Vittorio Valiante. Le Banquet: il corpo, la carne e il sacrificio della contemporaneità

Nella sua prima personale milanese Le Banquet, curata da Domenico de Chirico presso A.MORE gallery, Vittorio Valiante affronta il tema del corpo come luogo di esperienza, vulnerabilità e conflitto, tracciando un percorso visivo che intreccia la carne, il consumo e il decadimento. Il corpo è per Valiante il punto di accesso primario alla realtà, uno spazio di conoscenza e relazione che richiama la fisicità esistenziale di Francis Bacon, dove la carne si contorce tra desiderio e sofferenza.

L’artista napoletano trasforma frammenti edilizi e arredi abbandonati in detriti umani, simboli di una società che produce e consuma fino all’esaurimento. Questi resti, assimilati a pezzi di carne, evocano il degrado dell’essere umano, in una visione che richiama il crudo espressionismo delle nature morte di Chaim Soutine, dove la materia organica, tra putrefazione e bellezza, diventa emblema della vita e della morte. Il curatore Domenico de Chirico sottolinea come l’artista denunci il paradosso del progresso: una società che, nel costruire, distrugge, lasciando l’individuo ridotto a carne da macello, un tema che risuona nell’alienazione postindustriale di Anselm Kiefer.

Il concetto di frantume, centrale nella mostra, trasforma gli scarti in cibo simbolico, presentato in un banchetto che dà il titolo alla mostra. Qui, l’abbondanza diventa rito sacrificale, come nei banchetti barocchi dipinti da Giovanni Battista Recco, dove il cibo è opulenza, ma anche corruzione e transitorietà. Valiante rovescia il simbolismo conviviale, trasformandolo in un momento di riflessione sul consumo dell’uomo e delle sue risorse, una visione vicina alla denuncia sociale di Edward Burra, che nel suo realismo allucinato raccontava il degrado urbano e umano.

La pratica pittorica di Valiante è un dialogo tra materia e segno, dove la disciplina tecnica incontra il caos emotivo, in un processo che richiama l’informale materico di Jean Fautrier. Attraverso una tavolozza cangiante, pennellate dense e l’alternanza tra vernice grezza e olio raffinato, l’artista costruisce superfici vibranti, tese tra violenza e poesia, come nei corpi sfigurati eppure vitali di Leon Kossoff. Le opere come Frantume 7 e Frantume 11 rivelano un’intensa tensione materica, dove la pittura sembra consumare la superficie, lasciando spazio alla fragilità del supporto, un gesto che si rifà al concetto di pittura-corpo di Antoni Tàpies.

La figura umana, frammentata e distorta, è al centro della ricerca di Valiante, che esplora la contrapposizione tra sacro e profano, tra eros e thanatos, in un ciclo continuo di distruzione e rinascita, come nella visione tragica e mistica di Francisco Goya. La sua indagine sulla “violenza creatrice”, che lega morte e rigenerazione, si avvicina al pensiero di Georges Bataille, per il quale la carne, la lacerazione e l’eccesso sono strumenti di conoscenza.

In Le Banquet, il banchetto si fa rito collettivo e metafora sociale, un luogo dove la carne è sacrificio, materia e memoria, e dove il cibo diventa simbolo di consumo e distruzione, in un’allusione alle dinamiche predatorie del capitalismo contemporaneo, come nelle visioni distopiche di Jake & Dinos Chapman.

Con questa mostra, Vittorio Valiante compone una riflessione profonda e viscerale sull’essere umano, visto attraverso il corpo e la carne, intesi non solo come materia, ma come luogo di esperienza, dolore e trasformazione. Attraverso una pittura intensa, materica e sensuale, Valiante ci consegna un’opera che è insieme denuncia e celebrazione, rovina e rinascita, e che invita il pubblico a consumare con lo sguardo un banchetto che è rito, sacrificio e memoria.

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