Breasts a Venezia: il seno come elemento identitario

A Venezia ACP Palazzo Franchetti ospita Breasts fino al 24 novembre: un’esposizione collettiva curata da Carolina Pasti. In mostra trenta artisti propongono diverse interpretazioni del seno, delle sue qualità e rappresentazioni, tracciando un percorso cronologico e tematico ed evidenziando nella molteplicità di punti di vista e media l’eterogeneità di corpi e identità.

Breasts occupa cinque sale del primo piano di ACP Palazzo Franchetti. Si apre con un’opera site-specific realizzata da Studio Buchanan per poi svilupparsi in cinque sale che esplorano i temi, tra gli altri, di maternità, sessualità ma anche malattia. Il seno, infatti, diventa un elemento identitario, una definizione intima del sé in tutte le sue forme, personale e al contempo collettivo. Da sempre relegato alle funzioni di piacere (più dell’altro che del sé) e di nutrimento, il seno femminile ha subito per tempo la pressione del tabù e della censura sociale. Così, l’installazione immersiva di Studio Buchanan immerge il visitatore nell’icona del seno, con lampade soffuse dall’estetica pop che lo scardinano dal suo ruolo sacro (materno) e profano (sessualizzato), trasformandolo in un campione, un modello, una forma ripetuta.

Nella prima sala spicca la Madonna dell’Umiltà (Bernardino Signoraccio, ca., 1460-1540) opera più antica esposta in mostra. Questa costituisce il punto di partenza cronologico di Breasts, ampliando l’indagine al moderno oltre il contemporaneo. La proposta di un’opera del Quattrocento permette di esplorare la simbologia del seno nell’iconografia del sacro. Quest’ultima è messa in dialogo con una fotografia di Cindy Sherman (Untitled 1 #205, from the History Portraits series, 1989).

La mostra prosegue nella seconda sala in un cabinet dove prevale la scultura come mezzo d’indagine. Qui, Prière de toucher (1947) di Marcel Duchamp apre a una riflessione ulteriore sul seno: non più unicamente elemento identitario del sé ma anche rappresentazione del rapporto con l’altro. L’opera ironizza sul tocco, sull’implicita – spesso socialmente inevitabile – sessualizzazione di tatto e seno. 

La terza stanza, dedicata principalmente alla fotografia, propone scatti tra moda e pubblicità (Oliviero Toscani, Untitled 27, 1989), tra diversi livelli di intimità, familiare nelle immagini di Jacques Sonck e al confine con la censura in Nobuyoshi Araki. La fotografia risulta il medium più realistico nella percezione, provocando così, ancora una volta, nell’esposizione di immagini di seni, quell’ambiguità nella delimitazione di citazionistico, intimo o pornografico. 

La mostra prosegue con una sala più sarcastica: attraverso il gioco, le opere esposte reagiscono alla rappresentazione del seno nella società come oggetto di consumo. Accanto a questa riflessione viene presentato nuovamente il tema del rapporto con l’altro in particolare con lo sguardo maschile; e al senso identitario del seno anche a seguito di una malattia. Viene quindi presentata una rivendicazione del proprio corpo e un’opposizione ai canoni di femminile socialmente – e patriarcalmente – imposti. Breasts termina poi con Four for See Beauties (Laure Prouvost, 2022), un viaggio onirico attraverso le fasi della vita.

L’esposizione, con diversi media e tematiche propone riflessioni su come il seno sia intimità ma anche immagine del sé nella società. Il rapporto con l’altro diventa fondamentale nella definizione dell’identità che, però, spesso confina il seno femminile al ruolo materno o sessuale. L’inevitabile conseguenza, riconoscendo nel seno un elemento identitario della donna, è quello di considerarla unicamente come madre, sottomessa, censurata, sensuale […]. Ogni epiteto che Breasts associa a ciascun’opera costituisce la proposta di un’interpretazione, una riflessione che esce da quei canoni socialmente imposti al seno e al femminile. Non a caso, l’intento curatoriale è proprio portare un messaggio in un modo leggero, senza l’uso di immagini crude, curare l’esposizione in modo che abbia una connotazione positiva”.

È bene chiedersi, però, se questa costituisca una strategia comunicativa ancora possibile e in caso per quale pubblico. La sensibilizzazione nei confronti di seno e corpo femminile è davvero possibile nel mondo dell’arte non discostandosi da un concetto di bellezza ancora così saldo?

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