Gli affilati giochi di parole di Jenny Holzer

Le provocazioni di Jenny Holzer stimolano l’osservatore a riflettere su temi temi sensibili come guerra, politica, violenza e morte.

Alzando il naso all’insù, svoltato un angolo qualsiasi nel cuore di Manhattan, potrebbe spuntarvi davanti una scritta del tipo “True freedom is frightful” (“La vera libertà è spaventosa”) stampata a caratteri cubitali sulla facciata di un edificio. Se vi dovesse capitare, sappiate che siete di fronte a un’opera d’arte realizzata da Jenny Holzer, una delle più note artiste concettuali americane, famosa per “battezzare” intere pareti di palazzi, teatri, piazze e spazi pubblici con enormi frasi provocatorie sulle fragilità che ci accompagnano nella vita di tutti i giorni. “Protect me from what I want” (“Proteggimi da ciò che voglio”), ad esempio, è una di queste, proiettata nel 1982 su led a Times Square per l’installazione “Spectacular Board”. Dagli anni settanta (insieme al gruppo di artisti Colab, fra i quali Basquiat), Jenny Holzer si occupa di arte concettuale tramite giochi di parole dai contenuti incisivi e profondi. La sua ricerca artistica, infatti, si concentra proprio sul linguaggio. Ad opera sua sono i “Truisms” (“Realtà ovvie”), diventati famosi negli anni ’70 anticipando il tipo di comunicazione che oggi chiamiamo guerriglia marketing. Si tratta di frasi brevissime, lunghe non più di una riga, che partono da aforismi noti fino a trasformarsi in provocazioni e riflessioni.

via Polinice

La sua è un’arte che per certi versi viene associata a quella di un’altra influente artista contemporanea come Barbara Kruger, a causa dell’uso delle parole come espressione artistica. Anche le provocazioni della Holzer, infatti, puntano ad aprire la mente dell’osservatore riguardo temi sensibili come guerra, politica, violenza e morte, che l’artista sceglie di rappresentare tramite parole disposte principalmente in spazi urbani, suo tratto distintivo. In un primo momento queste “verità ovvie” si sono diffuse su qualsiasi “tela” disposta il più vicino possibile alla strada, dove potevano scorrere sotto gli occhi di tutti ogni giorno: semplici t-shirt, cappellini, tabelloni dello stadio o della metro, volantini o confezioni di profilattici. L’arte pubblica di Barbara Kruger ha poi iniziato ad utilizzare insegne elettroniche a led, medium scelto perché, come ha spiegato lei stessa, “cambiava l’enfasi delle mie opere. Era come avere la voce dell’autorità che diceva qualcosa di diverso da quello che direbbe normalmente”

via Ikonltd

Jenny Holzer ha esposto la serie “Truism” lungo tutta la spirale interna del Solomon R. Guggenheim di New York nel 1989. E in altri musei come il Centre Pompidou di Parigi, il Whitney Museum of American Art di New York e l’ Oslo Museum of Contemporary Art. Nel 1990 ha rappresentato il Padiglione Americano alla Biennale di Venezia e ha vinto il Leone d’Oro con “Venice Installation”, truismi scolpiti su lapidi.

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