Ouverture è un brano orchestrale che si esegue a sipario chiuso prima dell’inizio di un’opera lirica, o inserita all’inizio di una grande composizione musicale. Cambiando prospettiva, anche le opere di un gruppo eteorogeneo di artisti contemporanei possono costituire un’ouverture: è il caso della mostra presentata al Vôtre Spazi Contemporanei e curata da Rebecca Delmenico, intitolata appunto “Ouverture”, che alza il sipario sui diversi linguaggi utilizzati da un gruppo molto composito di artisti, legati tra loro dal fil rouge della sperimentazione.
Scrive la curatrice, nel testo che accompagna la mostra: “Il filosofo Byung-Chul Han è tornato a parlare dell’originaria esperienza del bello, un’esperienza di verità contro la proliferazione di immagini pronte al consumo e a un’estetizzazione diffusa che annulla qualsivoglia emozione e sentimento. È nell’apertura allora che è possibile recuperare questa esperienza, accogliendo l’alterità e l’eterogeneità e tornando a generare stupore, il primo sentimento che sfocia di fronte al bello artistico”.
L’esposizione non si priva di nessun media, pittura, scultura, fotografia, quest’ultima rappresentata dagli autoritratti di Lugi Ontani e dall’emblematico ritratto del corpo del defunto Papa Benedetto XVI, ad opera di Nicola Gronchi. Una grande composizione, quindi, in cui risuonano le opere di Mimmo Paladino col suo universo misterioso e primitivo, passando per il linguaggio onirico di Sandro Chia, arrivando alle ricerche di Edmondo Bacci, Maurizio Faleni e Luigi Mainolfi, che si concentrano sul colore e sulla materia.
Omar Galliani, grande maestro del disegno, utilizza la grafite (che, come ci ricorda l’artista, è un diamante giovane) per raccontarci un dialogo costante fra luci e ombre.
Decodificazione è la parola chiave di Giuseppe Linardi, che smembra e seziona i soggetti portandoli al limite della figurazione. Per Roberto Chiabrera, invece, l’arte dev’essere inquietante e lasciarci perplessi, e ci riesce con opere dal deciso impatto emotivo che definiscono un’arte dal forte impianto concettuale e compositivo.
Sognante e leggera la a pittura di Ilixiati che è, invece, fatta di tonalità tenui e suggestive.
Daniele Galliano esplora la sfera intima, la vita collettiva con i suoi rituali e convenzioni, la folla, ne registra gesti e sentimenti che proprio per la loro semplicità, sono universali.
Francesco Lauretta con la sua vivacità cromatica e i soggetti tipici della sua Sicilia, definisce e visualizza un concetto, la sua costante riflessione e ricerca sulla pittura, come nella recente serie in cui l’artista si confronta con i toni del grigio, in un ipotetico dialogo con Cézanne.
Michela Martello nelle sue opere intreccia nuove connessioni tra ciò che solo in apparenza è distante e frantumato. Un processo intimo e personale che parte dal proprio vissuto legandosi a tradizioni culturali, influenze artistiche e memorie collettive per dimostrare che nulla o nessuno è un unico, ma un insieme di tante parti. La varietà di tecniche stabilisce una narrazione tra aspetti lontani, capace di attraversare tempo, confini culturali e convenzioni.
Nelle recenti opere di Enrico Minguzzi, le protagoniste sono nature morte, fatte di plastiche escrescenze floreali, innaturali che si contorcono nello spazio.
Nella pittura di Nicolò Bruno i segni sono ben definiti i colori saturi, attraverso le sue opere l’artista ci fa partecipi del suo mondo interiore. Le incisioni eseguite da Silvia Papucci raffigurano soggetti astratti nei quali lo spettatore può proiettare un paesaggio come uno stato dell’animo.
Paolo Migliazza nelle sue sculture immortala tutto il disincanto di una generazione ipertecnologica, ma che non riesce a delineare il proprio futuro, vivendo in una situazione di costante incertezza. Incertezza tipica degli anni di passaggio dall’infanzia all’adolescenza, attraverso sculture di fanciulli e fanciulle non perfettamente definiti, come lo è l’interiorità di quel periodo della vita. Le porcellane di Bertozzi & Casoni si muovono tra l’iperrealismo e il surrealismo compositivo e si traducono in una metafora e una critica sui modelli contemporanei culturali e artistici della società. Gli oggetti assumono così un nuovo significato, nel tracciato della tradizione pop, ma con una rinnovata espressività che ha nel Memento Mori la sua radice più profonda.
Michele Chiossi, con il suo tipico tratto a zig-zag, presente in tutte le sue opere, nei lucidi, nelle sculture, nelle nature morte, ci parla di un uomo frammentato, che ha perso il senso dei ritmi naturali, pressato da un mondo che conosce solo scadenze sempre più incombenti.
Luciano Massari, con la molteplicità di tecniche usate, vuole stravolgere la visione del marmo fino a farlo diventare liquido, mentre l’opera di Ciro Rispoli è fatta di segni poetici che si alternano fra un ritmico mettere e levare. Nella scultura di Park Eun Sun convivono spaccature, squarci e tagli che simboleggiano l’apertura dell’interiorità umana e, nel contempo, la distruzione totale della materia, la sofferenza genera bellezza e nella pietra spaccata e ricomposta, si ricostituisce l’armonia.
Le opere di Michelangelo Galliani rappresentano un’interpretazione variegata, irrazionale ed esteticamente accattivante della scultura classica, l’utilizzo anche di altri materiali, come l’ottone, creano una narrazione nuova, i cui temi predominanti sono il tempo e il persistere nella memoria.
Filippo Tincolini non cessa di sperimentare ma, soprattutto, è un artista che utilizza la scultura come strumento di indagine dell’esistente, vera e propria forma di pensiero. Il marmo è declinato in chiave pop e surreale.
Nell’ossimoro della chiusura dell’Ouverture, troviamo le creazioni di Antonia Ciampi, che richiamano un contesto dolce e giocoso con grandi cuscini. L’artista è conosciuta per la sua grande versatilità nell’impiego e nella combinazione dei materiali più vari, è da sempre impegnata in una ricerca attenta alla struttura simbolica dei segni e delle parole. Antonia Ciampi ha scelto l’arte come strumento di “lettura” del mondo, di conoscenza, ma soprattutto di comunicazione universale.