Cari Lettori di Artuu Magazine, mi fa piacere ritrovarvi nella nostra rubrica dopo l’ultima avventura all’interno di Villa della Resistenza. In questo ultimo periodo di silenzio ho proseguito nelle mie esplorazioni, percorrendo chilometri, attraversando una regione dopo l’altra e apprezzando tutti gli aspetti dell’urbex. Ogni luogo una storia diversa, dai volti, dalle luci e dai colori differenti.
Spesso cerchiamo di dare un contorno all’arte, a un’opera specifica, che sia un quadro, una scultura, un libro, ma nell’urban exploration i protagonisti sono di natura diversa.
Non conosciamo mai con certezza cosa possiamo attenderci aldilà di una porta, che siano dimore, manicomi, discoteche, edifici industriali, ancora ammobiliati o vuoti, ciascuno di loro racchiude storie di vita uniche, con dettagli di una quotidianità che oggi ha smesso di pulsare, soffocati dal manto uniforme della polvere, avvolti nel completo silenzio, rotto solo dal nostro transito e spesso all’ombra di una vegetazione che si riprende i propri spazi.
Oggi Vi voglio raccontare di una cascina nel bel mezzo della pianura emiliana, una casa su due piani, scoperta nei caldi giorni dell’estate passata, oramai risucchiata dalla natura, con un giardino diventato impenetrabile per la vegetazione selvatica che sembra averla inghiottita. Scopriamo di essere passati in un luogo incantato: il pian terreno con segni del via e vai quotidiano, una cucina oramai difficilmente riconoscibile, una vecchia macchina da cucire PFAFF, una bicicletta appoggiata al muro di ingresso, una stanza con vecchi mobili di legno accatastati, un piano superiore per la zona notte dove troviamo una serie di camere da letto.
Una sicuramente molto bizzarra e diventata protagonista di numerosi storie e post di Social di molti urbexer: entrando ed uscendo da una stanza all’altra mi ritrovo di fronte la vista di una pianta entrata dalla finestra, che come per magia è riuscita ad avvolgere il letto matrimoniale in ferro battuto dalle verdi sponde con dipinte sopra scene di montagna.
Difficile risalire alla sua storia e a chi fossero i proprietari nonostante all’interno ancora le stanze presentino gli arredi originali. Quasi certamente si trattava di una coppia di fattori dediti al lavoro nei campi, alla coltivazione e all’allevamento di animali da cortile e da stalla.
Poche notizie si trovano su di lei in giro per i blogs, l’unica degna di nota è che probabilmente qui ha vissuto un militare, che forse aveva partecipato alla grande guerra. In ogni caso mi resta viva nel cuore l’emozione di essere stata spettatrice di questo luogo incantevole, avvolto ora in un delicato e magico silenzio.
Molte sono le esplorazioni di luoghi come questo, guardandoli dall’esterno non ci dicono nulla, senza alcun valore storico, architettonico ed artistico, eppure al loro interno diventano veri e propri scrigni di tesori nascosti e con l’arte del dettaglio.
“La patina, come la polvere, si deposita sulle cose. Dà loro vita. Le inserisce nel tempo. Un tavolo, una sedia, un bicchiere parlano del passato, delle mani che li hanno toccati, attraverso la pelle del tempo che li avvolge a poco a poco.” Citazione di Roberto Peregalli, tratto da
I luoghi e la polvere