Non stiamo delirando, la questione è seria, dibattuta scientificamente, ma soprattutto amplia ulteriormente il fronte della speculazione filosofica: l’AI ha bisogno di avere un metabolismo biologico integrato, che le dia lo spirito di sopravvivenza, senza il quale non può realmente stabilire le priorità (il problema del buon senso, ovvero The Frame Problem) e comportarsi quindi in modo ragionevole.
Il problema di base nasce soprattutto quando l’AI, per mezzo della robotica, si muove fisicamente nel mondo, interagendo con esso. Il “frame problem” è stato posto da John McCarthy e Patrick J. Hayes nel 1969 ed è un problema a cavallo tra tecnologia e filosofia, sommariamente possiamo definirlo così: l’AI non può autonomamente stabilire le priorità (inquadramento, the frame) in una determinata situazione non predeterminata. Un tipico esempio è un’automobile autoguidata cui si rompono i freni in un sobborgo abitato, oppure un drone in avaria, dove dovrebbero andare a schiantarsi?
Il frame problem si pone anche in situazioni banali, come un robot-cameriere sollecitato contemporaneamente da vari clienti mentre sta svolgendo un compito, o altre situazioni quotidiane cui siamo abituati.
Possiamo anche definirlo come la difficoltà dell’AI a sviluppare il buon senso in situazioni totalmente nuove. Notiamo che il ricercatore Hitoshi Matsubara ha postulato che ogni agente con risorse computazionali finite (compresi gli umani) non potrà mai sviluppare un buon senso nella sua accezione più ampia, in sostanza ci sarà almeno un caso ove il buon senso non risulterà poi così buono. Il ricercatore tutto sommato non ha torto, intorno a noi notiamo molte persone che paiono tutt’altro che di buon senso… eppure la società procede apparentemente senza eccessivi rimpianti.
Abbiamo già parlato qua di Hubert Dreyfus e della sua critica all’AI; la sua critica si colloca pienamente nel quadro di Martin Heidegger (1889-1976) che sostiene la necessità (per l’esistenza, la filosofia e la stessa ontologia) di una realtà sensibile (fenomenologia). Egli fa una distinzione tra essere nel fatto e leggere del fatto, noi l’abbiamo chiamata “paura del lupo”: un conto è sapere che il lupo può mangiare un uomo, un conto è trovarmelo di fronte. Dreyfus sostiene che o una AI diviene “heideggeriana” o non sarà mai davvero intelligente, quindi l’AI deve essere immersa negli eventi e non solo a conoscenza degli eventi (Masahiro Morioka in Artificial Intelligence and Contemporary Philosophy).
Il metabolismo
Esiste un gruppo di ricercatori fautori del fatto che, affinché l’intelligenza artificiale possa risolvere il problema del buon senso, dovrebbe essere una sorta di “organismo” o forma di vita. Di fronte a difficoltà fatali ed alla opportunità di morte, gli organismi cercano di sopravvivere utilizzando ogni mezzo possibile. Gli organismi biologici possiedono tali capacità apperentemente innate. Questi ricercatori credono che queste capacità che gli organismi hanno per la sopravvivenza debbano costituire la base necessaria per la risoluzione del problema dell’AI.
Hans Jonas, che infatti fu discepolo di Heidegger, sottolineò l’importanza del concetto di “metabolismo” nel campo della filosofia della biologia, e questo concetto ha avuto una grande influenza sugli approcci sopra menzionati (The Phenomenon of Life: Toward a Philosophical Biology, 1966). Secondo Jonas, identità e libertà sono correlate, la “libertà” sarebbe emersa quando i microbi antichi, dotati di membrane cellulari, apparvero sulla Terra. Questi microbi assorbono nutrimento attraverso la membrana ed espellono rifiuti attraverso la stessa.
Grazie a questo continuo processo di assorbimento ed emissione di minuscole particelle attraverso la membrana, i microbi possono mantenere la loro vita. Col passare del tempo, tutte le molecole che formano la cellula vengono sostituiti, tuttavia, la cellula vivente mantiene la sua identità, esiste. Jonas individua in questo la differenziazione della vita dalla dimensione della materia. Questa liberazione, secondo Jonas, è la “libertà” che la forma di vita acquisisce, diventando (ontologicamente) esistente.
Potremmo quindi postulare che: senza metabolismo non può esserci libertà di esistere (Jonas), non può esserci fenomelogia (Heidegger), quindi non può esserci buon senso e intelligenza (Dreyfus). La nuova frontiera della ricerca per l’AI è quella di tornare indietro ai batteri e capire come la vita si sia sviluppata da forme così semplici.
Bibliografia:
Hubert L. Dreyfus, Why Heideggerian AI Failed and How Fixing it Would Require Making it More Heideggerian, Philosophical Psychology, 2007.
Masahiro Morioka, Artificial Intelligence and Contemporary Philosophy, Journal of
Philosophy of Life, Vol.13, No.1 (29-43), January 2023.
Michael Wheeler, Cognition in Context: Phenomenology, Situated Robotics and the Frame Problem, International Journal of Philosophical Studies, (16-3:323-349) 2008.
le puntate precedenti di queste riflessioni su coscienza, pensiero filolosofico e intelligenza artificiale le potete trovare qua:
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