Gli artisti iraniani reagiscono e invitano alla solidarietà

Continuano le proteste per i diritti delle donne in Iran e gli artisti iraniani reagiscono invitando gli altri popoli alla solidarietà

«La gente non ha paura, ha una voglia matta di cambiare» afferma l’artista iraniana Nadis Najafi, 20 anni.

Si è tolta subito il suo hijab nero ed è andata a partecipare alle proteste che stanno scuotendo l’intera nazione mediorientale da quando Mahsa Amini, 22 anni, è morta sotto la custodia della polizia il 16 settembre scorso.

La polizia morale iraniana arrestò Amini con l’accusa di aver violato l’obbligo di hijab nel Paese.

Nadis Najafi morì pochi giorni dopo a causa di sei proiettili.

Un’ondata di immagini e filmati che ritraggono donne nell’intento di tagliarsi i capelli in pubblico, che si tolgono l’hijab e lo bruciano, stufe della violenza e delle politiche repressive del regime iraniano nei confronti delle donne, hanno fatto il giro di internet in poco tempo.

Gli artisti iraniani in silenzio per solidarietà ai protestanti

Anche i membri della scena artistica iraniana, da tempo nota per la sua vivacità e la sua continua sfida verso il regime islamico iraniano, stanno scendendo in piazza sia in Iran che nel mondo.

Gli artisti non partecipano più alla vita dell’arte contemporanea fatta di mostre, lezioni nelle scuole d’arte o agli eventi mondani, ma si dirigono verso le manifestazioni.

«Tutte le gallerie e le istituzioni artistiche sono chiuse a Teheran, dimostrando la maggior parte solidarietà con i manifestanti» ha dichiarato un artista di Teheran anonimo.

«Gli eventi sono stati cancellati, così come i corsi d’arte. Tutti sono impegnati nelle proteste» continua.

Un’importante gallerista, anch’essa in anonimo, ha dichiarato che la sua galleria funge da rifugio sicuro per le persone che scappano o si dirigono a protestare.

«Si rimane aperti ma non si faranno nuove mostre e si interromperà il nostro programma in solidarietà con il nostro popolo e in segno di protesta per la barbarie di cui siamo testimoni nelle strade» continua.

Dopo la morte di Mahsa Amini sette associazioni di artisti iraniani hanno emesso una condanna congiunta del suo attacco.

Artisti iraniani di spicco come Shirin Neshat, il cui lavoro si è a lungo concentrato sui diritti delle donne, hanno fatto eco ai sentimenti della diaspora iraniana.

La performance di Zehra Doğan

Lo scorso lunedì invece, l’artista e giornalista curda Zehra Doğan ha inscenato un’azione fuori dal consolato iraniano di Berlino, Germania, usando l’henné, capelli e sangue mestruale nella sua performance per mostrare il suo sostegno alle donne che protestano in Iran e a Rojhilat

«Quando ho visto per la prima volta i video delle donne che si tagliavano i capelli nelle città di tutto l’Iran, che ballavano intorno al falò, arrabbiate ma vive ed esultanti mi sono venuti i brividi» commenta l’artista Afruz Amighi, iraniana-americana con base a New York.

Il lavoro dell’artista di Teheran Negar Farajiani è prettamente legato all’esperienza di donna che vive in Iran e, anche se si stava recando a Los Angeles quando Amini è morta, ha notato come le proteste siano risuonate con un grido per i diritti delle donne in tutto il mondo.

«Quello che ha fatto Mahsa Amini, e che ora stanno facendo tutti gli altri sulla sua scia», commenta Afruz Amighi, «non è solo opporsi al regime islamico, ma anche a una visione del mondo secondo cui le donne devono essere controllate. Le persone che stanno resistendo in Iran sono le più vicine ai coltelli e stanno combattendo per tutti noi».

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