a presentare un’opera inedita, sviluppata appositamente per il contesto espositivo, in modo da offrire una panoramica sulle molteplici declinazioni della scultura contemporanea. Questo processo di confronto, che Arnaldo Pomodoro definiva una vera e propria “officina della creazione”, si avvicina all’idea di cantiere aperto, in cui le opere non sono solo il risultato di un percorso individuale, ma anche il prodotto di un dialogo collettivo.

Il ruolo della Fondazione ICA Milano all’interno di questa nuova partnership è particolarmente significativo, poiché conferma la vocazione dell’istituzione a promuovere pratiche artistiche sperimentali e a sostenere l’interdisciplinarità. Negli ultimi anni, il panorama scultoreo internazionale ha visto emergere sempre più artisti che lavorano sulla relazione tra oggetto, spazio e performatività, come dimostrano le ricerche di Danh Võ, Nairy Baghramian, Marguerite Humeau e molti altri. Questa tendenza si riflette nella rosa dei finalisti, le cui pratiche spaziano dall’installazione ambientale alla scultura processuale, dall’interazione con materiali tradizionali alla decostruzione della forma.

La dimensione internazionale del Premio non è solo un dato geografico, ma una scelta curatoriale precisa: quella di superare i confini delle categorie tradizionali della scultura e di esplorare nuovi paradigmi. L’attenzione alle relazioni tra passato, presente e futuro, dichiarata nelle linee guida del Premio, apre la strada a una riflessione che tocca non solo l’estetica, ma anche le implicazioni politiche, sociali ed ecologiche della pratica scultorea. In un’epoca in cui il dibattito sull’arte pubblica, sulla sostenibilità e sul ruolo dell’artista nella società è più acceso che mai, il Premio si pone come una piattaforma per interrogare il significato della scultura nel XXI secolo.

L’approccio curatoriale di Federico Giani e Chiara Nuzzi, che guideranno la mostra collettiva, lascia intravedere una volontà di superare la staticità della scultura tradizionale, proponendo una lettura dinamica e relazionale delle opere. Il fatto che la Giuria includa personalità provenienti da istituzioni museali e centri di ricerca in diversi continenti sottolinea l’urgenza di una riflessione che sia globale e che possa accogliere prospettive differenti. La scultura, nella sua capacità di occupare lo spazio e di attivare nuove percezioni, diventa così un territorio di confronto tra linguaggi e culture, un luogo in cui il passato si ridefinisce attraverso le esperienze del presente.

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