“In questi tempi di conflitto e violenza, spero che questa installazione diventi uno spazio di guarigione, un santuario di voci materne“. Con questo auspicio dichiaratamente distensivo, pacificatore, universalista, Yuval Avital, artista gerosolimitano che vive e lavora da molti anni a Milano, Italia, torna a Gerusalemme, sua città natale, a ridosso del Natale 2024, appunto, nel secondo anno di guerra in Terra Santa, con Alma Mater, opera sonora installativa iconica della produzione dell’artista, già edita proprio a Milano una decina di anni fa, in occasione dell’Expo 2015.
La grande installazione, sonora, visiva, luminosa e plastica, è stata inaugurata il 17 dicembre scorso negli ambienti del Museo d’Israele, per la cura di Talia Amar, e la partecipazione al progetto di artisti e personalità della cultura palestinese, oltre che delle étoile della Scala, Oriella Dorella e Liliana Cosi, nel segno di una missione culturale e spirituale di rigenerazione dello spirito della Grande Madre, ovvero di una “riumanizzazione”, come la chiama l’artista, riferendosi senza mistero alla rinascita di una perduta unità umana, proprio nella sede geografica che custodisce l’incrocio più pregnante delle storie umane tra Oriente e Occidente.
L’esperienza che offre la vasta opera esposta, fino al giugno 2025, è generata dall’ispirazione e dalla suggestione di un graduale coro polifonico di canti, preghiere, cantilene e nenie, sussurri e grida che provengono dagli archivi registrati delle madri di tutto il mondo, incluse le varie comunità etniche israeliane, la diaspora ebraica e persino le nonne dell’artista stesso.
Ancora una volta le installazioni immersive che mette in opera Yuval Avital danno vita a una profonda connivenza e partecipazione sensoriale dello spettatore, che attraversa un dedalo fluido di migliaia di frammenti di voci di donne anziane raccolti da molte epoche e da diverse parti del mondo, in una sorta di “foresta sonora” che invita alla perdizione e al ricongiungimento. Un concerto infinito di suoni archetipali femminili, non solo umani, ma tratti pure dalle sensazioni femminili della natura: vibrazioni sismiche, vulcani, suoni oceanici e gocce d’acqua, elaborati digitalmente per essere udibili all’orecchio umano, riferendo intuitivamente e potentemente sui temi universali della maternità, delle radici, della misericordia.
Attraverso una stratificazione meticolosa e una sofisticata elaborazione elettronica, Avital si cimenta nella realizzazione di un vero e proprio mosaico sonoro che trasforma gli altoparlanti, oggetti neutri, in profondi e intimi vasi di espressione. Al centro dell’installazione, poi, la presenza di un oggetto di ancestrale forza evocativa, uno dei manufatti più preziosi del Museo: la figurina femminile di Berekhat Ram, risalente a 233.000 anni fa, considerata la più antica opera d’arte preistorica mai scoperta. “Una testimonianza d’arte e rappresentazione della maternità – spiega Yuval – creata da una specie umana estinta, che collega antichità e modernità, amplificando il messaggio di connessione senza tempo di Alma Mater”.