Tra i borghi del bergamasco 11 artisti provano a visualizzare l’indicibile

Dal 21 settembre al 3 novembre 2024, nei piccoli borghi tra i fiumi Serio e Oglio, c’è un invito sottile, quasi sussurrato. Si chiama Feelings, una mostra collettiva curata da Roberto Lacarbonara, distribuita tra Cavernago, Mornico al Serio e Torre Pallavicina. Undici artisti internazionali hanno accettato di indagare quel territorio in cui le parole si fermano e iniziano i sentimenti. Perché, come suggerisce Byung-Chul Han, viviamo in una “società palliativa”, anestetizzata, dove il dolore si dissolve in un’assenza di attrito e tutto sembra scivolare via, derealizzato.

L’arte, in questo scenario, prova a riprendersi ciò che conta davvero: il sentire, nella sua accezione inglese, to feel. Quei movimenti primordiali che ci scuotono senza mediazione. Non c’è cognizione che regga di fronte a un’emozione pura, non c’è ragione che argini la forza della paura, della rabbia, della gioia. Ed è per questo che Feelings non cerca di spiegare, ma di far vivere. In quattro spazi differenti, un percorso si snoda tra opere che provano a visualizzare ciò che non si può dire. Perché riportare i sentimenti nel discorso artistico significa affrontare quella parte di noi che è “affettiva e irrazionale”, che sfugge al controllo e non conosce le gabbie del linguaggio.

A Cavernago, nella secentesca Chiesa di San Marco Evangelista, Paolo Cavinato ha creato un viaggio dentro la percezione fisica, con installazioni che sfidano la spazialità equilibrata dell’edificio sacro. Come se volesse dirci che la resistenza è “ciò che provoca dolore”, quella stessa resistenza che, quando sparisce, ci lascia smarriti, irreali. A Mornico al Serio, nella Cascina Castello, Mikayel Ohanjanyan esplora i legami umani con le sue sculture “Legami”, mentre le fotografie di Hanne van der Woude sono un inno alla fragilità, alla forza silenziosa dell’amore di fronte alla morte. Anche qui, l’arte diventa un atto di resistenza, un modo di aggrapparsi a ciò che ci rende vivi, di opporsi a quell’anestesia permanente che trasforma il mondo in un luogo evanescente.

A Torre Pallavicina, il piano nobile di Palazzo Oldofredi Tadini Botti ospita lavori che parlano di lotta e conflitto. Loredana Longo, Simona Andrioletti, Gianni D’Urso e Artan Shalsi raccontano una battaglia incessante per affermare la propria umanità. E lì vicino, nella chiesa sconsacrata di San Rocco, Jacopo Benassi ci mette di fronte al paradosso della memoria: ricordare e dimenticare sono due facce della stessa medaglia, due strategie di sopravvivenza che si alternano in un ciclo senza fine. Nelle scuderie, l’opera di Sergio Lombardo esplora un tema estremo, “Progetto di morte per avvelenamento”, una riflessione su quella fragilità che, come dice Han, ci fa percepire la realtà proprio nella sua durezza.

Infine, le targhe marmoree di Fabio Dartizio, disseminate nei quattro luoghi, sono come eco, frammenti di un discorso che si spezza e si ricompone. Feelings è questo: un tentativo di recuperare il contatto con quella “resistenza” che ci provoca dolore, ma che ci ancora alla vita, ci restituisce un mondo che non scivola via. È un invito a sentirsi di nuovo reali, a percepire l’attrito della nostra esistenza e, magari, a scoprire che sotto la superficie levigata del quotidiano, pulsa ancora il battito irregolare dell’umano.

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