Toile de Jouy: ecco da dove arriva l’iconico pattern di Dior

Esattamente nel 1946, il tessuto Toile de Jouy entrava a far parte della storia della casa di moda di Christian Dior. Quella che è diventata una vera e propria signature del marchio francese, nell’ultimo decennio – seppur contando sul successo ottenuto nel corso degli anni – è tornata particolarmente in auge, rispecchiando anche un po’ lo stile dolce vita. D’altronde, “Toile de Jouy” vuol dire letteralmente “tela di gioia”. Fioriscono così in molte mete esclusive i pop-up store di Dior, come in Provenza o sull’Isola di Capri presso il Riccio, exclusive beach club dell’Hotel Capri Palace Jumeirah. Ma non solo: al giorno d’oggi Toile de jouy vuol dire anche mis-en-place, arredamento, lifestyle.

Il Toile de Jouy di Dior è una rivisitazione in chiave più contemporanea del classico motivo tradizionale: più selvaggio, abbastanza lineare nella flora quanto meno nella fauna. La vegetazione è fitta e rigogliosa e la presenza animale, selvaggia quanto relativamente caricaturale, induce a ricercare ogni dettaglio, per un pattern tutto must have.

Ma da dove arriva esattamente questo design apprezzato in tutto il mondo?

Il Toile de Jouy viene creato per la prima volta nel 1760 nella città di Jouy-en-Josas, in Francia, nei laboratori di Christophe Philippe Oberkampf, uno dei più grandi produttori di tessuti in cotone dell’epoca. La stampa, fatta di scene che si susseguono sul tessuto, veniva applicata inizialmente con timbri provenienti da legno intagliato. Successivamente le tecniche e anche le metodologie di colorazioni divennero più avanzate.

Ciò che ha sancito il successo di questo tipo di stampa è che si è adattata – e si adatta, ancora oggi – al variare dei gusti nei secoli. Questo ricco motivo, pregno di storia e di dettagli che aspettano solo di essere trovati, non sente il peso della sua età e con i suoi sfondi chiari e stampe colorate, ci insegna il senso del tempo sans fin. I motivi Toile de Jouy si sono sempre rinnovati contestualmente all’epoca di riferimento, cambiando in base alle variabili che fanno la storia.

Inizialmente, le scene erano per lo più rurali, mostravano vita campestre, abitazioni di campagna, mulini e anche scene di corteggiamento, déjeuner sur l’herbe e contesti idilliaci. In seguito, con l’ispirazione proveniente da esplorazioni e scavi archeologici, i temi appaiono sempre più vari e diversificati: i reperti archeologici e le notizie dei viaggiatori del Grand Tour animavano i tessuti di dettagli e motivi talvolta estremamente simili ad affreschi appena riemersi alla luce di gusto spiccatamente classico; i viaggi e le esplorazioni crearono dapprima uno stile che richiamava viaggi, immagini di terre lontane e natura selvaggia, poi uno design prettamente Chinoiserie, figlio del periodo tardo-illuminista in cui i primi Imperi coloniali amavano collezionare e circondarsi di suppellettili e artigianato orientale: scene di vita quotidiana, usi e costumi di remote località  – conosciute più per passaparola che di persona – , creavano un’immaginario collettivo elettrizzante per chi volesse avere un pezzetto di esotismo a portata di mano.

Proprio negli stessi anni, la fabbrica Churchill, di origine inglese creava i famosi piatti da portata con motivi estremamente simili al Toile de Jouy. Piatti che sono, al giorno d’oggi, l’emblema dello stile vintage in cucina e che riporta quel profumo di “cose fatte bene,” e di “vita lenta” di cui abbiamo così bisogno al giorno d’oggi.Molti cooker influencer, esponenti del cucinare come si faceva una volta, utilizzano queste rinomate stoviglie per sottolineare l’appartenenza ad una classe di nostalgiche visioni: Csaba della Zorza, la food influencer Betul Tunc, persino realtà turistiche come la Amalfi Home Restaurant. Tutti protagonisti di un ritorno al passato in grado di sopportare il presente.

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