Tagli di Personale alla Barnes Foundation: Licenziati 12 Dipendenti, Tra Cui un Curatore di Nuova Nomina

In un mondo dove l’arte spesso è sinonimo di cambiamento ed evoluzione, a volte sono le istituzioni stesse ad essere costrette a mutare. È il caso della prestigiosa Barnes Foundation di Philadelphia, che secondo quanto riportato da ARTnews, negli ultimi sei mesi ha eliminato dodici posizioni dal suo organico a tempo pieno, tra cui quella di un curatore di recente nomina.

Nel corso degli ultimi mesi, la Barnes Foundation, fucina di arte del 19° e 20° secolo, ha dovuto salutare tre dipendenti a tempo pieno, incluso due membri dello staff senior. Ad aprile, la fondazione ha proceduto con un ulteriore round di licenziamenti, eliminando altre nove posizioni.

Tra i primi licenziati vi sono Jill Duncan, direttrice delle finanze della fondazione dal giugno 2021 e lo storico TK Smith, che ricopriva il ruolo di curatore assistant per l’arte della diaspora africana. Quest’ultimo, una figura di rilievo e portatore di un importante impegno etnico-culturale, aveva assunto il ruolo appena creato con l’intento di concentrarsi parzialmente sugli artisti di colore e di dar vita a diverse mostre dedicate a artisti neri viventi e defunti, tra cui Lebohang Kganye, William Edmondson e Isaac Julien.

Tuttavia, a seguito di una serie di eventi che hanno visto Smith richiedere un contratto per la pubblicazione della sua ricerca per un’esposizione in programma, tensioni interne hanno portato al suo licenziamento.

Smith ha dichiarato a ARTnews che sin dal suo arrivo alla Barnes, aveva percepito un’inerzia da parte della dirigenza dell’istituzione, incapace di rispondere adeguatamente alle sue domande sul focus critico del ruolo appena creato e di fornire informazioni complete sul motivo della sua creazione.

L’episodio solleva diverse questioni relative alla gestione dei musei e all’importanza del ruolo specializzato di curatore. La questione diventa ancora più interessante se consideriamo le dichiarazioni di Deirdre Maher, portavoce del museo, che contraddicono la concezione comune di un museo in crisi finanziaria. “Abbiamo registrato un sano surplus a fine anno, piuttosto che un deficit – una pratica che intendiamo continuare”, ha dichiarato Maher, descrivendo la situazione del museo come “finanziariamente sana”.

Pur risultando complesso nella sua articolazione, il caso della Barnes Foundation si inserisce in un contesto più ampio di dibattito sulla gestione delle risorse umane nei musei e nelle istituzioni culturali. In un mondo in rapida evoluzione, dove l’arte viene sempre più spesso vista come un veicolo di cambiamento sociale, le decisioni relative al personale non possono essere prese alla leggera.

In conclusione, l’impatto di queste decisioni sulla Barnes Foundation, e più in generale sul mondo dell’arte, è ancora tutto da determinare. Tuttavia, questi eventi forniscono un’importante occasione di riflessione sul ruolo delle istituzioni culturali nel mondo contemporaneo e sulle sfide che esse affrontano nel cercare di bilanciare le esigenze economiche con l’impegno per l’inclusione e la diversità.

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