Sylos Labini: vi presento i miei “Inimitabili”, i grandi italiani portati in Tv tra teatro e docufiction

Quattro personaggi fuori dal comune, i loro pensieri e le loro azioni, Gabriele d’Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti, Giovannino Guareschi, Giuseppe Mazzini.

<em>Edoardo Sylos Labini<em> interpreta dAnnunzio

Edoardo Sylos Labini, che ha accettato di parlarne con Artuu, va alla scoperta di quattro vite “Inimitabili” nell’omonimo programma prodotto da Rai Cultura in onda da domenica 24 marzo in seconda serata su Rai 3, scritto dallo stesso Sylos Labini e Angelo Crespi con Roberto Fagiolo e Massimiliano Griner, per la regia di Claudio Del Signore e le musiche originali di Sergio Colicchio.

“Inimitabili” è un viaggio in quattro puntate che intreccia il documentario storico all’interpretazione teatrale in compagnia di quattro protagonisti della cultura italiana, fatti rivivere in quattro atti unici nelle interpretazioni di Sylos Labini: dopo Gabriele d’Annunzio e Filippo Tommaso Marinetti, domenica 7 aprile la terza puntata sarà incentrata su Giovannino Guareschi, il papà di don Camillo e Peppone, mentre Giuseppe Mazzini chiuderà la serie. Ma, come diceva il presentatore Corrado: “…e non finisce qui!”…

<em>Edoardo Sylos Labini<em>

Sylos Labini, uomo di cultura e spettacolo dichiaratamente non di sinistra che non ha mai voluto baciare la pantofola nei salotti che contano, Lei ha creato un programma di approfondimento su Mazzini, Marinetti, Guareschi e d’Annunzio su quella stessa Rai3 che una volta era chiamata Tele Kabul, una “mission impossible” fino a poco tempo fa: oggi cosa è cambiato?  

Il pubblico non vuole più vedere una televisione alla mercé di questo o quel partito: si sta facendo un’operazione di pluralismo per avere voci diverse in una televisione di Stato. Anche il successo della seconda puntata di “Inimitabili” lo dimostra: il pubblico vuole sentirsi raccontare le storie dei grandi italiani, basta con i programmi che indirizzano e fanno politica.

<em>Filippo Tommaso Marinetti<em>

Come è nato “Inimitabili”?

Nasce dall’esperienza fatta in teatro in questi ultimi 15 anni, dove ho già portato in scena le vite di Mazzini, d’Annunzio e Marinetti. La Rai mi aveva proposto un format in cui raccontassi questi personaggi “a modo mio” e quindi con Rai Cultura abbiamo creato questo nuovo linguaggio televisivo, che consiste in una commistione tra documentario storico e teatro con interventi di importanti storici e familiari di questi grandi personaggi.

Adesso anche i commentatori chic sui giornali snob fanno un po’ il birignao a proposito del “nuovo immaginario italiano”: è stata aperta una breccia nel muro di gomma della famosa egemonia culturale della sinistra? Ed è giusto parlare di cultura di destra e cultura di sinistra?

La cultura italiana non dovrebbe essere di destra o di sinistra. Ogni artista, ogni intellettuale, ha le sue idee politiche e io stesso non le ho mai nascoste. L’importante è non usare la tv di Stato per fare politica. I personaggi che metto in scena sono di tutti gli italiani, tutti gli italiani dovrebbero andare fieri di queste vite incredibili, uomini come d’Annunzio, Mazzini, Guareschi e Marinetti che hanno lasciato un segno nella storia del nostro Paese, nella cultura italiana e a livello internazionale.

Dopo la puntata dedicata a Mazzini che sviluppo avrà “Inimitabili”?

Dopo la prima serie, che terminerà il 14 aprile con la puntata su Mazzini (mentre il 7 ci sarà Guareschi, n.d.r.), il programma diventerà uno spettacolo teatrale prodotto dal Teatro della Pergola di Firenze, che debutterà i primi di settembre a Roma alla Sala Umberto, poi seguirà una tournée in tutta Italia, dove racconterò in una serata Marinetti, in una serata d’Annunzio, in un’altra Mazzini: un evento teatrale e culturale per far conoscere anche al pubblico del teatro le vite di questi personaggi.

Lei ha detto: “La sfida è che la cultura sia pop, accessibile a tutti, non solo per la nicchia”, ma non c’è il rischio che così la cultura diventi un prodotto mass market?

Se la cultura diventasse un prodotto mass market sarebbe una vittoria: invece di parlare del nulla si parlerebbe di grandi personaggi, si racconterebbero le loro idee, le loro passioni, sarebbe molto bello se succedesse. Lo dico sempre: oggi vanno cavalcati i social e gli strumenti tecnologici di massa. 

Giovanni Guareschi

Il lavoro culturale in Italia: come se l’immagina la situazione da qui ai prossimi anni?

Quel che succederà nei prossimi anni dipenderà molto dalle proposte dei nostri media perché, come dicevo prima, i media oggi si fanno conoscere anche attraverso i social:  anche se un giornale lo leggono in pochi, i relativi contenuti vengono poi veicolati dai social, quindi saranno importanti le scelte editoriali sia della tv di Stato che di Mediaset, perché l’indirizzo culturale di un Paese lo si fa attraverso i grandi media. Tutto sarà in mano a queste aziende e alle piattaforme social. Soprattutto la Rai deve recuperare, come già sta facendo adesso, il suo ruolo di servizio pubblico, fregandosene dello share e di quella gara che l’ha portata a livellarsi a Mediaset anziché seguire una diversa via culturale.

Ci sono altri “Inimitabili” oltre a Mazzini, Marinetti, Guareschi e d’Annunzio? Vedremo un sequel?

Si sta parlando di una seconda serie, ci sono tanti altri personaggi che mi piacerebbe raccontare, per esempio Pirandello e Pasolini

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