Sara Forte, verbanese di nascita, è un aritsta che sperimenta con varie tecniche: dal disegno con grafite, all’incisione a punta secca, maniera nera e acquaforte, approdando alle soluzioni ad olio e ad acrilico. Ma non solo: anche il Vetro di Murano, scoperto durante un soggiorno a Venezia, è tra i suoi materiali prediletti. Il prossimo 5 settembre la sua mostra “Fragile” approderà a “Il lusso della semplicità”, il ristorante di Alessandro Borghese sul Canal Grande a Venezia.
In questa intervista esclusiva ci racconta il suo percorso artistico.
Guardando i tuoi lavori si percepisce una continua ricerca, come l’alchimista che trasforma il piombo in oro, tu trasformi un materiale povero e di scarto in opere d’arte. Uno dei materiali che utilizzi nei tuoi lavori infatti è il silicio, un semiconduttore puro. La forma circolare dei dischi di silicio aggiunge ai tuoi dipinti una dimensione plastica e spaziale: come sei arrivata a questo materiale?
Ho da sempre avuto una sorta di ossessione per i materiali. Fin da bambina mi piaceva giocare con colle, carte e stoffe di vario tipo con il fine di creare i “miei giochi”.
Negli anni ho sviluppato una ricerca sulla comunicazione che implicava l’inserimento di estratti di giornali di vario tipo come pagine gialle, elenchi del telefono, quotidiani, giornali per annunci, come fondi sulle tele. Mi piaceva l’idea che si potessero vedere e intravedere pezzi di parole e frasi, il tutto con estrema casualità.
In quanto esseri umani abbiamo la necessità di comunicare costantemente ed oggi questa comunicazione verte, si può dire ormai esclusivamente, sui supporti tecnologici di cui tutti facciamo uso. Smartphone, tablet e computer sono i protagonisti indiscussi del nostro dialogare contemporaneo e il Silicio serve a produrne i microchip.
I dischi di Silicio che utilizzo nel mio lavoro rappresentano concettualmente il materiale principe di questa comunicazione.
Prendere un elemento così prezioso e necessario per l’uomo oggi, portarlo alla luce, decontestualizzarlo, dipingerlo ad olio e renderlo protagonista in arte è stato un passaggio definitivo della mia ricerca che mi ha permesso di trovare una regia via di accesso per passare dalla bi-dimensione alla tri-dimensione del quadro.
Ogni opera ha come titolo la sigla “SI” con il suo numero progressivo, che è la sigla del Silicio nella Tavola Periodica degli Elementi sulla base del loro numero atomico e del numero di elettroni presenti negli orbitali atomici.
La geometria, (cerchi, semicerchi, triangoli e trapezi irregolari) dà ai tuoi lavori rigore ed eleganza. Qual è il significato che assumono queste forme nel tuo percorso?
Ho sempre pensato che tutto ciò che ci circonda sia geometria. Anche per lo studio del disegno del corpo umano si usano le forme geometriche.
Dopo alcuni anni di lavoro figurativo su tela, carta e lastre per incisione, ho deciso di ritornare alle origini con il fine ultimo di formulare un linguaggio nuovo, personale e riconoscibile.
Nelle tue recenti produzioni è indiscusso protagonista il vetro, che utilizzi con maestria sia negli innesti nei quadri della serie Kòsmos, sia nelle sculture ispirate alle città invisibili di Italo Calvino. Perché hai scelto di affidare il tuo lavoro a questo materiale?
Il vetro è per me da sempre un materiale unico e affascinante che rappresenta, come nessun altro, la metafora della vita: fragile, trasparente e capace di prestarsi a tante soluzioni.
Lucido, opaco, stratificato, il vetro artistico di Murano è un fiore all’occhiello del nostro paese nel mondo che regala giochi di luce e colori assolutamente unici con una base chiaramente realistica dalla quale si ricava anche la possibilità di qualsiasi gesto astratto.
Perché le Città invisibili di Calvino?
Oltre dieci anni fa mi è ricapitato fra le mani il libro di Calvino che ho deciso di portare con me in un viaggio in solitaria di una settimana a Venezia.
Viaggiando tra canali e calli e leggendo i dialoghi tra Kublai Khan e Marco Polo riguardo le descrizioni delle città immaginifiche che egli sapientemente raccontava, si sono configurate nella mia testa quelle forme. Ho così cominciato un lungo pellegrinaggio nell’isola di Murano, dove sono custoditi i millenari segreti del vetro e sono entrata in contatto con la realtà delle fornaci. Ho avuto, negli anni, il privilegio di conoscere e di collaborare con i più importanti Maestri vetrai del mondo per la realizzazione delle mie sculture, tutti pezzi unici, che si articolano su immagini di città felici e visionarie. Figure filiformi che, grazie alla tecnica della Murrina, assumono forme oniriche che oltrepassano il reale.
Dopotutto, come scrisse Calvino “le città sono come i sogni, costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli e ogni cosa ne nasconde un’altra”.
La serie Kòsmos, è composta da 12 quadri, numero che indica la pienezza umana, e che ricorre nella storia già dalle 12 tribù di Israele. Qual è il significato che gli attribuisci?
L’idea della serie Kòsmos è nata durante il periodo di chiusura a causa della pandemia e rappresenta i 12 mesi dell’anno che ho voluto rappresentare con una luce nuova e non pessimista. Sono pitture ad olio eseguite su legno di pioppo a cui ho aggiunto, secondo l’antica tecnica manuale dello specchio veneziano, degli elementi in vetro di Murano.
Questa serie limitata di opere rappresenta l’unione delle tecniche che più amo: il colore ad olio e il vetro di Murano.
La tua ultima mostra pubblica al palazzo della Regione Lombardia si intitolava “Fragile”, come la vita, come la bellezza, e come le tue opere fatte con questo materiale, che ricorda la fragilità del mondo. È questo ciò che volevi comunicare?
“Fragile” è stata una delle mie più importanti e impegnative mostre istituzionali, per l’occasione la Regione Lombardia ha creato un catalogo antologico di tutto il mio lavoro con testo critico di Angelo Crespi.
Il titolo rappresenta tuttora per me il tema della fragilità del nostro tempo che si riverbera sulle nostre vite e nel nostro agglomerato urbano, stiamo vivendo un periodo storico particolarmente precario dove gli equilibri geo politici vacillano e la precarietà delle persone è sempre più evidente.
La tua è una ricerca costante cosa dobbiamo aspettarci di nuovo, hai già qualcosa in mente?
Ho in programma un progetto del tutto nuovo dove realizzerò una serie limitata di gioielli pezzi unici presso un importante laboratorio marchigiano.
Venezia è ormai diventata la tua città di adozione, dove ti rechi per dare forma ai tuoi progetti e alle tue sculture, a settembre saranno esposte nel nuovo ristorante di Alessandro Borghese, come è nata questa collaborazione?
Alessandro Borghese, oltre ad essere un importante chef ed un istrionico personaggio televisivo, è anche un grande amante dell’arte e ospita spesso mostre, sia nel suo locale di Milano sia a Venezia, di artisti nazionali ed internazionali.
Considerato il mio lavoro, Venezia rappresenta la sede giusta per l’apertura post estiva.