Quello che non doveva succedere è successo, ma è anche successo quello che doveva succedere.
La sera del 9 ottobre, completata la struttura verticale, alta ben 12 metri, rivestita di un lungo camice bianco, in Piazza Municipio è andata di scena l‘inaugurazione dell’ultima opera che Gaetano Pesce ha voluto realizzare come atto di amore verso la città di Napoli, Tu si ‘na cosa grande, prima di lasciarci lo scorso 3 aprile.
La platea di cariche pubbliche, alla presenza dei figli dell’artista e della stampa, composta davanti a questo bianco totem indubbiamente fallico, mostrava forse già qualche perplessità sulla forma e sulla fedeltà al Pulcinella tradizionale. Ne discutevano tra i denti gli astanti, ammiccando nell’attesa dell’evento inaugurale, che sarebbe cominciato una volta tramontato il sole.
Al calare della notte parte sincopato il Bolero di Ravel, suonato da un’orchestra di sole donne, giovani strumentiste provenienti da alcuni licei musicali. Così ha voluto nel suo progetto Pesce, perché nelle donne va individuato il genere in grado di liberare nuove energie rigeneranti.
Al ritmo ipnotico della musica al femminile si illumina e comincia a pulsare il doppio cuore trafitto mentre, lentamente, intorno alla bianca struttura verticale, sale aderente una seconda veste. Sembra una membrana, colorata di rosa con venature verdi e rosse, dipinte dallo stesso artista spezino. Per la precisione sembra pelle.
Sale questa nuova veste, perfettamente calzante con la sottostante struttura bianca, che d’improvviso si illumina di una luce chiara. Rimane scoperto solo il bianco colletto, che tutto sommato ha una forma frontale abbastanza composta, non sembra nient’altro che un colletto, ma a questo punto il pubblico ha già un’idea condivisa di ciò che è stato messo in scena.
Lo stesso sindaco Manfredi, qualche istante dopo, affermerà “quando l’ho vista? ho pensato quello che hanno pensato tutti”, riferendosi all’opera e pensando a quando la mattina, affacciandosi da palazzo San Giacomo, ha notato per primo, da buon primo cittadino, che da dietro la forma richiamava evidentemente ad un pene, molto ben visibile dal punto di vista del palazzo del Municipio.
Avrà anche pensato che da quella prospettiva lo vedrà tutti i giorni fino a dicembre. Simbolo di “Buon Governo”. C’è il rischio che, così come Bassolino viene ancora ricordato per la Montagna di sale di Paladino in piazza del Plebiscito, lui verrà ricordato per Tu si ‘n cosa grande. Ci avrà pensato il consigliere Trione mentre osservava i bozzetti di Pesce che eludevano l’effettiva realizzazione finale. La grandezza dell’arte.
L’happening postumo di Pesce ha creato grande clamore, così come doveva essere, come suggerisce Vittorio Sgarbi quando dice, riferendosi all’artista, che “Gaetano Pesce è stato il più grande designer eretico degli ultimi anni”, se per eretico si riferisce al gioco esoterico della doppia faccia si può liberamente pensare alla barocca Guglia dell’Immacolata di piazza del Gesù, in cui la scultura in rame posta sull’obelisco della Vergine con il Bambino, se vista dalla parte di dietro, nasconde l’aspetto della morte con la falce che osserva i passanti dall’alto.
Invece nel caso di Pesce, l’obelisco fallico visto d’avanti è una camicia con colletto molto stilizzata, ma vista da dietro nasconde l’aspetto di un enorme pene. Se ne parla ovunque nel mondo reale, popular hype alle stelle, in città in ogni discussione salta fuori il fattaccio, si cerca Pulcinella in quella struttura ma si trova solo “‘o pesc’”, è la parola che si sente di più e a dare manforte è il cognome dell’autore, fino a ieri sconosciuto alle masse.
