Due giorni prima della scomparsa di David Lynch, uno dei registi più visionari della storia del cinema, erede ideale dello spirito del surrealismo, si è conclusa la mostra “Surréalisme”, ospitata al Centre Pompidou di Parigi.
Il movimento surrealista ha lasciato un’impronta indelebile e si distingue come una delle correnti più incisive e durature, capace di lasciare una traccia tangibile anche nelle generazioni successive. La sua forza risiede nella capacità di intrecciare le angosce rivelate dalla psicoanalisi, i fervori di ribellione politica e le istanze poetiche che affondano le radici nel romanticismo e nel decadentismo, creando un linguaggio potentissimo.
La chiusura della mostra celebrativa per il centenario e la scomparsa del regista americano ci pongono di fronte a una domanda inevitabile: il tempo del surrealismo si è appena concluso? O è ancora un mezzo indispensabile per interpretare le inquietudini del presente e per sognare nuovi mondi?
Per rispondere a questo quesito, è indispensabile scomporre e analizzare il movimento al fine di comprenderne appieno l’essenza. La mostra al Centre Pompidou offre un’occasione irripetibile per farlo, infilandosi, proprio come Alice nella tana del Bianconiglio, in un mondo di straniamento e perturbazioni. Il riferimento fiabesco non è casuale. Si tratta di un’esperienza immersiva che non si limita a catturare l’attenzione del visitatore, ma lo trascinana in un universo evocativo fatto di simboli enigmatici, infatuazioni occulte, richiami sensuali e illusioni destabilizzanti. Nulla è come sembra: ogni dettaglio invita a interrogarsi e a lasciarsi guidare dall’inconscio, svelando l’essenza profonda e sfuggente del surrealismo.
Per accedere all’esposizione, i visitatori attraversano un’imponente installazione: una gigantesca bocca di mostro dalle fauci spalancate. Una metafora perfetta: abbandonare ogni resistenza e lasciarsi divorare per immergersi senza timore nel labirinto del movimento artistico più enigmatico di sempre.
Oltrepassata questa soglia simbolica, ci si immerge in un corridoio adornato da fotografie che ritraggono gli artisti più influenti del movimento, immortalati in pose che ne svelano, con sottile evocazione, il carattere: André Breton, fondatore e principale teorico del surrealismo, appare con gli occhi chiusi, quasi a voler suggerire l’attivazione di una visione interiore, spegnendo quella del corpo. Questo percorso conduce a una sala circolare, dove i manoscritti originali del Manifesto Surrealista di André Breton sono esposti mentre un filmato proiettato a 360 gradi sulle pareti, racconta la nascita del movimento. Uno spazio, quasi sacrale, che invita il visitatore a un confronto diretto con le radici del surrealismo, offrendo uno sguardo privilegiato sulle sue fondamenta letterarie e ideologiche.
Le principali critiche dei testi si concentrano sulla resistenza all’oppressione della libertà e sull’opposizione alla razionalità dominante. Breton considerava le due guerre mondiali, entrambe vissute in prima persona dagli esponenti del gruppo, come una prova schiacciante del fallimento della razionalità e del dominio dell’uomo, soprattutto nella sua versione patriarcale. Era giunto il momento di dare inizio a una nuova era di pace che aprisse le porte a una visione più profonda e guidata dalle intuizioni dell’irrazionale.
Attorno alla stanza iniziale, che funge da anticamera, si snodano le sale numerate dalla 1 alla 13, dove si sviluppa l’esposizione. Ognuna affronta uno dei temi ricorrenti del movimento. La Sala 1, intitolata “I medium fanno il loro ingresso”, accoglie i visitatori raccontando le origini del surrealismo, che prima di esprimersi nel linguaggio visivo si è sviluppato in ambito poetico e letterario.
Ogni stanza illustra i temi cardini del surrealismo, sottoponendo allo spettatore concetti e figure che abitano il suo immaginario, dal sogno alla chimera. Tra queste, spiccano Alice nel Paese delle Meraviglie e Melusina, la leggendaria fata-sirena che, pur assumendo sembianze mostruose resta una figura eroica, tradita da Raimondino, l’amante incapace di rispettare i suoi segreti.
I surrealisti celebrano il mistero della figura femminile, trasformandola da angelo del focolare in madre archetipica e sacerdotessa. Le donne sono sia autrici che muse, incarnando erotismo, seduzione e una forza che supera la passività tradizionale. La sala n. 7, “Il regno delle Madri”, esalta questa visione complessa, presentando la donna come simbolo di potere e mistero. Il surrealismo, tra i primi movimenti a dare voce libera alle donne, trasforma intuizioni un tempo considerate diaboliche in atti creativi e mistici fondamentali. La mostra esplora inoltre il rapporto con le visioni d’infanzia, la natura, la notte e il mondo immaginario, affrontando la politica e la critica alla società borghese, e includendo, infine, la tematica dell’erotismo non convenzionale, che sovverte le concezioni tradizionali del corpo e del desiderio.
Tra le opere esposte, spiccano capolavori di artisti celebri come Salvador Dalí (Il grande masturbatore, 1929; Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio, 1944), Max Ernst (La vestizione della sposa, 1940), René Magritte (Alice, 1945; Valori personali, 1952) e Dorothea Tanning (Birthday, 1942; Family Portrait, 1954), accanto a lavori di artisti meno noti ma altrettanto sorprendenti.
La mostra si conclude con una stanza dedicata al Cosmo, rappresentato come uno spazio infinito che riflette il rapporto tra l’interiorità e il mondo esterno, invitando il visitatore a una riflessione profonda su entrambi e sulla relazione tra essi. Alla luce del percorso, rispondendo alla domanda retorica posta all’inizio, è evidente che il surrealismo si rivela più necessario che mai nel nostro tempo. In un’epoca destabilizzante che ha minato le nostre certezze, il surrealismo diventa un rifugio, uno strumento per affrontare l’ignoto e cercare nuove risposte. Solo riscoprendo una consapevolezza di sé, come il movimento ci invita a fare, possiamo affrontare l’incertezza senza soccombere a una realtà sempre più inquietante e insostenibile.