Ci avevamo visto giusto: se è vero che l’abito (a volte) non fa il monaco, non vi è alcun dubbio che la copertina, oggi come oggi, più che mai faccia il libro. E ora ne abbiamo, se non proprio una prova, un ottimo indizio. Un paio di settimane fa, infatti, avevamo pubblicato un pezzo, intitolato Premio Strega, i 12 finalisti giudicati dalle copertine, che rappresentava un primo esempio di critica ragionata e consapevole di un libro (con tanto di voto finale, come a scuola) basandosi unicamente sulla sua copertina: pratica che contraddice il luogo comune che vorrebbe appunto che non si possa giudicare un libro dalla copertina – retaggio, del tutto fuori tempo massimo, di un’epoca remota, che non aveva ancora vissuto l’esperienza dell’apparenza totale e della centralità assoluta dell’immagine sul testo (e sul contesto).
Un paio di giorni fa, la giuria del Premio Strega (formata da Gli Amici della Domenica, un gruppo storico composto da intellettuali, scrittori ed editori, gli elettori esterni selezionati da istituzioni culturali italiane e straniere, scuole di scrittura e gruppi di lettura, e i lettori forti, scelti da librerie indipendenti, ndr) ha proclamato la sestina dei concorrenti che si contenderanno il primo premio, che verrà assegnato il 4 luglio a Roma, al Ninfeo di Villa Giulia; sestina e non, come avviene di solito, cinquina, in quanto ai cinque finalisti se n’è aggiunto un sesto, secondo il regolamento, che prevede che, qualora in cinquina non risulti un autore di una casa editrice medio-piccola, i cinque finalisti diventino appunto sei.
Ora, se prendiamo i libri promossi nella sestina dei finalisti, e li mettiamo a confronto con le “pagelle” che, nella nostra critica alle copertine, abbiamo assegnato ai 12 titoli finalisti, scopriamo una cosa curiosa: che i titoli arrivati in sestina corrispondono proprio a quelle che noi avevano segnalato come le 6 migliori copertine. Un caso? Difficile dirlo. Sta di fatto che, a copertina più convincente, è corrisposto un voto più alto anche da parte dei giurati dello Strega. Che per giudicarli si siano anche loro, come il ministro Sangiuliano (Geppi Cucciari docet) fermati alla copertina? Non è dato saperlo. Certo, se è una coincidenza, è una coincidenza quantomeno curiosa.
I numeri: più voti dai giurati, più alto il nostro voto assegnato alla copertina
Guardiamo i numeri: i libri della sestina (quelli di Donatella Di Pietrantonio, Dario Voltolini, Chiara Valerio, Paolo Di Paolo, Raffaella Romagnolo e Tommaso Giartosio) avevano totalizzato, nei nostri voti, una media dell’8,1.
Quelli esclusi, invece (Adrián N. Bravi, Antonella Lattanzi, Valentina Mira, Melissa Panarello, Daniele Rielli), hanno raggiunto complessivamente una media del 6,2. Andando ancora più nello specifico, possiamo notare come a un maggior numero di voti da parte dei giurati corrispondeva, tendenzialmente, anche un voto più alto nella nostra competizione per la miglior copertina.
In particolare: Donatella Di Pietrantonio, con L’età fragile (Einaudi), ha raccolto 248 voti? Noi le avevamo assegnato un bell’8. Il secondo classificato, Dario Voltolini, con Invernale (La nave di Teseo), quasi testa a testa con la Di Pietrantonio con i suoi 243 voti, da noi aveva raggiunto addirittura il 9. Terza, Chiara Valerio con Chi dice e chi tace (Sellerio), con i suoi 213 voti, da noi si era assestata sul 7 e ½, stesso voto ottenuto dal quarto classificato, Paolo Di Paolo con Romanzo senza umani (Feltrinelli) e i suoi 195 voti. Al quinto posto ecco posizionarsi Raffaella Romagnolo con Aggiustare l’universo (Mondadori) con i suoi 193 voti, che da noi aveva ottenuto la bellezza di un 8 e ½, stesso voto meritato dall’ultimo classificato – entrato in sestina per il rotto della scuffia, grazie alla clausola “salva-piccoli editori –, Tommaso Giartosio con Autobiogrammatica (Minimum Fax) e i suoi 126 voti. Insomma, non c’è che dire: una bella corrispondenza, se non proprio millimetrica certo molto puntuale, tra voti dei giurati e voti assegnati da noi alla copertina.