Sotto l’opera più controversa del momento, folle di persone, per lo più famiglie con bambini piccoli eccitati e giocosi, da giorni si fanno selfie da inviare a qualche amico, divertiti dall’enorme struttura alle loro spalle. Ma chist’ nun è Pullecenell’ è ‘o cazz’! ‘o pesc’ scapucchiat’, ‘o capucchion’, ‘o cazz’ ’e Napule, c’è l’abbiamo solo noi, si sentono varie voci, pareri popolari, passeggiando sotto l’opera e questa tendenza si trasferisce pari pari sul web.
A seguito dell’inaugurazione, sui social la giornata si preannuncia movimentata col primo post del mattino del vecchio sindaco De Magistris, piccato ma divertente, “Napoli cresce: da Pistoletto a Pesce”, con una foto dell’installazione ripresa da dietro. Inconfondibile ed impietosa. Avrebbe potuto fermarsi qui, ma invece segue un altro post nel pomeriggio, più lungo ricco di autoreferenziale propaganda neorinascimentale, in cui, in preda ad una crisi da ego ipertrofico, l’ex sindaco dimentica il suo evanescente secondo mandato.
Ma l’opera di Pesce apre le porte a qualsiasi possibilità di redenzione. Un cordone di analfabeti del web lo prende sul serio e segue la strada delle semplificazioni demagogiche, si danno numeri nella città dei numeri. Ovunque online si leggono cifre che da duecentomila euro arrivano a un milione di euro, passando per seicentomila euro, “pagati di tasca nostra per questo scempio”, così volgare e brutto, “invece di utilizzarli per rifare le strade”.
Lo sdegno si riversa per le vie, parlano tutti di questi soldi, dal parrucchiere al macellaio, dal barista allo spazzino in pausa caffè. Offesi perché derubati di fantomatiche risorse economiche e della dignità, con quel “capocchione che ha offeso Pulcinella e tutti i napoletani”, al grido di “levatela!” qualcuno spera gli venga dato fuoco come accaduto per la Venere di Pistoletto.
C’è chi ride e la prende come un’occasione per fare video ironici, su TikTok è un delirio dai comici più famosi a quelli improvvisati, spesso scontati e insopportabili. Tiktokers e performer non si lasciano sfuggire l’occasione ed è di notevole grazia l’intervento dell’ormai noto kekkonapoli, urlatore da strada, spesso in vistosi ed iper-cromatici stivali alti con zeppa, che si fa riprendere davanti all’opera e si rivolge, sempre gridando, al suo amore non corrisposto “Antonio amore, come vedi sono davanti al pesce di Pulcinella. Antonio amore mio, qui davanti al pesce di Pulcinella ti voglio dire che sei l’amore della mia vita!”
Quanta grazia sgraziata nelle sue parole, che danno vita, più o meno inconsapevolmente, ad una nuova e definitiva lettura dell’opera nella sua interazione con il contesto che la ospita.
La città rincorre la possibilità di dire la propria su Tu si ‘na cosa grande e nella gara del kitsch non poteva mancare la statuina da presepe del laboratorio Ferrigno, raffigurante l’opera in un’inequivocabile ed accentuata forma di pene, volgare senza mezzi termini, a suggellare definitivamente il fatto. La ritroveremo a Natale su molti presepi, tra sacro e profano come sempre.
Una buona parte di Napoli non apprezza quest’opera per vari motivi, ma per altri vari motivi interagisce ironicamente con essa, instaurandoci un dialogo. Pesce avrebbe molto gradito questa reazione, si sarebbe indubbiamente divertito, lui che riteneva di dover regalare un Pulcinella a Napoli, ma in realtà ha regalato un pene, con grande ironia e senza rancore, del resto le sue origini sono sorrentine e i due cuori trafitti pulsanti, posti qualche metro più in là, evidenziano che il suo è stato un gioco, una battuta per poi ridere con la gente.
Del resto, per dirla con Sgarbi, “il fatto che un’opera d’arte faccia discutere è il significato stesso” e Pesce non lo ha fatto succedere per caso.
Analisi centrata sul significato dell’opera nel contensto napoletano. E divertente, anche