La definizione che L’Enciclopedia dell’Economia delle Garzantine (o più semplicemente Wikipedia) dà del fenomeno della globalizzazione è quella di un fenomeno causato dall’intensificazione degli scambi economico-commerciali su scala mondiale con la conseguenza di una tendenzialmente sempre maggiore interdipendenza delle economie mondiali, ma anche dei sistemi sociali, culturali, politici e tecnologici.
Il concetto venne elaborato alla fine degli anni ’90 ma, se messo in questi termini, non descrive certamente un fenomeno assolutamente peculiare del XX secolo. Anzi. Un illustre antesignano lo possiamo rintracciare addirittura 4000 anni fa, quando in un’area geografica di certo non vasta quanto il mondo intero, ma dall’estensione sicuramente notevole, compresa tra il Mediterraneo e la Valle dell’Indo, si venne a creare quella che uno dei massimi orientalisti italiani (e mondiali), Mario Liverani, ha definito il “sistema regionale” del Vicino Oriente. Cosa voleva descrivere il professor Liverani con questa fortunata espressione?
Quella serie di relazioni e di rapporti politici, diplomatici, economici, commerciali, militari e via dicendo che si venne a costituire tra tutte le entità politiche affacciate sul Mare Egeo o dell’area mesopotamica, in particolar modo durante il II millennio a.C., e che finì per dar vita a una fitta rete di interconnessioni e di interdipendenze.
Il meccanismo di funzionamento di questo sistema è estremamente simile a quello alla base del fenomeno che tuttora viviamo in prima persona: nessuna delle numerose e variegate entità politiche che animano questa vastissima area geografica, né le superpotenze come l’Egitto o l’Impero Ittita, né le piccole compagini egee, levantine e mesopotamiche, possiede, all’interno dei propri confini, tutto ciò di cui necessita per la propria sussistenza e per il soddisfacimento dei propri bisogni. Ma se io manco di qualcosa, non è detto che valga lo stesso per i miei vicini. E allora che si fa? Molto semplicemente si stringono accordi politici, economici e commerciali, che molto spesso hanno la veste formale di accordi matrimoniali (con conseguente scambi di dote) o di benevoli omaggi, ma che nella sostanza seguono logiche meramente opportunistiche.
Per mettere su questa fitta rete di scambi di cosa c’è bisogno? Ovviamente di qualcuno che la intrecci formalmente, ed è così che si sviluppano le diplomazie, e di qualcun altro che la sviluppi concretamente, ed è così che si mettono in moto i mercanti. Con i mercanti, le loro navi e le loro carovane viaggiano, chiaramente, le merci e i materiali, ma viaggiano anche idee, linguaggi e credenze, ed ecco che quindi si crea un complicato sistema di interrelazioni e interconnessioni che improvvisamente rende il mondo un posto all’apparenza più piccolo, omogeneo e comprensibile.
Come sappiamo tutto questo? Beh, grazie al fatto che di tutta questa mole di relazioni tra compagini statali, allora come ora, si teneva scrupolosamente nota. Questa documentazione veniva conservata in sconfinati archivi, e tra essi, quello di una delle più celebri quanto enigmatiche città dell’Antico Egitto, la capitale del sovrano eretico Akhenaton, Akhetaten, oggi nota come Tell-El Amarna, o più semplicemente Amarna, ha restituito una quantità impressionante di informazioni, che per la ricostruzione storica sono come acqua nel deserto.
L’archivio di Amarna e la globalizzazione dell’Età del Bronzo lanciano, però, anche un monito. Il profondamente interconnesso mondo di allora, alla fine del II millennio, fu sconvolto da una serie di eventi che colpirono in maniera incisiva solo alcune di quelle potenze, ma a tal punto che tutto quel mondo di relazioni e fragili equilibri crollò improvvisamente e miseramente, come un grande castello di carte.
Imparare dalla Storia, però, non è decisamente una nostra prerogativa.
Se, però, vuoi scoprire qualcosa in più su Amarna e sul sistema regionale del Vicino Oriente, ascolta qui: