Fino al 24 novembre è in corso la quinta edizione di God Is Green, il festival dedicato alla sostenibilità e al futuro, ideato da Manifattura Tabacchi, che dà vita a Reverse Towards a New Paradigm, una mostra in collaborazione con NAM – Not A Museum e il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze.
Combattere o accettare la crisi?
La mostra Reverse Towards a New Paradigm ideata da NAM, il programma di arte contemporanea di Manifattura Tabacchi, prende le mosse da un dato innegabile: l’insieme delle crisi sistemiche – climatica, sociale e politica – che l’umanità si trova oggi a dover affrontare.
Attraverso le opere di 17 autori conosciuti a livello internazionale essa intende, tuttavia, lanciare un messaggio diverso da quello che siamo soliti ascoltare in merito a temi quali surriscaldamento globale o crisi migratoria, proponendo di vivere la crisi come un’occasione positiva di cambiamento rispetto ai modelli culturali ed economici finora accettati.
Per farlo, è necessario osservare l’universo con uno sguardo critico nuovo.
È da queste premesse che nasce Reverse Towards a New Paradigm, una mostra che, attraverso installazioni, video e opere di documentazione, si sviluppa secondo un percorso narrativo di cinque “storie”, partendo da una presa di consapevolezza della situazione attuale per giungere a un nuovo equilibrio tra uomo e natura.
I 17 autori coinvolti, quasi tutti designer, utilizzano proprio il linguaggio del design come elemento di riflessione, decomponendolo e ricostruendolo per visualizzare la soluzione alla problematica trattata. Il primo capitolo, Beyond the individual, affronta il tema della migrazione e della rottura dei confini, riflettendo su fenomeni di disuguaglianza e apertura verso l’altro attraverso opere quali Presidio, presentata da Studio Lievito – che riveste con scintillanti coperte isotermiche gli elementi d’arredo simbolo d’ospitalità (come letto, porta o sedute), evocando l’idea di una domesticità negata – e Altare della cura di Festival DiverCity. Quest’ultima si appropria dei tradizionali cappelli Juju propri della cultura Bamileke, indossati dai ballerini reali durante le cerimonie funebri, per dare vita ad un’opera fragile e forte al tempo stesso, dal potente impatto visivo.
Attraverso opere come Territorio, di Duccio Maria Gambi, la seconda storia affronta il tema dell’altruismo reciproco tra uomo e natura, suggerendo di imparare da quest’ultima e recuperando quegli stessi “progetti” che lei stessa ci propone da 3,8 milioni di anni. Si arriva così, col terzo capitolo, ad una riflessione sulla decolonizzazione dell’immaginario e della ritualità dell’abitare, portata avanti con oggetti quali i CO-CARTS di Orizzontale, dispositivi pop-up con la capacità di trasformare attivamente lo spazio urbano, rafforzando il rapporto tra gli abitanti e la città.
Se, infine, la quarta sezione della mostra, Technology with purpose, sottolinea l’importanza della tecnologia – che non deve essere negata, ma utilizzata in maniera positiva – il quinto e ultimo capitolo, attraverso un’opera sola ma altamente ricca di significato, vuole riaffermare che comunque, al di là dell’importanza della tecnica e dell’aspetto materiale connesso all’esistenza, ciò che conta davvero e che ci connota come esseri umani sono i legami personali. Capsula Mundi di Anna Citelli e Raoul Bretzel è infatti un progetto che propone un diverso approccio al tema della morte. Un contenitore biodegradabile a forma di uovo, perfetto e arcaico, accoglie il corpo del defunto disposto in posizione fetale o le sue ceneri. Sopra di esso viene piantato un albero, con l’idea che questo sia poi curato da familiari e amici: un’eredità per i posteri e per il futuro del pianeta. Così facendo si andrebbe a sostituire al tradizionale aspetto grigio e freddo del cimitero una vera e propria foresta “sacra”.
Anche nelle scelte allestitive sono stati ricercati compromessi che rendessero la mostra il meno impattante possibile, riducendo al minimo i supporti, lasciando a vista la parte tecnica, limitando i trasporti, utilizzando fari a led e infine calcolando e rendendo pubblico l’impatto ambientale generato.
Reverse Towards a New Paradigm raccoglie insomma spunti, esperienze e dati da tutto il mondo, mostrandoci come il linguaggio umano possa essere non più causa di distruzione, ma fonte di creazione e proposizione di un nuovo paradigma di convivenza, abitazione e socialità.
Immagine di copertina: God is Green, Territorio di Duccio Maria Gambi. Fotografia di Giovanni Savi.