Protesta a Tate Modern contro il suo massimo donatore

La protesta ha avuto come suo baluardo la Tate Modern di Londra lo scorso Domenica, quando le voci coraggiose dei manifestanti di WeDemocracy hanno risuonato nelle strade per denunciare Len Blavatnik– il più grande benefattore del museo – accusato di minare la libertà di stampa.

Blavatnik, ucraino d’origine ma divenuto miliardario britannico-americano, possiede una quota di maggioranza di Access Entertainment, la società madre di Channel 13 News. Quest’ultima è uno dei pochi canali di informazione israeliani noto per le sue critiche aperte al primo ministro Benjamin Netanyahu. Solo lo scorso mese è stato cancellato “Hamakor”, programma di punta del canale, condotto dall’acuto giornalista investigativo Raviv Drucker. La decisione è coincisa con l’arrivo del nuovo CEO del canale, l’ex politica Yulia Shamalov-Berkovich, scatenando un putiferio in Israele.

Haaretz, noto giornale nazionale, ha pubblicato un duro editoriale in cui la soppressione del programma veniva definita “un giorno storico nella distruzione della libera stampa israeliana”, incriminando indirettamente Blavatnik per la nomina di Shamalov-Berkovich.

Nel cuore di Londra, nel bel mezzo della protesta, si potevano udire nitide le parole dei manifestanti: “Blavatnik, non intromettersi nella libertà di stampa!” Creando un effetto visivo forte e suggestivo, una donna recava il logo di Channel 13 – le sue labbra erano state imbavagliate con del nastro rosso, nello stesso tempo i suoi polsi erano legati a dei fili manipolati da due uomini: uno indossava la maschera con le fattezze di Blavatnik, l’altro impersonava Netanyahu.

La protesta si è svolta proprio sotto l’ala del Tate Modern dedicata a Blavatnik, inaugurata nel 2016 grazie alla generosa donazione di 50 milioni di sterline del filantropo britannico. Difensore a spada tratta delle istituzioni culturali londinesi, Blavatnik è noto per aver finanziato anche il V&A, la National Portrait Gallery e il Courtauld Institute of Art.

“Dov’è la coerenza in questo?”, si è interrogato Aviel Lewis, uno dei manifestanti, in un post su Instagram. “Perché Len Blavatnik sceglie di chiudere le proprie elargizioni permettendo la distruzione dei media indipendenti in Israele? Non dovremmo permettere che Channel 13 diventi un altro portavoce di Netanyahu, sulla via per la dittatura”.

Access Industries, la società di Blavatnik, sollecitata da Artnet News per un commento, non ha ancora risposto. Parlando al Guardian, un portavoce di Access Industries ha negato che l’oligarca abbia avuto un ruolo nella nomina di Shamalov-Berkovich come direttore del Channel 13 News, affermando che questo è stato invece deciso da un consiglio indipendente.
“Sir Leonard Blavatnik crede fermamente nell’importanza della libertà di stampa in Israele e in tutto il mondo”, ha dichiarato. “Ha investito una somma significativa su Channel 13 per salvaguardare la sua esistenza e garantire il futuro di un giornalismo libero e imparzial. Il canale non ha mai avuto un’agenda politica: è legge in Israele. Lui non ha mai avuto alcun tipo di input editoriale”.
Non resta che attendere le future mosse di questo complesso scacchiere, dovendo ancora ascoltare la risposta diretta di Blavatnik alle numerose accuse.

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