Gli esclusi: le copertine meno azzeccate
E i voti ottenuti invece dalle copertine degli esclusi? Eccoli: Sonia Aggio, con Nella stanza dell’imperatore (Fazi editore), da noi si era assestata a uno striminzito 6 meno meno per la sua cover realizzata da Richard Brown, di per sé non certo brutta ma, come scrivevamo nella nostra critica, troppo fuorviante: perfetta per un saggio sui costumi della nobiltà di corte nel periodo bizantino, lo è decisamente meno per un romanzo storico. Quella di Adelaida di Adrián N. Bravi (Nutrimenti), troppo statica, ossessiva e quasi ipnotica nella sua semplicità cronachistica, da noi si era assestata su una stiracchiata sufficienza: 6 e ½. Era andata meglio a Melissa Panarello, con Storia dei miei soldi (Bompiani), a cui avevamo assegnato un discreto 7.
Quella di Valentina Mira invece, con Dalla stessa parte mi troverai (SEM), disegnata da un bravo illustratore, Marco Ventura, ma, anche in questo caso, poco convincente perché incongruente con quello che la quarta di copertina ci fa capire del contenuto del romanzo, si era beccata nientemeno che un 5 e ½, mentre Antonella Lattanzi, con le Cose che non si raccontano (Einaudi), otteneva da noi il voto più alto del gruppo, un passabile 7 e ½.
Si tornava di nuovo giù, invece, con Daniele Rielli e il suo Il fuoco invisibile – Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli), col suo albero di olivo preso da un banale stock di immagini che si acquistano sul web, decisamente scontata e didascalica, a cui avevamo affibbiato un mesto 6 meno meno. Risultato? Come dicevamo, gli esclusi si erano assestati a una tristissima media del 6,2.
Chi ha vinto, dunque?
Non sappiamo ancora chi vincerà effettivamente lo Strega, il 4 luglio (anche se già molti rumors danno in pole position Donatella Di Pietrantonio con il suo L’età fragile, già vincitrice fresca fresca del Premio Strega Giovani, alla cui copertina, noi avevamo assegnato un bell’8 tondo tondo); certo è che, al momento, lo stanno vincendo le copertine migliori. Come mai? Perché, appunto, anche la copertina ha un ruolo, che i giurati ne siano o meno consapevoli, nella bilancia che porta a privilegiare un libro invece che un altro.
Chi ha vinto, dunque? Per ora, stanno vincendo, senza ombra di dubbio, le copertine migliori. E sapete quali sono? Quelle che hanno brillato per creatività, o che hanno utilizzato gli artisti più convincenti per illustrare il romanzo.
Qui di seguito, abbiamo per questo motivo deciso di presentarvi i 6 finalisti, in ordine decrescente secondo i voti ottenuti dai giurati del Premio: questa volta, però, non partendo dall’autore del libro, ma dall’autore della copertina. Ecco allora gli artisti delle cover dei 6 finalisti, e la spiegazione del perché sono loro i favoriti.
1. Diana Lyovkina (con Donatella Di Pietrantonio, L’età fragile, Einaudi)
Copertina esemplare per il libro che non solo oggi appare come uno dei favoriti dello Strega, ma che ha già conquistato il Premio Strega Giovani, in perfetta coerenza con una cover dai tratti fortemente adolescenziali, venata da un’inquietudine e da una malinconia sottili, perfette per trasmettere il senso di fragilità tipica del passaggio tra adolescenza e maturità. Autrice, l’architetta ucraina Diana Lyovkina, fotografa di immagini evanescenti, rarefatte, sospese in un altrove senza tempo.
Protagoniste dei suoi scatti, sempre e solo ragazze, da poco uscite dall’adolescenza, sospese in un’atmosfera intima e misteriosa: presenze sensuali e fantasmatiche, che paiono immerse in un altrove misterioso, tra sonno e veglia, che bene o male contraddistingue tutto il lavoro dell’artista.
2. Gand di Jan Van Eyck (con Dario Voltolini, Invernale, La nave di Teseo)
La figura che compare in copertina del romanzo di Voltolini è l’agnello mistico del Polittico di Gand di Jan Van Eyck. Secondo la tradizione iconografica, l’agnello simboleggia Gesù Cristo, chiamato l’Agnello di Dio nel Vangelo di Giovanni (Agnus Dei qui tollis peccata mundi…, Agnello di Dio che togli i peccati dal mondo).
