Si può chiudere il mare in una stanza? Probabilmente no, eppure Gianni Comes ci riesce da anni.
Ci troviamo a Monopoli, in provincia di Bari, un paese di quasi 50.000 abitanti che d’estate si riempie di turisti, pronti a disperdersi tra centro storico e lido.
La via che ci accoglie è stretta, bianca, come quelle di molte città del Sud Italia, è calda e ha il sapore delle cose dimenticate. L’atelier di Gianni si trova proprio in mezzo a tutto questo, in via Santa Maria 3. Dentro c’è lui, settant’anni, pittore, scultore e poeta. In una parola, artista. In un’altra, pescatore, per oltre cinquant’anni. È lui che, da quando ha abbandonato il mare e mollato gli ormeggi, ha deciso che di abbandonarlo non ne aveva nessuna voglia e ha aperto “Il mare nella stanza” per offrire agli altri quello che, durante una vita, hanno raccolto i suoi occhi, e seminarlo.
Intervistato per il podcast “Il Capodoglio”, Gianni racconta com’è nata la sua arte e, nel farlo, comincia da lontano. Parla di un bambino, nato e cresciuto in una famiglia di marinai, che non voleva fare il pescatore, ma a cui piacevano le barche. E con queste barche giocava, con le loro ombre sul mare, con le reti che usavano suo padre e suo fratello, con il riflesso del sole tra le onde, immaginando nuovi orizzonti.
“Il mare era una calamita”, dice. Ma non era la sola. “Sentivo l’arte dentro di me, non la sapevo spiegare”. Così cominciò a scrivere, a mettere insieme i pensieri, a farli diventare poesia, a trasformare in parola, senza preoccuparsi di eventuali errori ortografici – scherza – tutto ciò che lo circondava. E così guardava i pescherecci che si allontanavano, il volo dei gabbiani, la barca di suo padre che tornava dal mare, le sue mani affaticate e callose, e scopriva il sacrificio umano e la forza di chi, davanti all’indomabilità del mare, sopravvive.
“Noi siamo molecole del mare stesso”. E, da molecola, finì in mare anche lui, come gli altri uomini della sua famiglia, e con il tempo accettò di essere, oltre che un ragazzo attratto dalla natura delle cose, un marinaio. Sul mare costruì la sua vita, e giorno dopo giorno ne scoprì il linguaggio, i venti, le correnti, le luci e i colori. Scoprì anche le nuvole, il cielo, le notti di luna e il chiarore del suo riflesso sull’acqua.
In quei momenti, i giochi di fantasia che lo avevano accompagnato da bambino, prendono forma. “Vedevo le onde, i gabbiani, le nuvole che correvano e l’immensità della natura. Io volevo dipingere, ma non avevo niente. Dalla sala macchina ho preso degli stracci, li ho posati sulle cassette dei pesci e ho usato i colori che avanzavano nella barca, diluendoli con il carburante. Alla fine usciva qualcosa che assomigliava molto alla natura”.
«I miei quadri mi dicono: “Gianni, parla!”» e Gianni, da più di cinque anni, ha deciso che, oltre a parlare, avrebbe voluto anche farsi ascoltare. Non gli serviva gridare, neanche parlare ad alta voce, gli è bastato aprire una porta, perché dentro entrasse la luce.
Oggi, quella stanza, a cui si accede attraverso un uscio con delle ante blu, decorate da lui, racchiude tutto questo. E, ancor di più, racchiude la sua storia, la sua sensibilità, la sua necessità di esprimerla, il suo rapporto con la natura e il suo crescere in fusione con essa, sentendosene parte. “Tutti abbiamo una porta bellissima dentro, è solamente da spalancare“. Gianni ha spalancato la sua, davanti agli occhi fieri dei compaesani e a quelli curiosi dei turisti, mostrando che la bellezza è negli occhi di chi sa vederla e nel cuore di chi è disposto ad accettarla.
“Noi non siamo nessuno, siamo solo prestati alla nostra vita e con l’arte tramandiamo valori agli altri. È questa la sua bellezza assoluta. Io sono un uomo che viene dal mare. Sono stato prestato alla vita del marinaio e ho unito l’arte e la filosofia nella mia esistenza. Ho camminato per cinquant’anni sulle onde, ma la mia arte me la sono portata sempre dietro”.
Le sue parole sono cura, così come i suoi quadri, i suoi versi, le sue sculture. Si trova tutto lì, in via Santa Maria 3, a Monopoli, un paese di 50.000 abitanti, in provincia di Bari, a pochi passi dal mare.
E allora, si più chiudere il mare in una stanza? Forse sì. Gino Paoli ci aveva chiuso anche il cielo.