Come un’asta nel 1973 cambiò per sempre il mercato dell’arte

Quando il mercato dell’arte si è trasformato nel enorme business che conosciamo oggi?

Ce ne ha parlato Artsy nel suo articolo How the Scull Sale Changed the Art Market, che vi riproponiamo.

Miliardi di dollari che circolano nel mercato, sempre più diffuse “fiere-spettacolo”, aumento degli speculatori e marketing incessante delle case d’aste. Quando l’arte si è aperta a tutto questo? Il mercato dell’arte come lo conosciamo oggi, deve una buona parte delle sua “natura aggressiva” alle azioni di un certo Robert C. Scull, noto imprenditore dei taxi a New York, collezionista amante dell’Espressionismo astratto e Pop Art.

Il 18 ottobre 1973, durante un’asta da Sotheby Parke Bernet, Scull vendette 50 dei suoi migliori dipinti, in un’asta che annunciò l’inizio di una nuova era nel mondo dell’arte. Secondo Doug Woodham, autore del recente libro “Art Collecting Today”, l’asta in questione avrebbe aperto i battenti al mercato dell’arte di oggi, iper commercializzato e brandizzato. Da quel momento le case d’aste sentirono, da una parte, l’esigenza  di investire in marketing e pubblicità, e dall’altra di lanciare nuovi prezzi per artisti viventi e accelerare il dibattito sulle resale royalties per gli artisti.

Insomma, capire come l’asta di Scull si è allontanò dalla norma di allora può aiutare a comprendere come funziona il mercato oggi. Ecco tre modi in cui l’asta del 1973 ha contribuito a plasmare il mercato dell’arte come lo conosciamo ora.

Ethel e Robert Scull via <a href=httpswwwjstororg target= blank rel=noopener>wwwjstororg<a>

Prezzi record per artisti viventi e creazione di un brand

Innanzi tutto l’asta di Scull fece riconsiderare l’arte contemporanea e postbellica in termini di prezzo. Andy Warhol, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Franz Kline, Frank Stella: questi i nomi che Scull e sua moglie Ethel collezionarono molto prima che diventassero pietre miliari della storia dell’arte. Negli anni ’60 e ’70 erano ancora solo giovani brillanti promesse dell’arte, rappresentati da galleristi come il leggendario Leo Castelli e sua moglie Ileana Sonnabend. I prezzi delle loro opere erano irrisori – nel documentario The Mona Lisa Curse , si dice che Scull avesse pagato da $ 1.000 a $ 2000 in media per un Johns o un Rauschenberg.

“C’era una piccola base di acquirenti nel 1973 che ambiva a collezionare l’Espressionismo astratto e la Pop Art”, afferma Woodham. “Tutti conoscevano questi movimenti artistici, soprattutto la Pop Art, ma la gente non sapeva comprendere quel tipo d’arte e, i pochi estimatori non sapevano dove comprare quelle opere”.

L’asta del 1973 rappresentò una possibilità per acquistare le opere di quegli artisti. I risultati furono straordinari. All’asta, le opere furono vendute a prezzi quadruplicati rispetto a quelli di acquisto, raggiungendo un totale di 2,2 milioni di dollari, poco meno di 12 milioni di dollari di oggi. Un dipinto di Cy Twombly , ad esempio, fu venduto per $ 40.000, oltre 50 volte rispetto ai $ 750 pagati da Scull; mentre il dipinto di Jasper Johns, Double White Map , raggiunse i $ 240.000 quando Scull l’aveva comprato per $ 10.200. Queste erano vere e proprie vendite record per gli artisti viventi.

In questo modo l’evento ha, da una parte, brandizzato il nome di certi artisti che sono ancora oggi in cima alle classifiche degli artisti con le più alte prestazioni d’asta; dall’altra ha rivoluzionato l’intero campo dell’arte contemporanea creando la convinzione che facendo e comprando arte si potesse guadagnare molto denaro.

Robert Rauschenberg e Robert C Scull via <a href=httpswwwartsynet target= blank rel=noopener>wwwartsynet<a>

Marketing e pubblicità al centro

Scull era già noto come un brillante pubblicitario riguardo alla sua attività di servizio-taxi. Stava molto attento a curare la sua immagine e studiava strategie sempre più efficaci per promuovere la sua impresa. Volete una prova? Durante l’asta la moglie Ethel Scull entrò in sala con un lungo abito nero di Halston con il logo aziendale “Scull’s Angels” sul petto. Inoltre Scull fu il primo a finanziare un catalogo d’asta molto sontuoso, con più pagine piegate che illustravano le opere – cosa alquanto rara e anomala per la vendita di artisti viventi.

Le notizie sull’asta furono riportate e diffusa dalla CBS, con al seguito una troupe che filmava e documentava lo svolgersi dell’evento. Lo storico dell’arte Baruch Kirschenbaum sostiene che per la prima volta un’asta fu vista come evento mediatico.

“Il ragazzo sapeva come creare una macchina di marketing per supportare la sua attività e per promuovere il proprio marchio personale”, afferma Woodham. “E il mondo dell’arte ha visto l’auction di Scull e ha detto: Ecco come si fa!”.

Con i prezzi che raggiungono livelli altissimi, gli artisti hanno diritto a resale royalties che ancora oggi mancano

I nuovi prezzi raggiunti nell’asta di Scull erano davvero assurdi. L’opere intitolata Thaw di Rauschenberg , venduta a Scull per $ 900, fu rivenduta a $ 85.000. Indipendentemente dal fatto che la vendita abbia infastidito o deliziato gli artisti in questione, sicuramente ha avuto il merito di aver incentivato il dibattito sulle royalties che spettano agli artisti sulle rivendite delle loro opere. L’anno successivo, lo storico dell’arte Robert Hughes ha espresso sul Times l’esigenza di una legge statale obbligatoria, che tuteli i diritti degli artisti sulle rivendite delle proprie opere.

Tuttavia, quasi mezzo secolo dopo, ciò non è ancora avvenuto negli Stati Uniti, a parte il caso isolato della California, la cui risonanza è stata però minima.

Fonte: Artsy.net

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