Questo titolo deriva appunto dal sacrificio di Cristo, paragonato all’agnello pasquale dell’Antico Testamento, offerto per redimere i peccati dell’umanità. Nel Polittico, l’Agnello è al centro della composizione, adorato nel giardino del Paradiso, rappresentando così la rivelazione e la presenza divina. L’immagine dell’Agnello con occhi frontali sottolinea la sua natura divina e umana, rispecchiando la teologia dell’epoca, che vede Cristo come l’agnello-uomo e l’agnello-Dio. Il volto dell’agnello, poi, che la fa da padrone sulla cover del romanzo di Voltolini, ha un fortissimo impatto visivo, perché ha caratteristiche spiccatamente antropomorfe: in particolare dopo il restauro del 2020, sono infatti venuti meglio alla luce i dettagli del volto dell’animale, che pare così tornare ad assumere quell’aspetto straordinariamente “umano” che gli aveva voluto dare Van Eyck, al fine di creare una fusione mistica tra uomo, divinità e animale, conferendo all’opera un significato teologico profondo.
Tra le caratteristiche più evidenti dello stile di Jan van Eyck ci sono l’altissima qualità pittorica, la verosimiglianza, la perfezione formale, l’attenzione al dettaglio e alla resa delle superfici, lo studio della luce, lo spazio dove si collocano con sicurezza le figure, lo ieratismo e l’immobilità dei personaggi, i raffinati giochi intellettuali dati dai vari livelli di lettura delle opere. Ipnotico e intensissimo, assolutamente perfetto per copertine di libri.
3. Erika Lee Sears (con Chiara Valerio, Chi dice e chi tace, Sellerio)
Sulla copertina di Chiara Valerio compare un dipinto, che raffigura, come fosse ripresa “in soggettiva”, una donna sdraiata nella vasca da bagno. Nel quadro, compaiono solo le gambe e i piedi della protagonista all’interno della vasca da bagno, perché il punto di vista è appunto quello della stessa donna rappresentata, curiosa fusione tra autrice del quadro e protagonista del quadro. È, insomma, l’autrice stessa del quadro, Erika Lee Sears, a indentificarsi nel soggetto della sua opera, con un effetto che in letteratura corrisponde allo scrivere in prima persona.
Essendo il romanzo della Valerio raccontato appunto in prima persona, ed essendo la protagonista una donna, la copertina è già solo per questo estremamente coerente e suggestiva, e porta immediatamente il lettore a identificarsi con la protagonista del romanzo.
Ma chi è Erika Lee Sears? Americana, originaria di Portland, Oregon, pittrice dalla mano decisa e lo stile inconfondibile, i toni forti e i tratti quasi cézanniani, dice di sé: “Sono una pittrice a olio autodidatta, e ho fatto il grande passo lasciando il mio lavoro aziendale per dipingere a tempo pieno”. Ci informa anche di essere madre di due figli, di avere iniziato a dipingere proprio quando era rimasta incinta del suo primo figlio, e di realizzare “un quadro al giorno”, che poi mette on line, per rimanere sempre attiva dal punto di vista creativo.
I suoi soggetti? Sempre e solo dettagli della propria vita quotidiana: una tavola apparecchiata, un piatto contenente alcune fette di limone o di arancia, un piattino di olive, un hamburger, dei bicchieri di vino, sacchetti di patatine di Mac Donald’s e lattine di Coca-Cola, un gatto nero (quello dell’autrice, immaginiamo). Una sorta di elegia, intima e poetica, della vita di ogni giorno, un omaggio alle piccole cose con cui è scandita la quotidianità. Tutta la sua opera è un inesausto “romanzo intimo” della vita di una donna oggi, con le sue ritualità e i suoi tempi dilatati.
Anche il rito del bagno nella vasca, ripreso sempre “in soggettiva”, scopriamo, fa parte del repertorio dell’artista, che scandisce nella sua produzione quotidiana tutti i piccoli avvenimenti e i colori della sua giornata.
Come artista da copertina, e in particolare per accompagnare un romanzo in prima persona la cui protagonista (e l’autrice) è una donna, è assolutamente perfetta.
4. Bruegel il vecchio (con Paolo Di Paolo, Romanzo senza umani, Feltrinelli)
Bruegel il vecchio (1525-1569) può essere irresistibile per la copertina di un romanzo. La sua pittura, che deriva da quella di Hieronymus Bosch, è caratterizzata da una rappresentazione dettagliata e realistica della vita quotidiana dei contadini, e mostra scene, minuziosamente descritte, di instancabile attività, mostrando i lavoratori nei campi, le feste e le celebrazioni paesane, ma anche i dettagli comici, le espressioni, i volti, i gesti, l’animazione e il chiacchiericcio da cui è accompagnata qualsiasi attività umana.
