Una Boccata d’Arte, fino al 29 settembre 2024, si conferma un’occasione di dialogo e incontro tra arte e comunità locali. Venti gli artisti e le artiste coinvolte, così come venti i borghi scelti per l’edizione di quest’anno, uno per ogni regione della penisola.
“Con l’aiuto dell’arte, i borghi diventano non solo custodi di memorie ma anche vivaci laboratori creativi, dove il passato incontra il futuro in maniera sorprendente”.
Dopo le tappe in Nord Italia, ecco i borghi della zona centrale dello stivale.
Gioia dei Marsi, Abruzzo
“Dare voce alle memorie sommerse sotto le acque del lago” è il punto di partenza del progetto di Agostino Quaranta. Il lago a cui ci si riferisce è il lago Fucino, un tempo il terzo bacino idrico più ampio d’Italia, poi, dopo essere stato prosciugato a scopo agricolo, scenario di alcune importanti lotte contadine del secondo dopoguerra. Oggi, intorno a questo luogo, regna il mistero, insieme a un forte senso di ricordo.
Interrogandosi sul rapporto tra natura, esseri viventi e mezzi di produzione, Quaranta ha elaborato tre interventi distribuiti all’interno del paese: Opifex, un’opera video collocata in un ex locale commerciale, che indaga le conseguenze del prosciugamento del lago sul paese, a livello immaginifico; vari banner che rappresentano vedute della piana del Fucino create attraverso la modellazione 3D e una serie di render che presentano il lago come se ci fosse ancora.
Bassiano, Lazio
L’artista che ha lavorato per il borgo laziale è Elena Rivoltini, che ha deciso di riflettere “sui concetti di archivio, voce, cura e comunità”. Al centro dell’installazione c’è il suono, inteso come custode di voci e memorie, che viene proposto attraverso la stampa di un vinile, a cui tutta la comunità è invitata a partecipare. Il progetto prevede la realizzazione di un’esperienza sonora collettiva, allestita nell’Ex chiesa di Santa Maria, nel centro storico del borgo.
Archive of Voices (“Archivio di voci”) è un progetto che prende forma nel tempo. Dal giorno dell’inaugurazione fino a settembre, il lato B del vinile si comporrà attraverso “visite dell’artista al borgo e pratiche collettive come field recording partecipato, soundwalk, la preparazione di un pasto e sessione di registrazione nelle case degli abitanti”. Mentre il lato A del vinile si presenta al pubblico pronto per essere ascoltato, il retro è una storia ancora tutta da “registrare”.
San Ginesio, Marche
San Ginesio è ciò che resta dal devasto causato dal terremoto che nel 2016 ha sconvolto il Centro Italia: un borgo dal grande passato, con un ricco patrimonio storico artistico, oggi inagibile quasi del tutto. “Quasi”, perché qualcosa è ancora visibile. Si tratta di alcune opere pittoriche e rilievi scultorei presenti sulle facciate degli edifici, da anni crepate e puntellate per evitarne il crollo definitivo. Caterina Morigi è partita da queste testimonianze, attratta da una “sorta di pala d’altare che deve la forma alla facciata, gotico fiorito-fiammeggiante della chiesa principale di San Ginesio, la Collegiata di Santa Maria Assunta”.
Decisa a rimanipolarne i materiali, l’artista ha avviato una collaborazione con un’azienda storica locale. In questo esperimento, marmo ed elementi figurativi si fondono, declinandosi in forme nuove, libere e pop. Come l’iceberg che esce fuori dall’acqua è solo la punta dell’intera struttura, così l’opera dell’artista mostra solo ciò che si può vedere, celando all’interno, tra pannelli di legno e impalcature, ciò che, nascosto all’occhio umano, rimane la più grande ricchezza del borgo marchigiano.
Guardialfiera, Molise
Guardialfiera, comune italiano di 950 abitanti, situato nella provincia di Campobasso, si trova nel punto in cui la valle del Biferno diventa lago. È un borgo millenario, che da secoli affascina e attrae abitanti e forestieri. Di questi, fa parte anche Beatriz de Rijke, artista che ha reso la Cattedrale Maria Assunta – chiesa intorno al quale si è sviluppato il paese – fulcro della sua ricerca. Danneggiata più volte nei secoli, a causa di crolli e terremoti, e sempre ricostruita, oggi l’edificio appare armoniosamente decorato da pietre di diversi periodi.
The Sacred Ordinary (“Il sacro ordinario”) è un lavoro in tre atti che si fonda sul rapporto tra sacro e profano, santità e ordinarietà, partendo da oggetti della vita quotidiana, simboli di relazioni più profonde e complesse.
Gli oggetti, selezionati nello spazio pubblico nei dintorni della chiesa, sono stati ricreati dall’artista in ceramica, affinché fosse possibile interagire con essi. Consegnati poi agli abitanti, le riproduzioni sono diventate parte di un dialogo attivo con i residenti, testimoniato dagli scatti fotografici realizzati dell’artista.
Altri due dettagli rendono l’esperienza di avvicinamento al borgo ancora più unica: un brano musicale, unione di voci e testimonianze, e una scultura in resina trasparente che incorpora le repliche degli oggetti in ceramica, incastonata in un vicolo del borgo. Quest’ultima, come accade a Motta Filocastro, consente al pubblico di guardare verso due direzioni: da una parte, alla storia del paese; dall’altra, alla valle.
Serre di Rapolano, Toscana
È dal passato che parte l’iniziativa dell’artista Villiam Miklos Andersen che, recuperando la memoria di alcune attività costrette alla chiusura e all’oblio, ha deciso di rimetterle in funzione, riaprendole al pubblico per tutta l’estate. Ingresso libero notte e giorno.
È questa l’idea che conduce all’apertura di una nuova latteria nel paese, con un’insegna luminosa che recita Rock Hard Milk (cioè “Latte duro come la roccia”) e simboleggia l’attaccamento quasi viscerale della popolazione alla roccia, elemento presente in tutti gli edifici del borgo.
Le sculture, realizzate in legno in collaborazione con una segheria locale, sono le copie di una delle slot machine, con sgabelli, del Roby’s Bar, punto di ritrovo e simbolo della comunità serrigiana. Lo scopo è promuovere un’esperienza sensoriale che stimoli alla riflessione sul rapporto tra singolo e comunità, tra privato e pubblico, tra sfera personale e condivisione.
Otricoli, Umbria
Ode De Kort presenta nel borgo una scultura cinetica, composta principalmente da due parentesi metalliche che, mosse dal vento, delineando traiettorie circolari, circoscrivono il paesaggio e il cielo. L’artista vuole invitare a riflettere sul “significato dei segni alfabetici e su come questo possa variare tra un numero infinito di possibili interpretazioni”.
Allo spettatore, spinto alla contemplazione, è lasciata la libertà di dare sfogo all’immaginazione. Si può partire dalla forma della punteggiatura, sedersi su una virgola, fermarsi a riflettere e decidere di aprire un’altra parentesi, che porti più lontano del luogo fisico in cui ci si trova, e lasciarla aperta finché se ne abbia voglia e tempo. Oppure si può decidere di chiudere la parentesi che c’è. O ancora di lasciarla così com’è, aggiungendoci dei puntini di sospensione, per rimandare la decisione a più tardi.
De Kort utilizza la rigidità della grammatica per mostrare quanto ci sia di elastico nella concretezza, così come nella scienza, e quanto affascinanti e varie possano essere le possibilità espressive e i risultati che ne derivano. In questo modo, il segno, da forma, diviene sostanza, generatrice di significati, pensieri e vita.