L’opera si ispira a una scultura d’epoca e il collettivo ha costruito anche un museo dedicato alla storia del colonialismo
“Ci siamo riappropriati di ciò che ci appartiene“. Queste sono state le parole di un gruppo di artisti congolesi di Lusanga – una cittadina della Repubblica Democratica del Congo – in riferimento al loro primo NFT coniato di recente.
Il collettivo fa parte della Congolese Plantation Workers Art League, associazione che tenta di ripensare le relazioni di potere postcoloniali all’interno del mondo dell’arte globale.
Il punto di partenza è stato un prestito negato: il CATPC ha infatti richiesto più volte al museo della Virginia che la scultura raffigurante Maximilien Balot, colonilista belga assassinato durante una rivolta negli anni 30, tornasse a Lusanga. L’istituzione ha sempre declinato la proposta, e così gli artisti hanno deciso di ovviare a questo mancato accordo creando il proprio NFT della statua mai restituita.
Tamasala, uno degli artisti del collettivo, ha affermato“Ci siamo riappropriati di ciò che ci appartiene intellettualmente, artisticamente, moralmente. Ci sentiamo più vicini alla scultura e orgogliosi di avere ciò che era già nostro prima”.
Il collettivo ha anche dato vita a un museo dove spera un giorno di esporre la scultura di Maximilien Balot.
Cover Photo Credits: CATPC with White Cube background. Courtesy CATPC and KOW