Sin dalla sua riscoperta nel 1964 ad opera di Paolo Matthiae e della sua equipe di ricerca – riscoperta che ebbe una attribuzione certa solo negli anni a seguire, con il rinvenimento di statue iscritte ma, soprattutto, degli Archivi Reali nel 1975 – l’antica città di Ebla rimane uno dei vanti dell’archeologia italiana fuori dai confini geografici della penisola.
Ebla fu uno dei centri di maggiore influenza della Siria mesopotamica del III-II millennio a.C., con contatti con molte delle grandi potenze dell’Età del Bronzo levantina. La mole cospicua di tavolette in eblaita (reso in caratteri cuneiformi) e sumero, provenienti dagli Archivi Reali e da altre aree del sito, costituiscono a tutt’oggi una delle più importanti fonti di informazioni sulla vita amministrativa ed economica, sulle vicende politiche e militari e sulla cultura dell’area siriana del periodo compreso tra la metà e la fine del III millennio a.C..
Dopo 14 lunghi anni di pausa, dovuti in parte e soprattutto alle travagliate vicende politiche e belliche che hanno dilaniato la Siria in questi sfortunati ultimi anni e alla situazione pandemica globale, si è appena conclusa una nuova campagna di indagini, sempre a cura dell’Università “La Sapienza” di Roma, in collaborazione con gli archeologi del Direttorato Generale delle Antichità e dei Musei in Siria e del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Aleppo.
L’indagine ha riguardato in primis la pulitura e il monitoraggio di un settore del cosiddetto Santuario degli Antenati Regali del Palazzo Occidentale, quest’ultimo pertinente a una serie di grandi edifici pubblici edificati ai piedi della città alta durante la terza grande fase di occupazione di Tell Mardikh (il toponimo moderno del sito) durante la prima fase del II millennio a.C.. Nonostante lo scavo in epoca moderna di una larga e profonda fossa, che ha intaccato parte dell’altare e degli strati sottostanti al piano di calpestio, l’indagine ha permesso la messa in sicurezza del pavimento e delle porzioni di alzato rimaste, nonché il recupero di numerosi materiali pertinenti al II millennio a.C.
Una seconda linea di sviluppo delle indagini ha, poi, riguardato lo studio e la catalogazione (anche fotografica) di 28 tavolette in cuneiforme provenienti dal grande Archivio del Palazzo Reale G, il più importante monumento di Tell Mardikh. Una terza linea di indagini ha, infine, riguardato l’area delle mura di cinta e il settore orientale della Città Bassa, indagini tese a constatare l’entità dei danni (anche e soprattutto da scavi clandestini) occorsi nell’area nel periodo compreso tra il 2014 e il 2019.
Ed è probabilmente da uno di questi scavi clandestini che proviene il più importante rinvenimento fatto durante la recente campagna. Una grande statua in basalto, priva di testa, di un sovrano seduto in trono, con la mano destra recante una coppa e la mano sinistra appoggiata sul corrispettivo ginocchio, un’iconografia ben attestata in tutta l’area durante il II millennio. La statua, frutto – come si diceva – di uno scavo clandestino, e pronta per essere trasportata via, è stata poi, per ragioni ignote, abbandonata e successivamente messa al sicuro dall’esercito siriano. Sconosciuta l’esatta ubicazione del pezzo, che – tuttavia – per via dell’ingente peso, è verosimile provenisse da un’area non troppo distante dal luogo dell’abbandono, nel settore nord dell’insediamento.
Durante il primo anno di scavo, nel 1964, una statua simile, sempre priva della testa, venne rinvenuta da Matthiae nello spazio interno antistante all’ingresso sud-occidentale della città. Dunque, non sarebbe peregrina l’ipotesi di una sua originaria collocazione sempre nell’area di una porta d’accesso alla città, verosimilmente quella settentrionale, che guarda verso Aleppo.
Come si diceva all’inizio, Ebla ha rappresentato, e rappresenta tutt’ora, uno dei punti più alti raggiunti dall’archeologia italiana. La ripresa di uno scavo così importante, a 60 anni esatti dall’inizio dei lavori, è già di per sé una notizia che deve far esultare il mondo della cultura, perché – come si è visto – porterà sicuramente a nuove importanti scoperte, ma anche e soprattutto perché rappresenta un altro rilevante snodo per il ritorno sulle carte archeologiche della Siria, una terra assolutamente protagonista della millenaria storia dell’uomo, che troppo ha dovuto subire e pagare negli ultimi anni.
Un felice e atteso ritorno.