La politica stia lontana dalla cultura. Soprattutto in Italia, dove la situazione è quello che è per ragioni ataviche: quando alla proclamazione della Repubblica i due principali partiti, la DC e il PCI, presero in mano la situazione, democristiani e comunisti si spartirono le due sfere d’influenza tenendosi i primi la politica e gli altri la cultura: ecco perché l’Italia è un Paese di merda e gli italiani sono delle teste di cazzo, ecco perché in Italia con la cultura non si mangia checché ne dicano i “curators” che devono pagarsi le rate della Porsche usata.
Ora da Torino alle piramidi, fra politici e giornalisti e collaboratori di “Artribune”, è tutto un canaio sui fasci che vogliono cacciare Christian Greco, il direttore del Museo egizio della città della Mole: i suoi tanti difensori, tutti a sinistra, dicono che è un bravissimo manager (è solo un laureato in discipline umanistiche, quello del manager non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport), che ha risanato i conti del Museo (il biglietto gratis ai musulmani era stata presentata come una genialata eccezionale, ma era solo una modesta proposta di marketing che aveva funzionato benissimo, è come se io per aumentare le visite su un sito spacciassi per rivoluzionaria l’idea di metterci i video), che questa è una destra che “aggredisce” (leggi il pezzuncolo di ieri su “Artribune”), che la cultura è di tutti (e ci mancherebbe che non lo fosse).
È semplicemente accaduto quel che accade da sempre: è lo spoil system bellezza e tu non puoi farci niente, almeno in Italia. Cambia la maggioranza di governo e cambiano conseguentemente i vertici delle cose pubbliche, l’unica differenza è che se lo fanno a sinistra va tutto bene madama la marchesa, se invece a osare il cambiamento è la destra dopo di noi il diluvio.
In Italia, dove i massimi discorsi culturali sono la Nazionale e la Ferrari, ci si divide come a una partita, il che è divertente e folkloristico, ma se questa attitudine si riverbera nelle cose concrete, cioè in quello che potrebbe essere un lavoro, allora non va affatto bene: in un’Italia ideale governata da soggetti degni di governare, la politica dovrebbe stare lontana anni luce dalla cultura, non la dovrebbe proprio toccare, perché la “classe dirigente” in Italia è da sempre quello che è, cioè robetta. Dovrebbe essere premiato il merito e non bisognerebbe guardare il colore politico, ma questo non è mai stato fatto e mai verrà fatto, perché l’Italia è un Paese che ha perso la guerra (la Seconda Guerra Mondiale, i millennials vadano sulla Wikipedia) e quel che è stato fatto allora ha investito di sé il passato prossimo e il presente.
Inutile dire “eh ma Franceschini quand’era Ministro”: lui da ex Ministro aveva fatto solo un’infornata di direttori chic per dire qualcosa di sinistra perché era fico avere gli stranieri alla guida dei musei, mentre l’ideona della Netflix della Cultura alla fine è stato solo un annuncio – e meno male che è rimasto tale, ci mancava solo la piattaforma Vanity Chili del culturame per gli arricchiti in vacanza a Capalbio con attico in ZTL.
In Italia la cultura è indissolubilmente legata alla politica, cioè la politichetta, proprio perché è l’Italia: non puoi preventivare una mostra pubblica a ridosso delle elezioni comunali. Il tempo di Christian Greco è passato perché è cambiato il governo: se non l’avranno vinta i piangina che ora si stracciano le vesti (ma sicuramente noi già da adesso possiamo accogliere con una pernacchia la miserabile “motivazione” all’allontanamento addotta dai leghisti per cui “è un anti italiano!”), altri dopo di lui verranno. Faranno meglio?, faranno peggio?, si vedrà e gli utenti giudicheranno.
La politichetta come sempre ci metterà (molto) del suo: la Francia ha avuto De Gaulle al Governo e Malraux alla Cultura, qui la rivoluzione non avverrà mai per le ragioni su menzionate. Il dibattito è su Christian Greco e il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, reo di avere fatto outing a destra: praticamente a sinistra gli hanno detto a muso duro “non faccia campagna elettorale e lavori”, peggio che a un cameriere. Ma andassero a nascondersi tutti quanti.