Bram Demunter. Miti e battaglie interiori nella sua prima mostra romana

Dal 13 febbraio al 28 marzo 2025, la Tim Van Laere Gallery Rome ospita Swift as a Whirlwind, Through the Marble Sky, la prima personale romana di Bram Demunter. Con questa nuova serie di dipinti e disegni, l’artista belga (nato nel 1993 a Kortrijk) conferma la sua capacità di intrecciare passato e presente, mito e contemporaneità, ponendo al centro della sua ricerca il conflitto tra l’individuo e le forze che lo sovrastano.

L’arte di Demunter è costruita su un dialogo tra mondi lontani eppure vicini: il mito classico e la società attuale, l’epica e la quotidianità, l’eroismo e il fallimento. I suoi dipinti non sono semplici rappresentazioni narrative, ma paesaggi interiori, in cui l’umanità si riflette nelle figure di eroi e antieroi, guerrieri e sconfitti, ribelli e viandanti. Il mito, in questa visione, non è un racconto concluso, ma un sistema aperto, in costante riscrittura, che continua a interrogare il presente.

La materia pittorica è un elemento essenziale nel lavoro di Demunter: le sue pennellate dense, il segno incisivo e la stratificazione dei colori costruiscono un universo visivo turbolento, in cui si avverte il peso della storia ma anche l’urgenza dell’immediato. I personaggi che abitano le sue tele sembrano emergere da epoche remote, eppure ci guardano con una familiarità inquietante, come se fossero riflessi delle nostre stesse inquietudini.

In questa nuova serie, Demunter attinge a fonti letterarie e iconografiche disparate, spaziando dalla Mad Meg di Bruegel il Vecchio alle epopee di Beowulf, dalle visioni di Paradise Lost di Milton fino ai deliri cavallereschi di Don Chisciotte. Queste figure non sono semplici citazioni, ma archetipi trasformati, riletti attraverso una lente contemporanea. Mad Meg, con la sua furia anarchica, Beowulf, l’eroe destinato alla fine, Don Chisciotte, il folle che reinventa il mondo a propria immagine, diventano simboli della condizione umana, della sua tensione verso qualcosa di più grande e della sua inevitabile fragilità.

Ciò che rende affascinante l’opera di Demunter è la sua capacità di bilanciare il monumentale con l’intimo. Le sue tele possono apparire epiche, con figure che combattono, avanzano, si confrontano con paesaggi vasti e inospitali, ma allo stesso tempo raccontano qualcosa di personale, di emotivo, di profondamente umano. L’epica, in questo senso, non è mai retorica, ma un luogo di tensione tra l’individuo e il caos che lo circonda.

I suoi personaggi non sono eroi nel senso tradizionale, ma esseri segnati dal dubbio, dal dolore, dalla ricerca di un’identità in un mondo in cui il confine tra gloria e fallimento è labile. Il corpo, nella sua pittura, diventa il campo di battaglia di queste tensioni: figure distorte, corpi tesi, gesti sospesi tra azione e esitazione. Questi elementi suggeriscono che la lotta per il significato è sempre accompagnata dalla precarietà, che l’aspirazione eroica è sempre a rischio di dissolversi nel grottesco o nel tragico.

A livello compositivo, Demunter gioca con il contrasto tra movimento e staticità, tra zone dense di segno e spazi vuoti che amplificano la tensione drammatica. Le sue pennellate violente e materiche sembrano scolpire i corpi nella tela, rendendoli quasi tridimensionali, mentre i colori vibranti e terrosi evocano una dimensione fuori dal tempo, in cui presente e passato si fondono.

Ciò che colpisce è come l’artista non dia mai una risposta univoca: i suoi dipinti non sono racconti lineari, ma immagini sospese, in cui la narrazione sembra interrotta, lasciando allo spettatore il compito di completarla. L’arte di Demunter non offre certezze, ma spazi di interrogazione, in cui il mito diventa uno specchio per le nostre stesse ansie e contraddizioni.

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