Il Bosco delle Neofite, un progetto di Associazione Arte Continua, che da oltre trent’anni realizza progetti nello spazio pubblico.
Piante e arbusti. Caducifoglie, sempreverdi, insieme a altre specie che si insinuano nel terreno trasportate spesso dal vento. Sono le vagabonde di Gilles Clement e le “piante intelligenti” di Stefano Mancuso di PNAT (botanico, accademico e co-fondatore di PNAT, Project Nature), che percepiscono i suoni e che viaggiano insinuandosi nei territori. Semi che si spostano naturalmente o innesti di specie come l’ulivo donato dal Centro di Alta Formazione Laudato Sì del Vaticano al Bosco delle Neofite, proveniente dai giardini di Castel Gandolfo (simbolo di pace e di rinascita). Piante non autoctone che si inseriscono nel progetto di Arte per la Riforestazione di Le Città del Futuro.
Un’idea di Mario Cristiani Presidente di Associazione Arte Continua, realizzato con il Comune di Prato, per Prato Forest City, l’iniziativa che raccoglie tutti quelli a carattere ambientale. “Noi abbiamo la stessa fragilità degli alberi”, dice Cristiani, che non vuole essere chiamato visionario, perché nel racconto appassionato sull’origine dell’associazione, ci ricorda che fare qualcosa per gli altri è assolutamente normale. Una “normalità” che parte da lontano (sarà per via degli studi, della vocazione politica degli inizi, e per un’inclinazione naturale), che lo porta a sentirsi parte di un disegno più ampio, che vede nella responsabilità sociale e nel coinvolgimento della collettività, il motore di un reale cambiamento.
Ciò che aveva immaginato ha trovato una sua rappresentazione nel bosco, che lentamente ha preso forma. Dalla prima messa in dimora a ottobre 2023 del Ginkgo bilboa, dagli antichissimi semi, fino alla piantumazione di 150 piante di varie specie e 400 arbusti, in un’area di 7500 mq, che fanno da cornice alle abitazioni di Tobbiana Allende. Un’area periferica e snodo di intersezioni stradali, che diventa simbolo di riqualificazione e riforestazione. Risultato di un’attività collettiva tra pubblico e privato, resa possibile grazie anche al contributo di diversi artisti che hanno donato alcune opere, per il raggiungimento di questo risultato. Come l’ultima racconta fondi al ristorante Myo di Angiolo Barni e Elena Paci, in concomitanza con l’inaugurazione del bosco, con l’asta condotta da Farsetti Arte (il 29 maggio). Le opere sono quelle di Carsten Höller, Alberto Garutti, Sislej Xhafa, tra gli altri, Leandro Elrich, Giovanni Ozzola e Tobias Rehberger (presenti alla serata), insieme alle bottiglie con etichette d’artista prodotte in occasione dell’iniziativa Arte X Vino = Acqua (destinata a realizzare impianti idrici in alcune aree del mondo), che permetteranno di sostenere un programma destinato alla didattica dell’arte e delle piante, a partire dai totem collocati nel percorso.
In questo terreno nascerà una folta e rigogliosa vegetazione di piante non autoctone (poiché sono molte le specie vegetali importate rispetto a ciò che crediamo dal grano, al pino, dal cipresso al fico d’india, ecc.), che daranno ossigeno e contribuiranno a aumentare la biodiversità. La Sophora japonica (dal Giappone) la Sequoia sempervirens (tipica della California e di un’area del Nord America), la Washingtonia robusta (dal Messico nord-occidentale), la mia preferita. Un contributo reale all’interno dell’ecosistema in grado di assorbire CO 2 e particolati, incidendo sulla qualità dell’aria e sulla salute, per via dei numerosi benefici dimostrati dal rapporto con la natura. Ma soprattutto restituiscono lo spazio che l’uomo ha sottratto alla vegetazione, nonostante umani e animali rappresentino solo lo 0,3% delle biomasse sul pianeta, rispetto al resto costituito dalla presenza delle piante. Un contesto quello naturale, da cui sono soprattutto le società più avanzate economicamente e tecnologicamente, che si sono allontanate, relegandolo ai parchi, come ricorda il professor Mancuso. “L’arte non può stare solo nei musei, come il verde non può stare solo nei parchi. Perché andare al parco è diventato come entrare in un museo”.
L’obiettivo di “trasformare le strade in fiumi verdi” è lo stesso che muove da oltre trent’anni, lo spirito dell’associazione di Mario Cristiani nel portare l’arte fuori dai luoghi convenzionalmente deputati, nello spazio pubblico. Una missione la sua, svincolata e distinta, come sottolinea spesso, dall’attività commerciale della Galleria Continua gestita con i suoi soci (Lorenzo Fiaschi e Maurizio Rigillo). Progetti permanenti diffusi sul territorio o temporanei. Dalle mostre all’UMoCA – Under Museum of Contemporary Art, fondato dall’artista Cai Guo-Qiang, a Colle Val d’Elsa, sotto gli archi del Ponte di San Francesco, ora con la mostra di Loris Cecchini. Alle sculture di Antony Gormley, che sono calchi di abitanti poggibonsesi (e di un collezionista straniero), collocate in diversi punti della città. Da “Mario” che grida, sul tetto della vecchia casa di Cristiani, agli uomini di ferro: sul binario 2 che accoglie i viaggiatori, o la bigliettaia che domina la fortezza militare, che accoglie anche nella cella una delle tre sculture di Kiki Smith. Se Anish Kapoor ha realizzato una crisalide nel Torrione di Sant’Agostino (San Gimignano), Mimmo Paladino ha incantato gli abitanti non umani del bosco alla Fonte delle Fate (Poggibonsi), con le dormienti nell’acqua, cullati dalla musica di Brian Eno.
Il viaggio verso Prato inizia al Bosco delle Neofite, prosegue intorno al territorio percorrendo alcune città di Siena, ma potrebbe continuare verso Firenze e spingersi fino alla Lucania, al Parco Nazionale del Pollino. Si può inciampare nelle opere camminando per le strade e incrociando le piazze, scoprire luoghi segreti e inaccessibili altrimenti, perché “L’arte è il filo che unisce tutte le cose”, dice Cristiani. E come spiegava già nel “Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche” (Piccola Biblioteca Einaudi), l’antropologo Marcel Mousse, nei primi vent’anni del secolo scorso, il principio del dono è il filo che tiene insieme la collettività. Poiché è capace di costruire le relazioni sociali all’interno di quel percorso di scambio. E seguendo questo principio, possiamo far si che queste realtà continuino a restituire alla collettività esperienze di questo genere, destinando nel nostro piccolo, il nostro 5×1000.