Il mondo della street art era inizialmente relegabile ad una certa cultura underground, parallela al mondo dell’arte istituzionale e ufficiale, quindi diversa per intenti e ambienti (nessun permesso, nessun luogo convenzionale), era pensata come pubblica e deperibile.
Negli anni, gli street artist si sono ammorbiditi anche per il notevole interesse che questa forma d’arte ha saputo attrarre e quindi molti di loro operano adesso quasi unicamente all’interno di festival istituzionali o si esibiscono in mostre a tema nei luoghi deputati all’arte, quindi non più accessibili e gratuiti per tutti.
Non il nostro Zep che continua imperterrito a usare la strada come luogo unico per i suoi lavori, anzi il suo è stato un percorso al contrario. Ha iniziato a esporre i suoi lavori in gallerie, ma ad un certo punto ha preferito la strada, come racconta lui stesso “è stato un colpo di fulmine, un innamoramento, sono stato invitato a Barcellona per un festival di Paste-Up e da allora non l’ho più abbandonato”.
La Paste-up, o poster art, è una tecnica appartenente al mondo della street art, mediante la quale un artista realizza in studio un dipinto su carta che, in seguito, attaccherà in giro sui muri delle città.
Abbiamo sentito parlare di Zep una sera di primavera, quando per la trafficatissima via di China Town a Milano attaccava il suo manifesto dedicato a Jannacci in occasione del compleanno dell’eclettico artista milanese, “Jannacci, per me era un genio – ci dice ancora Zep – è un omaggio alla musica che dice qualcosa che manda un messaggio chiaro. Dopo le polemiche Sanremesi su Ghali, che apprezzo molto proprio perché anche lui manda con la sua arte messaggi chiari, ho portato in giro il manifesto con il suo viso. Condivido la sua angoscia e preoccupazione per il popolo palestinese”.
E allora in una calda mattina di agosto lo abbiamo incontrato in una Milano ormai quasi semideserta e lo abbiamo accompagnato in uno dei suoi giri ad attaccare le sue opere. Il quartiere scelto, viale Aretusa a Milano, non è casuale, è periferico, degradato abbandonato a sé stesso, case popolari fatiscenti e spazzatura ovunque.
Il quartiere è stato scelto da Zep proprio per porre l’accento su questi posti dimenticati dove le persone vivono in condizioni precarie e si parla di loro solo per fatti di cronaca.
I manifesti scelti per questa giornata, sono Amal (speranza in arabo) e Un toit = un droit (un tetto = un diritto), li abbiamo attaccati (dico li abbiamo perché comunque siamo stati partecipi di questa giornata) in luoghi simbolo di degrado assoluto.
Nel frattempo che i manifesti vengono attaccati Zep ci racconta la visione del suo lavoro.
“Mi piace che li veda più gente possibile, per me l’arte è sociale, è politica. Non siamo più nel Rinascimento, dove l’arte era commissionata. Secondo me chi fa arte deve essere impegnato proprio a livello sociale, a livello politico. Deve toccare i temi che riguardano tutti, tutti i giorni. In questo quartiere, ad esempio, dove siamo oggi, le persone vivono realmente il disagio che io vorrei esprimere nei miei lavori. E la paste-up è proprio una tecnica che avvicina alla gente, inoltre sono lavori che si perdono sia per azione degli agenti atmosferici, ma anche perché verranno rovinati strappati e, quindi, vivono la strada, quella vera. Mi piacerebbe tornare in questo quartiere con i nuovi lavori che sto preparando, che parlano di Palestina, di senza tetto e di Africa. Temi a me molto cari”.
Zep è un artista, che non ama comparire, e quindi la sua identità rimarrà nascosta come nella migliore tradizione della street art.
E allora, non ci resta che aspettare i nuovi lavori, che ci porteranno a guardare senza filtri i problemi che affliggono non solo Milano, ma tutto il mondo dimenticato.