Bosa, piccolo borgo dell’oristanese sardo, all’inizio del ‘900 è un porto industrioso che si sviluppa lungo il fiume Temo. Una tradizione di mani sapienti la accompagna ormai silenziosamente da secoli: argentieri, muratori, mastri d’ascia, conciatori, insomma un popolo di artigiani che nella sua ars si unisce e fonda la sua identità. E’ in questo contesto che nasce una famiglia che sarà tra le più importanti per lo sviluppo dell’artigianato artistico dell’isola, dei veri e propri pionieri che hanno saputo sviluppare uno stile unico in diverse disciplina: i fratelli Melis.
E oggi la mostra “I fratelli Melis. Una famiglia d’arte nell’isola dei colori” organizzata nello splendido Antico Palazzo di Città a Cagliari, intende rendere il giusto omaggio a questi creativi visionari, ovvero Melkiorre, Federico, Pino e della sorella Olimpia, figli di commercianti di tessuti. Curata dal Professore Giorgio Pellegrini, la mostra espone sia opere provenienti da collezioni private che pubbliche, specialmente dl museo di Casa Deriu di Bosa.
La ceramica
Federico, allievo di Francesco Ciusa, uno dei maggiori scultori sardi del ‘900 mentre Melkiorre si forma a Roma dall’artista Duilio Cambellotti. La loro produzione, inizia con una ceramica che sa di africa, dai motivi tipicamente geometrici e floreali, ma anche simboli solari vandalici, punici e forse anche egiziani il tuo ripensato con gli occhi di un modernismo-Decò contemporaneo che si affaccia nel nuovo secolo. E’ sua infatti l’invenzione del motivo folkloristico della “pavoncella sarda”, un uccello stilizzato derivante dal prestigiosi vasi moreschi dell’Alhambra.
Ritornano quindi in auge le anfore, stavolta decorate in una maiolica che svecchia e ci restituisce una moderna bisanzio, fino alla ieraticità egitizzante senza tempo di “Sposa antica”, scultura apice della mostra, realizzata da Federico Melis. L’opera si erige per più di un metro di altezza, imponente e regale, potente riassunto di tradizioni che sancisce l’ingresso ufficiale e prepotente della ceramica sarda nel panorama nazionale, suscitando meraviglie e invidie alla Quadriennale d’Arte nel 1931 a Roma. Difficile descrivere l’operosità dei dettagli dell’abito tradizionale di Desulo a contatto con la luce, dalle cuffie fino alla decorazione della gonna e alle candide rose della scarpe, la sposa vive di una sua ricchezza sobria.
La pittura e la grafica
Le geometrie liberty di Cambellotti ritornano spesso nelle pitture di Melkiorre, che però le usa come una “gabbia” per intrappolare quella pennellata espressionista che non lascia spazio alla tridimensionalità. Le sue figure sarde e tradizionali infatti, non escono fuori dal quadro, sono una decorazione che non vuole essere tale, e forse questo anelito intrinseco conferisce ancora più di dramma alla rappresentazione, che comunque vive di una cromia fresca e irrequieta. Emblematica e bellissima, in questo senso, è la “Donna del Campidano”, una durissima tempera su compensato del 1956, dove il volto diventa una maschera apotropaica dalle rimembranze africane.
Diversa invece è la cifra stilistica del giovane Pino, che usa un naturalismo quasi onirico, visioni floreali, sottomarine e meditarrenee insieme a spunti religiosi, dove stavolta la tradizione sarda non entra, forse a causa di una volontà di distacco nei confronti degli altri due fratelli.
Olmpia e il filato, o meglio filet
Imprenditrice e finissima artigiana, Olimpia è forse colei che ha rischiato di più, ereditando l’attività di famiglia e specializzandosi in una tecnica di filato antichissima: il filet di Bosa. Arrivato in Sardegna nel medioevo attraverso i monaci umbri e toscani, il Filet è in realtà originario dell’Africa medio-orientale, la cui gestazione si perde tra Persia, Bisanzio ed Egitto. E’ presente dunque in mostra, all’ultimo piano e poggiato sulle cassepanche, un’opera di filet monocromo bianco, sembra di derivazione Saracena. Questa “riscoperta” creerà a Bosa una nuova classe di lavoratrici, più di 1500, interamente dedicate (chi individualmente e chi con Olimpia e Diodata Delitala), alla produzione del Filet, che diventerà un prodotto amato e ricercato in tutta Europa.
“I fratelli Melis. Una famiglia d’arte nell’isola dei colori” è dunque una mostra che vuole provare a rendere giustizia non solo ad una famiglia di egregi artigiani e maestri, ma anche ad una famiglia che ha affermato l’identità della Sardegna in campo nazionale e internazionale.