Interessante, nella copertina del romanzo di Paolo Di Paolo, l’uso di una grafica movimentata e morbida, dal caratteristico stile dell’Ufficio grafico Feltreinelli, che rende vagamente poetico l’affaccendarsi dei personaggi sulla cover.
Come isole di ghiaccio in un territorio misterioso e incantato, i Cacciatori nella neve di Bruegel il vecchio scivolano sulla copertina armonicamente, con leggerezza e levità.
5. Mark Owen & Louise Legresley, art: Mara Scanavino (con Raffaella Romagnolo, Aggiustare l’universo, Mondadori)
Vera autrice della copertina, la graphic designer (ed ex art-director Baldini & Castoldi) Mara Scanavino.
A lei va riconosciuta la brillante idea di campionare due immagini preesistenti, creando un monstrum estremamente impattante e funzionale, nella sua semplicità (e un po’ di retorica).
La foto principale, quella della bambina che saltella, è del fotografo Mark Owen, inglese diOxford, ex designer, oggi autore di foto, molto presenti sugli stock di immagini reperibili nel web, di buona fattura, con un ottimo uso del colore e dei filtri, un po’ ripetitive e scontate: di solito, personaggi ripresi in atmosfera sognante e malinconica, meglio se stagliantisi controluce o nella nebbia, spesso di spalle o che guardano nel vuoto o la natura (Friedrich docet).
“Nelle mie fotografie”, racconta il fotografo, “non cerco la perfezione tecnica, ma spero di catturare un momento, uno scorcio, di una narrazione che lo spettatore possa completare da solo… utilizzare la luce per catturare un momento o un sogno, è sempre stato estremamente importante per me”. Molte le copertine di libri che utilizzano le sue fotografie, il cui unico difetto è di essere tutte un po’ uguali a se stesse, ma nell’insieme funzionano.
Autrice dell’altra foto, quella del gatto, è la fotografa francese, nonché appassionata cat watcher, Louise Legresley. Le sue immagini, anch’esse reperibili negli stock presenti sul web, rappresentano gatti in tutte le posizioni e situazioni possibili e immaginabili. Legresley è anche autrice, scopriamo sul web, di un libro dedicato alla sua passione, The Cat in my Word, composto da “photos of the many cats in my life with quotes about cats”. Se, per la copertina del romanzo di Raffaella Romagnolo, Mondadori avesse scelto una sola di queste immagini, si sarebbe probabilmente meritata non più della sufficienza. L’unione delle due immagini dà un tocco di inaspettato, se non addirittura di surreale e sottilmente inquietante, alla scena.
Brava Mara Scanavino, che in un’intervista spiegava: “Il grafico sta nel mezzo tra chi sa tutto del libro (lo scrittore) e chi non sa nulla (il lettore). E tra i due si deve costruire un ponte”. Coerente con la grande creatività della Scanavino, che nelle sue altre copertine riesce sempre a colpire nel segno, sia che utilizzi dettagli di quadri celebri del Rinascimento, sia che si serva delle foto stock, di immagini di botanica o di grandi fotografi o di un semplice ma efficace impianto grafico.
6. Tommaso Giartosio (con se stesso, Autobiogrammatica, minimum fax)
L’autore della copertina è anche autore del romanzo. Giartosio è poeta, scrittore, conduttore radiofonico e attivista LGBTQ+ (è stato per alcuni anni ufficio stampa di “Famiglie Arcobaleno” ed è tuttora uno dei garanti dell’associazione).
Il segno fluido e lineare, una evidente velocità dell’esecuzione e un tocco vagamente surrealista dai rimandi patafisici, che a noi ha ricordato un po’ i meravigliosi e veloci ritratti di figure maschili di Jean Cocteau, sempre tratteggiati sulla carta con poche e veloci linee che si arricciavano spesso in volute morbide e arabescate, Giartosio è anche disegnatore: “Vivo, scrivo. E disegno anche un po’”, si legge nel suo profilo Instagram.
La copertina sembra riflettere magistralmente lo stile complessivo del libro, sorta di autobiografia sperimentale, in cui le parole si mescolano senza soluzione di continuità con “disegni, scarabocchi, grafici e fotografie”, come ci informa la sinossi del curioso libriccino. Bella, semplice, essenziale, evocativa.
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Premio Campiello, i libri dei 5 finalisti visti dalle copertine. Qual è il migliore?