In linguistica, le alloglossie sono quelle varietà di forme linguistiche, comunemente definite “minoranze”, che si differenziano dalla lingua di maggiore diffusione in uno specifico territorio: nel caso italiano, queste sono i dialetti e le lingue d’immigrazione.
Patois, arbëreshë e griko sono i tre dialetti protagonisti di Voci Nascoste. Le lingue che resistono, una vera e propria gemma della stagione espositiva primaverile della città di Torino, visitabile (e ascoltabile) fino al 2 giugno 2024 negli spazi di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, in collaborazione con Chora Media e Lavazza come partner.
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Con la volontà di restituire un senso di appartenenza e di legittimità, tre fotografi italiani hanno deciso di ripercorrere le tracce e l’eco di tre gruppi comunitari poco conosciuti in Italia, esempi di tutte quelle comunità che quotidianamente portano avanti tradizioni secolari nella contemporaneità liquida attuale. È così che il medium fotografico incontra la storia di un popolo, quel sottobosco al tempo stesso kitsch e sacrale che mantiene vivo un legame che sa di migrazione, trasformazione e coesistenza, ma anche di marginalità e dispersione.
Quello che viene proposto al pubblico è un viaggio memorabile nei luoghi francoprovenzali della Valle d’Aosta, nella Puglia greco-salentina e nella comunità albanese sicula: 30 fotografie e materiali campionati in loco, per esperire realtà comunitarie semi-conosciute e in via di estinzione. Una riscoperta di atmosfere relazionali nascoste, che sfidano la marginalità che sempre più le costringe coesistendo stoicamente all’urbanizzazione e turisticizzazione dei piccoli borghi italiani, nel tentativo di una trasmissione transgenerazionale.
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Il reportage valdostano realizzato dalla fotografa Arianna Arcara (Monza, 1984) del collettivo fotografico Cesura, sa di archivio temporale di conversazioni fatte fra sentieri di montagna e feste di paese, contaminate dalle idee dei giovani “rapper” e cantastorie della Valle.
La danza e il canto sono al centro del racconto che Antonio Ottomanelli (Bari, 1982) restituisce della comunità pugliese griko. La tradizione della taranta (ri)vista con gli occhi del poeta locale Cesare De Santis e suo figlio Rocco in una commovente ricerca delle ancestrali commistioni ellenofone.
Infine, Roselena Ramistella (Gela, 1982) ha immortalato corpi di donne e uomini intenti a partecipare alle celebrazioni della Settimana Santa nella Piana degli Albanesi, comune di poco più di 5000 abitanti, in provincia di Palermo. Qui, i custodi dell’arbëreshë mostrano fieramente i loro abiti tradizionali, indizi degli antichi paramenti liturgici del rito greco-bizantino e del sapere artigianale sartoriale – uno dei simboli della comunità albanese, ancora viva, in queste zone meridionali.
E siccome non c’è lingua senza parola, una componente essenziale per la comprensione del progetto espositivo è l’omonimo podcast realizzato da Chora Media, con il supporto del Gruppo Lavazza, che ne restituisce una lettura giornalistica.
Se è vero che “perdere una lingua è morire un poco”, questa indagine misurata e poetica è delicata, ma anche forte, proprio come sono le comunità raccontate dalle fotografie e dalle voci dei protagonisti coinvolti che parlano sì di sparizione ma anche, e soprattutto, di atti di resistenza culturale.