Lui è uno degli artistar contemporanei, capace di che ha trasformare l’arte digitale e AI in un fenomeno pop internazionale, arrivando persino a proiettare le sue opere sulla superficie della MSG Sphere di Las Vegas, una struttura avveniristica con la facciata a LED più grande del mondo. Refik Anadol, nato in Turchia e residente a Los Angeles dal 2012, è il protagonista di una nuova era dell’arte digitale, dove installazioni immersive (già il termine immersivo merita una riflessione a sé, prossimamente) e spettacolari generano una grande “esperienza sensoriale” che bombarda il visitatori di stimoli visivi e sonori. Tuttavia, la sua arte, pur basandosi sui dati, solleva una questione ancora più preoccupante: può la sua essere considerata data art se i dati vengono trasformati fino a diventare irriconoscibili? E qual è il confine tra un’opera informativa e una puramente estetica? I suoi lavori, come Machine Hallucinations (acquisito perfino al MOMA) e Unsupervised, più che “invitare” (anche questo termine ampiamente abusato nei testi critici e nei comunicati stampa), “spinge” il pubblico a immergersi in questi mondi in cui forme astratte e colorate ondeggiano, si distruggono e ricostruiscono in un ritmo ipnotico.
DATALAND: la collaborazione con l’italiana Giorgia Lupi
DATALAND, in apertura a Los Angeles nel 2025, sarà un museo interamente dedicato all’arte AI, una piattaforma innovativa che esplorerà i confini tra tecnologia e creatività. Situato nel complesso The Grand LA, progettato dall’architetto Frank Gehry, DATALAND sarà il primo museo di questo genere e promette di portare la data art a nuovi livelli di visibilità e impatto culturale. Ma in questo frangente c’è un’importante novità, ovvero la collaborazione la data artist Giorgia Lupi, il ché rappresenta un punto di incontro tra due visioni radicalmente diverse della data art.
Mentre Anadol si distingue per un approccio immersivo e spettacolare, che utilizza i dati come base per ambienti visivi astratti, Lupi è una pioniera della “data humanism”, un approccio che cerca di dare un senso umano e narrativo ai dati. Ricordo ancora la prima volta che ho avuto l’occasione di sfogliare Dear Data, il libro di Lupi, in una libreria indipendente a Camden, Londra, nell’ormai lontano 2017: oggi custodisco quel libro nello scaffale destinato al libri “epifanici”. Dear Data, realizzato in collaborazione con Stefanie Posavec, esplora dati quotidiani trasformandoli in visualizzazioni che raccontano aspetti della vita di tutti i giorni, come le abitudini personali o le relazioni sociali. Le illustrazioni mantengono sempre il valore informativo dei dati, senza ridurli a mero effetto estetico. In questo senso, la visione di Lupi rappresenta un’interpretazione rigorosa della data art, in cui l’informazione e la comprensibilità rimangono centrali.
La collaborazione con Anadol potrebbe portare a DATALAND una prospettiva unica, fondendo la profondità narrativa di Lupi con l’approccio immersivo e astratto di Anadol. Mentre quest’ultimo è conosciuto per usare i dati come pura materia estetica, Lupi tende a rappresentare il dato in modo che resti sempre riconoscibile. In questo senso, DATALAND potrebbe inaugurare una sintesi innovativa, in cui il fascino spettacolare dell’arte AI si sposa con la narrazione e la fedeltà dei dati. Un esempio di questa combinazione è il progetto Large Nature Model, una delle prime installazioni previste per DATALAND, che utilizzerà dati provenienti da ecosistemi naturali. Lupi si occuperà specificatamente, insieme a Jabbott Miller e Pentagram Design, di costruire la visual identity e sistema di visualizzazione dei dati per il museo.
Questa combinazione tra due stili opposti riflette una tendenza più ampia nella data art: da un lato, l’interesse per esperienze sensoriali e coinvolgenti, dall’altro la necessità di mantenere un collegamento con la realtà dei dati. Giorgia Lupi, con la sua sensibilità umanistica e narrativa, potrebbe aiutare DATALAND a portare il pubblico a riflettere non solo sulla bellezza dei dati, ma anche sulla loro significatività e rilevanza.
Anadol, al contrario, è conosciuto per il suo uso dei dati come “materiale grezzo” da reinterpretare. Nelle sue opere, come Machine Hallucinations, algoritmi di intelligenza artificiale trasformano i dati visivi in composizioni ipnotiche, allontanandosi dalla realtà del dato e trasformandolo in pura estetica. Anadol chiama questo approccio hallucinated data, un’idea che si allontana dalla rappresentazione fedele per avvicinarsi all’esplorazione del potenziale emotivo dei dati stessi.
Questo approccio, se da un lato ha reso l’arte AI accessibile e popolare, dall’altro ha sollevato critiche sulla natura effettiva di queste opere come data art. La presenza di Lupi in DATALAND potrebbe riportare un equilibrio, offrendo un contributo che non sacrifica la trasparenza e la leggibilità del dato a favore della sola estetizzazione. Se DATALAND riuscirà a fondere questi due approcci, il museo potrebbe rappresentare un nuovo standard per la data art, dimostrando che il dato può essere affascinante e allo stesso tempo informativo.
La prospettiva della Data Art Analitica: Ikeda e Frick
Il lavoro di altri artisti di data art, come Ryoji Ikeda e Laurie Frick, fornisce un ulteriore confronto utile per comprendere l’unicità della visione di Lupi. Ikeda, ad esempio, è noto per le sue installazioni che utilizzano dati scientifici e matematici in forme visive e sonore mantenendo la struttura dei dati originali. In opere come Datamatics, Ikeda crea sequenze audio-visive complesse che richiedono uno sforzo interpretativo, ma che conservano una relazione leggibile con il dato. Anche Laurie Frick, che utilizza dati personali come quelli biometrici e di salute, mira a creare una narrazione tangibile che esplori la nostra quotidianità senza perdere il significato originario dei dati.
Questi approcci dimostrano che la data art può essere sia spettacolare che rappresentativa, un equilibrio che DATALAND potrebbe perseguire integrando l’approccio immersivo di Anadol e quello più rigoroso e narrativo di Lupi. Mentre Anadol enfatizza l’esperienza sensoriale e la bellezza visiva, artisti come Ikeda, Frick e Lupi esplorano la data art come un mezzo di comunicazione profondo, che invita alla riflessione e alla comprensione.
DATALAND rappresenta un’opportunità unica per ridefinire la data art, fondendo spettacolo e informazione. La collaborazione tra Refik Anadol e Giorgia Lupi potrebbe dare vita a un progetto capace di unire l’emozione e l’immersione sensoriale con la trasparenza e la chiarezza narrativa dei dati. Se Anadol ha reso l’arte AI un’esperienza accessibile e popolare, Lupi potrà riportare l’attenzione su un aspetto cruciale della data art: la capacità di rappresentare il dato come storia e strumento di conoscenza.
L’esperienza di sfogliare Dear Data a Camden mi ha fatto riflettere su quanto sia importante che i dati mantengano una connessione tangibile con la realtà e il lavoro di Lupi invita a vedere i dati non solo come numeri o grafici, ma come storie che parlano di noi e del nostro mondo. Se DATALAND seguirà questa linea, potrà offrire un modello innovativo per il futuro della data art, in cui la bellezza dei dati non è solo visiva ma anche concettuale.