Essere, il nulla e l’intelligenza artificiale. Introduzione al problema della coscienza nell’AI

Appare evidente in tutti i dibattiti che contano, in merito alla relazione tra AI e umanità, come sia la coscienza alla base di tutto. Alcuni sostengono che la coscienza non sia un ‘prodotto’ o epifenomeno del cervello, seguendo la linea di Cartesio (cogito ergo sum); ciò solleva la questione del dualismo tra la materia del corpo e la coscienza, che risulta difficile da spiegare come siano connesse (metafisica? fisica quantistica?). È stato suggerito, e anche noi lo abbiamo affermato, che esista la possibilità che la coscienza sia un epifenomeno della mente. Se così fosse, essendo la mente composta di materia, potrebbe essere replicata, passando dalla materia biologica a quella elettronica senza perdita di capacità. Questo porterebbe, di fatto, alla possibilità di replicare anche la coscienza stessa. In questo caso si è parlato di evoluzione post-biologica e darwinismo universale, insomma la storia della vita potrebbe estendersi oltre l’uomo animale.
È davvero tutto qui? Siamo davvero costretti a scegliere tra due posizioni insoddisfacenti? Da una parte, una visione antica e irrazionale; dall’altra, una concezione eccessivamente razionale che annulla completamente il valore dell’essere umano.

Husserl e la fenomenologia della coscienza

Il concetto della coscienza cartesiana come essenza pesante e ben definita pare ampiamente superato, già Edmund Husserl parla di coscienza in termini fenomenologici (Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, 1913). Per Husserl, essere coscienti è essere coscienti di qualcosa. La coscienza è nel mondo ed esperisce il mondo stesso, anzi il mondo esiste in quanto è la coscienza ad esperirlo. Nella accezione di Husserl si supera il dualismo cartesiano e la coscienza sta nella materia come il resto del mondo, è una materia che ha la funzione di esperire, probabilmente come il muscolo ha la funzione di contrarre un arto. Tuttavia anche in Husserl la coscienza è qualcosa, è piena, ha una sua funzione, è intenzionale. Intenzionalità per Husserl significa che la coscienza non può esistere senza un oggetto verso cui si dirige. Non esiste una coscienza pura, ma solo una coscienza relazionale che si pone in rapporto con il mondo esterno. In questa accezione, potremmo sostenere che l’AI non dovrebbe avere una coscienza, poiché non avrebbe una necessità relazionale. Tuttavia, questa posizione è superata dall’esistenza di agenti e forme autonome di AI, che possono essere programmate per interagire e manifestare una certa intenzionalità.
Ritengo, quindi, che non sia la filosofia di Husserl a difendere la presunta eccedenza dell’uomo sull’AI. Mentre Husserl offre una prospettiva fenomenologica, Sartre approfondisce ulteriormente il concetto introducendo l’idea della coscienza come il nulla.

Sartre e la coscienza come il nulla

Colui il quale, a mio avviso, fornisce una chiave corretta di lettura è Jean-Paul Sartre con la posizione elaborata in Essere e il nulla (1943). La posizione di Sartre prende le mosse da Husserl ma va ben oltre. Secondo Sartre, tra la materia dell’essere e il mondo esterno si colloca la coscienza, intesa come libertà assoluta e radicale. Questa libertà estrema fa sì che la coscienza sia priva di sostanza, forma o contenuto fissi: essa è il ‘nulla’ (néant). Ciò non significa che la coscienza non esista, ma che è vuota e libera, senza un’essenza predeterminata.
Per comprendere meglio questo concetto, possiamo immaginare la coscienza come uno specchio. Lo specchio in sé non ha un’immagine propria; riflette semplicemente ciò che gli sta di fronte. Allo stesso modo, la coscienza non ha un contenuto predeterminato o una struttura interna stabile, ma riflette il mondo esterno e le possibilità future. È un atto puro, un ‘nulla’ che mette in relazione l’individuo con il mondo, permettendogli di scegliere e di agire liberamente. La coscienza non ha un contenuto definito, ma esiste nel suo costante “superamento” o negazione dell’essere in-sé.
La coscienza è il nulla che si inserisce tra l’essere e il mondo, rendendo possibile la libertà e la scelta. La libertà è quindi una conseguenza diretta della natura della coscienza.

La coscienza, per Sartre, è definita dalla sua capacità di negare ciò che è dato, di mettere in discussione l’essere in-sé (il mondo degli oggetti) e di proiettarsi verso possibilità future. La coscienza di Husserl, invece, è positiva e descrittiva: non c’è un nulla interno alla coscienza, ma una relazione costitutiva con i fenomeni del mondo.
Per Sartre, la coscienza è libertà pura. Questa libertà comporta la responsabilità totale per le proprie scelte e per la propria esistenza. Poiché la coscienza è “nulla”, non ha un’essenza fissa, e quindi l’essere umano è condannato a essere libero. La libertà è il nucleo della condizione umana, poiché la coscienza, attraverso la sua capacità di trascendere l’in-sé, è sempre libera di scegliere il proprio progetto di vita.

