Il peggior incubo per Zuckerberg & co arriva dal mondo dell’arte

Un nuovo progetto di Matteo Domenichetti vuole rivoluzionare la nostra visione dei social con delle proposte radicali.

Roberto Calasso è stato molto profetico quando in uno dei suoi ultimi libri, giocando con le parole, ha unito Dada e Big Data per una riflessione su quello che molti definiscono il capitalismo della sorveglianza. “Dada fu il momento della sconnessione universale, rivendicata e perseguita attraverso una sistematica abrasione del significato (…)” ha scritto in ‘L’innominabile attuale’ per poi aggiungere “Dataismo è il momento della connessione coatta, che sopprime tutto ciò che le sfugge e dove ogni soggetto diventa un fiero e irrilevante soldatino di silicio in un esercito…”.

Tutte le nostre attività online, monitorate e conservate, producono dati. Se in una prima fase le nostre interazioni non venivano sfruttate, oggi sono uno dei pilastri del funzionamento e della sopravvivenza di molte tech company. Con la data economy si vogliono prevedere, guidare, e perché no manipolare, tra le altre cose i nostri comportamenti di consumatori. Ma anche come elettori non siamo al sicuro da algoritmi e profilazioni. Ci siamo via via trasformati sempre più in prosumer, consumatori che producono, anche dati appunto. 

L’8 febbraio l’ANSA titolava “Meta potrebbe chiudere Facebook e Instagram in Europa”

Arriverà mai il momento che obbligherà, con le regole della Commissione Europea, la società di Zuckerberg a chiudere i battenti, sfrattandoci dalle nostre “case” virtuali? Probabilmente no. L’incubo per il fondatore di Meta e altri CEO potrebbe non venire dai decreti della politica, ma dall’arte

Matteo Domenichetti, fashion designer nel team di Gucci, ha presentato MyceliuMinds, un progetto curato da Milovan Farronato, direttore e curatore del Fiorucci Art Trust

I due protagonisti, in una serata svoltasi all’interno della Casa degli Artisti a Milano, hanno dato il via, con un talk performativo, a un percorso che vuole sensibilizzare e cambiare il nostro approccio all’uso dei social e di tutte le nostre residenze digitali.

Il dialogo performativo, tra Matteo Domenichetti e Milovan Farronato, ha svelato dati e numeri di un fiorente mercato economico, raccontato storie di repressione a opera di dittatori, spesso facilitati dai giganti del web, riportato alla memoria momenti cruenti e reso giustizia ad alcune vittime delle contraddizioni della nostra società digitale. Questa introduzione è stata particolarmente intensa ed è stata propedeutica per parlare di MiceliuMinds,  progetto di dissidenza e tecno-resistenza molto utile soprattutto in questi tempi.

<em> Courtesy MyceliuMinds<em>

Il progetto è stato presentato attraverso tre video, editi come se fossero prodotti da tre diverse note riviste, i cui nomi sono stati storpiati.  Nel primo video, della rivista Dogue, Mark Zuckerberg, interpretato dall’artista Sagg Napoli, racconta alla sua psicanalista di aver avuto un incubo scaturito dopo aver visto la pagina Instagram Canis_in_Somno. Qui un personaggio con la maschera di un cane chiamato P.O.  metteva in guardia ragazze e ragazzi dai rischi dell’inquinamento dell’ecosistema virtuale, dalla raccolta furtiva dei dati e dai conseguenti meccanismi di manipolazione da parte delle tech companies.

A questo primo video ne sono seguiti altri due in cui P. O e la sua ombra proponevano altrettante soluzioni alternative per sovvertire questa situazione. 

La prima soluzione scaturisce dal problema della profilazione, il meccanismo perverso che vorrebbe carpire da ogni utente gusti e preferenze in base alle scelte che si fanno  usando strumenti digitali. Ma cosa succederebbe se ciascuno di noi, come negli swingers club, decidesse di scambiare il proprio profilo social con quello di un’altra persona? Gli algoritmi si confonderebbero perché non troverebbero più la persona precedentemente profilata. Il capitalismo della sorveglianza proverebbe l’ebbrezza dell’imprevisto, della sorpresa e tutto si incepperebbe. 

Nella seconda soluzione si presenta Mycelium, una nuova macro-app al riparo dalla sorveglianza. La metafora è ispirata per l’appunto al micelio, il corpo labirintico dei funghi, uno speciale tessuto connettivo capace di collegare gli organismi viventi tra loro. Questa speciale app, come il micelio che è protetto nel sottosuolo, non solo ci permetterà di collegarci senza essere monitorati ma ci consentirebbe di avere collegamenti temporanei con connessioni fluide e con i feeds condivisi. 

Il progetto MyceliuMinds ha coinvolto l’artista Paolo Gonzato che ha dipinto lo scenario tridimensionale al cui interno è avvenuta la conversazione di presentazione. Altri artisti come Enrico David, Maria Loboda, Sergio Breviario, Prem Sahib, George Henry Longly, Mathilde Rosier, Sissi, Christian Holstad, Camille Henrot, Goshka Macuga, Christodoulos Panayiotou, Beatrice Marchi hanno realizzato i dodici poster che appaiono nel profilo di Canis_in_Somno. Inoltre l’artista Paulina Olowska ha dipinto l’architettura miceliare che collega le parti.

Il progetto dal giorno della presentazione si sta via via diffondendo e le prime pratiche di scambio digitale sono già state documentate. MyceliuMinds vuole mettere in discussione l’uso che spesso facciamo dei social e non solo con un approccio militante. Vuole tracciare nuovi percorsi all’uso della tecnologia e generare nuove pratiche di resistenza Vuole sovvertire le regole e magari creare quella sconnessione cui accennava Calasso nel suo libro. 

Non è quello che in molti cerchiamo nell’arte?

Cover Photo Credits: Courtesy MyceliuMinds

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