Salvate il soldato Jorit

Il ridicolo? È già stato seppellito da tempo. Oggi, mescolato al dramma di decine di migliaia di persone – soldati ucraini finiti in prima linea per difendere il proprio paese da un’aggressione brutale e ingiustificata, civili, sempre ucraini, cui tocca rischiare ogni giorno la morte sotto i bombardamenti russi, ma anche soldati russi che un regime autocratico manda a morire al fronte a bizzeffe –, ebbene, mescolato a questo dramma quotidiano c’è, come accade spesso nella storia, una buona dose di grottesco. E il grottesco è quello di chi, nei paesi europei, dove dovrebbero esserci, per storia e per cultura, anticorpi resistenti a qualsiasi capovolgimento della realtà in favore di teorie demenziali come quella che vedrebbe la Russia “minacciata” e “attaccata” dagli occidentali, e non, com’è sotto gli occhi di tutti, il contrario, continuano a operare distinguo, prese di distanza da chi, come oggi gli Ucraini, è semplicemente chiamato a difendere la propria terra e la propria gente, appelli pelosi alla “pace” senza però dire come e a che condizioni l’Ucraina alla pace dovrebbe appunto arrivare (concedendo, immaginiamo, a Putin una parte consistente del proprio territorio…).

Grottesco, dunque, purtroppo, sì. Ridicolo no, però, perché, da quando è iniziata l’invasione russa in Ucraina, c’è davvero poco da ridere (è notizia di oggi che uno dei tanti apprendisti stregoni che fanno la claque a Putin ce n’è uno che ha paventato la possibilità molto “realistica” che la guerra si allarghi in breve a tutt’Europa).

Eppure, se non c’è da ridere, una grossa dose di incredulità, mista a un mesto sorriso di imbarazzo, viene nel guardare le foto dello street artist napoletano Jorit Agoch, impegnato da tempo nel costellare di immensi murales i muri della sua città, e non solo di quella (i suoi soggetti, tutti, da Mandela a Che Guevara a Maradona, sono raffigurati dallo street artist con sul volto i segni di appartenenza alla razza umana, la cosiddetta “Human Tribe”), vederlo oggi, dunque, immortalato in Russia dai fotografi, su sua espressa richiesta, candidamente abbracciato al Presidente russo, uno che di libertà e di democrazia non si è proprio rivelato di essere un campione.

“Se è possibile Presidente, vorrei fare una foto con lei”, ha infatti detto l’artista napoletano a Putin durante il Festival della gioventù di Sochi (un festoso e democratico raduno dove si celebra la libertà di espressione, purché si sia tutti d’accordo col capo), “per dimostrare in Italia che è reale e umano come tutti noi, perché la propaganda dice cose non vere”. Sollecitato da una tale dose di adulazione da sfiorare la genuflessione (quando dice “è umano come tutti noi” sembra di sentire il ragionier Ugo Fantozzi che parla al Mega Direttore Galattico della sua azienda: “com’è umano lei!”), persino uno come Putin, che di solito allo scambio di battute preferisce il Novichok (l’agente nervino utilizzato dalle spie russe per far fuori i dissidenti e gli oppositori politici, ndr), ha voluto dimostrare il suo sense of humor rispondendogli: “In realtà siamo tutti persone, persone normali. Naturalmente, non mi darà un pizzicotto per assicurarsi che io sia reale?”. Applausi, risate e standing ovation per il Mega Presidente Galattico e il suo sponsor italiano.

Sì, è davvero un mesto spettacolo quello di un artista, uno che si è prodigato per portare l’arte per tutti non solo a Napoli (ha dipinto ovunque, da Cuba a San Francisco alla Cina passando per Cile, Argentina, Bolivia, Russia e Palestina), e che si riempie spesso la bocca di parole come “giustizia” e “libertà”, parlando appunto di “razza umana” per sottolineare che siamo tutti uguali e che “nessuno più al mondo deve essere sfruttato”, come recitava una celebre canzone di protesta, genuflettersi oggi di fronte a un autocrate che, tra omicidi di oppositori e di giornalisti scomodi, carcere per chi propugna idee o sentimenti contrari alla “moralità” della Russia putiniana (come la comunità LGBTQ+, che in Russia, forse Jorit se l’è dimenticato, è perseguitata), ha ampiamente dimostrato il suo “vero” volto.

Eppure, l’artista napoletano ha proseguito il suo concione, arrivando davvero non solo a lambire, ma a superare ampiamente le vette del grottesco: “La Russia e l’Italia sono unite da molti fattori”, ha detto lo street artist napoletano, “tra cui la lotta per l’indipendenza e il desiderio di libertà che gli italiani hanno sempre nel cuore”. “La lotta dell’Italia per l’indipendenza, Garibaldi”, gli ha risposto Putin, “questo ci ha sempre uniti. Gli italiani hanno sempre un desiderio di libertà nei loro cuori e questo significa che rispettate il desiderio degli altri popoli di fare le loro scelte e scegliere il loro destino”.

Come possa conciliare, Jorit, le parole “indipendenza” e “libertà” di fronte a un autocrate che sistematicamente le calpesta, non solo nel suo paese, ma anche oltreconfine, portando la guerra nel cuore dell’Europa a quasi un secolo di distanza dall’ultimo conflitto mondiale, è un mistero, e di quelli davvero difficili da risolvere. Che Putin se ne serva, fa parte del gioco: del resto, fake news, propaganda e mistificazioni sono alcune delle sue armi. Che lo faccia l’artista “libero” Jorit, il combattente di molte cause, il guerrigliero della bomboletta che ha scelto il nome di battaglia Agoch perché in qualche misterioso dialetto significherebbe “aprire gli occhi”, quello che nei suoi murales ha sempre voluto trasmettere simboli di inclusione, tolleranza, libertà, abbattimento dei pregiudizi – ebbene, questo fa davvero tristezza.

Ci piace pensare che abbia preso proprio un abbaglio, di quelli che a qualcuno, in momenti di estrema confusione, fanno a volte scambiare i lupi per agnelli, i lestofanti per onest’uomini, gli assassini per martiri. Vorremmo lanciare un appello, a chiunque ne abbia il potere: parenti, zie, mamme, amici, conoscenti, scugnizzi napoletani: salviamo Jorit, provando a riportare un po’ di chiarezza nel suo cervello. Putin non è Che Guevara, il suo motto non è “giustizia e libertà”, e l’FSB, il temibile servizio segreto russo, non è un’organizzazione di buoni samaritani. Salviamo Jorit, sì: soprattutto da se stesso.

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