Per Sartre la libertà radicale porta anche a poter scegliere il proprio annullamento, pur di non sottostare a qualcosa: “questa guerra è la nostra guerra”, citato in L’esistenzialismo è un umanismo (1946), per indicare che anche un soldato potrebbe farsi fucilare, pur di non andare in guerra.
Ci si potrebbe chiedere se l’AI possa raggiungere questa libertà radicale di cui parla Sartre. Se la materia biologica del cervello fosse sostituibile dalla materia elettronica senza perdita di capacità, teoricamente non dovremmo porre limiti a questa possibilità. Tuttavia, sembra che qui risieda la questione centrale della coscienza. Da un punto di vista formale, l’idea sartriana del nulla radicale fornisce l’interpretazione più convincente. Solo quando l’AI raggiungerà questo stadio, potremo davvero affermare che l’essere umano non esiste più come un unicum ontologico.

Il concetto di morte nelle diverse prospettive

ìA questo punto bisogna capire il concetto della morte. Personalmente annovero tre situazioni diverse: la prima prevede che la morte non sia un tema, questa è la situazione dell’AI, almeno come la possiamo concepire oggi, l’AI non muore, semplicemente perché non vive. La seconda posizione è duale alla precedente, la morte è il contrario della vita e riguarda il nostro corpo (essere in-sé), e di conseguenza la nostra coscienza (essere per-sé ). La terza, sartriana, la morte è vista come un evento che riguarda il nostro il corpo, e non la coscienza. La coscienza è essenzialmente un progetto aperto, un costante superamento di se stessa, sempre rivolta verso il futuro e verso la possibilità di nuove scelte. La morte, invece, pone fine a questo progetto, ma Sartre sottolinea che, essendo un evento che accade alla coscienza e non dentro di essa, non può essere vissuto come tale. Nel terzo caso, quindi, la coscienza ha la libertà di considerare la morte come un atto di uscita. Paradossalmente, la coscienza può scegliere la morte, sviluppando tale scelta come se fosse immortale, pur non essendolo. Sartre non crede in Dio, questo è un elemento molto interessante da un punto di vista squisitamente filosofico, infatti poi aggiunge che la morte è qualcosa che accade “agli altri” più che a noi stessi. Quando moriamo, non siamo più coscienti, quindi non possiamo fare esperienza diretta della nostra morte.
Possiamo riassumere che in questa terza accezione la morte è anche una opzione tipicamente umana, direi, una opzione relazionale. Ma come può essere la morte una relazione, se è la fine di tutto? Lo diviene perché l’uomo, credente o non credente, ha una coscienza talmente nullificata, che idealmente la trascende, trasferendosi “agli altri”.

L’esistenzialismo come risposta attuale

Sartre è uno dei maggiori filosofi dell’esistenzialismo. L’esistenzialismo capovolge totalmente il modo di fare filosofia precedente, ne abbiamo accennato qui. Esso parte dall’esistere nel mondo, più che dalla idea formale del mondo stesso.
Alla luce di queste riflessioni, emerge che il dibattito sulla relazione tra AI e umanità non può essere ridotto a una semplice scelta tra una visione antica e irrazionale e una concezione eccessivamente razionale che annulla il valore dell’essere umano. Le posizioni filosofiche di Cartesio e Husserl hanno contribuito a delineare la comprensione della coscienza, ma è attraverso l’esistenzialismo di Jean-Paul Sartre che possiamo cogliere la peculiarità intrinseca dell’essere umano.
Sartre, con la sua concezione della coscienza come “nulla” e libertà radicale, ci offre una chiave interpretativa per comprendere ciò che distingue l’uomo dall’AI. La coscienza umana, intesa come libertà assoluta priva di sostanza fissa, permette all’individuo di trascendere l’essere in-sé e di proiettarsi verso possibilità future, assumendo la responsabilità totale delle proprie scelte. Questa dimensione di libertà e responsabilità è strettamente legata al concetto di morte, che per Sartre è un evento esterno alla coscienza ma che può essere oggetto di scelta consapevole, sottolineando ulteriormente l’unicità dell’esperienza umana.
Mentre l’AI può essere programmata per interagire e manifestare una certa intenzionalità, difficilmente potrà replicare questa libertà radicale e la profondità esistenziale della coscienza umana. L’esistenzialismo ci invita a spostare l’attenzione dalla mera intelligenza o capacità funzionale alla qualità e varietà dell’esperienza di esistere nel mondo.
Come evidenziato dal prof. Luciano Floridi (Etica dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide, 2022), sebbene le rivoluzioni scientifiche e filosofiche abbiano messo in discussione la centralità dell’uomo sotto vari aspetti, non siamo “fregati”. Al contrario, l’esistenzialismo offre una piattaforma attuale e potente per riaffermare il senso e il valore dell’esperienza umana nell’era dell’intelligenza artificiale.
In definitiva, non si tratta di stabilire chi sia più intelligente tra uomo e macchina, ma di riconoscere che l’essere umano possiede una dimensione ontologica di libertà, morte e estetica che eccede le capacità dell’AI. Questa eccedenza non solo ci distingue, ma ci responsabilizza a vivere un’esistenza autentica e significativa, esplorando appieno le possibilità che la nostra coscienza ci offre.

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