Farm Cultural Park, “l’alieno è la nostra parte inconscia e creativa”

Intervista ad Azzurra Messina e Lorenzo Romano, ideatori degli alieni “fluo-pop” della quadriennale

Farm Cultural Park, il progetto visionario di Andrea Bartoli e Florinda Saieva, ha compiuto 14 anni lo scorso 21 giugno e per l’occasione ha lanciato la prima edizione di “Abbiamo Tutto Manca il Resto”, la nuova quadriennale transdisciplinare che coinvolge artisti, fotografi, architetti, designer, scenografi, videomaker, imprenditori sociali, giuristi e persino fisici quantistici. 

Per chi ancora non lo conoscesse, quello del Farm Cultural Park è un progetto indipendente e autofinanziato, una sfida culturale nata a Favara, un piccolo paese della provincia di Agrigento, che in questi 14 anni è cresciuta moltissimo fino a raggiungere il riconoscimento internazionale.

“Abbiamo Tutto Manca il Resto” è un progetto artistico-culturale in cui tante visioni innovative si intrecciano con l’ambizione di creare una Sicilia migliore. Prende le mosse da una citazione di Pino Caruso che parlando di dell’Isola, una volta, disse: “abbiamo tutto ci manca il resto”.  Gli artisti, i creativi e i pensatori che partecipano alla quadriennale affrontano temi scottanti come quello dello spopolamento della Sicilia, delle opere pubbliche incompiute, o della migrazione. Ci si può immergere nelle loro opere, nelle loro installazioni o riflessioni non solo a Favara ma anche a Mazzarino, ad Aragona (nel cantiere dell’Auditorium Incompiuto), a Catania (nello splendido barocco siciliano di palazzo Biscari) e a Gela. Esse ci raccontano l’“abbiamo tutto” con slanci di speranza (per qualcuno ingenui) e il “manca il resto” con la crudezza dei dati che inchiodano sempre le province siciliane agli ultimi posti delle più svariate classifiche.

Dopo essermi immersa in quest’odissea iper creativa e a tratti dispersiva, vagando senza meta tra le tantissime opere e installazioni presenti, tutte più o meno interessanti, mi sono resa conto che forse l’eccessiva riflessione sull’ identità/problematicità siciliana prima o poi rischia di trasformarsi in narrazione ripetitiva, facendoci rimanere arenati tra le sabbie mobili di stereotipi che noi stessi vorremmo evitare. Insomma, proprio perché sono nata in quest’isola, credo che al mondo non interessi tanto il fatto che siamo “siciliani” – d’accordo, la Sicilia è certamente una “terra impareggiabile”, per citare il nostro Premio Nobel Salvatore Quasimodo – quanto invece se sappiamo fare le cose bene o meno. E devo dire che finora il “Farm” le cose le ha sapute fare bene, altrimenti non si sarebbe guadagnata il riconoscimento internazionale che merita.

D’altronde la stessa comunicazione visiva di “Abbiamo tutto Manca il Resto”, una combo esplosiva fatta di personaggi “alieni” dai colori fluo-pop inseriti all’interno di contesti inizialmente riconoscibili (archeologici o naturalistici), poi spettrali e immaginifici, è un cortocircuito visivo che sintetizza l’ambivalente condizione siciliana: squassata tra l’”abbiamo tutto” e il “manca il resto”.

Il duo creativo che ha ideato questa invasione di bizzarre figure “aliene” tridimensionali, grafiche e scultoree al tempo stesso, è formato da due giovani creativi siciliani: Azzurra Messina e Lorenzo Romano. Uniti sia nel lavoro che nella vita, Lorenzo e Azzurra hanno caratteristiche complementari – meditativo e riflessivo lui, creativa e istintiva lei – e background simili – diplomato all’istituto d’Arte e vincitore di una borsa di studio in graphic design allo IED lui, laureata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Palermo lei.

Per conoscere da vicino lo spirito che anima i giovani del Farm Cultural Park, continuamente sbalzati tra l’”abbiamo tutto” e il “manca il resto”, sono andata ad intervistarli per i 14 anni di Farm Cultural Park.

Come nasce l’immaginario della quadriennale “Abbiamo tutto Manca il Resto”?

È nato in modo puramente giocoso, ma non del tutto casuale. Partendo da un’idea ancora non definita, abbiamo iniziato fin da subito a interagire, o meglio, a giocare con l’intelligenza artificiale, uno strumento pioneristico ancora agli albori soltanto un anno fa al momento dell’inizio del progetto, fino a raggiungere un risultato sempre più strutturato e completo grazie all’evolversi di questo strumento e ai nostri continui studi su di esso. 

Perché avete scelto delle figure “aliene” per la campagna di comunicazione di “Abbiamo tutto Manca il Resto”?

La figura dell’alieno va intesa non come extraterrestre bensì come “l’altro”, il “diverso”, qualcosa che sembrerebbe non appartenerci. L’alieno è quella figura che secondo noi può meglio rappresentare il nostro senso di “alienazione” e dunque di isolamento. È un concetto che in quanto isolani ci rappresenta molto. L’alieno potrebbe essere visto anche come la nostra parte inconscia e creativa. 

Gli scenari dei vostri alieni sono sempre più apocalittici, tanto da sembrare già pervasi da fenomeni come la desertificazione o la mancanza d’acqua. Forse un giorno ci trasformeremo in alieni pur di sopravvivere su questo Pianeta?

Abbiamo voluto mostrare dei paesaggi siciliani riconoscibili ma al contempo nuovi e stranianti, catturando sia l’aura gioiosa della nostra terra sia il lato perturbante che non vorremmo vedere. È lì che si inseriscono quegli elementi apparentemente “non umani”: gli alieni. Se l’alieno lo intendiamo come colui che invade il pianeta, possiamo perfettamente considerarci tali. D’altronde gli scenari “apocalittici” sono, invero, già visibili e non così lontani. 

In questa zona a sud della Sicilia, che si affaccia verso l’Africa, si sente molto forte il fascino alchemico del mito. Il contesto siciliano come vi ha ispirato?

Essendo dei “bastardi culturali”, ovvero figli di innumerevoli culture, è inevitabile che ogni alchimia, influenza o connessione si rispecchi nei nostri progetti. È una fascinazione, questa, che si vive e si esprime senza forzatura alcuna e, forse, con una certa naturale inconsapevolezza. 

Una domanda imprescindibile visto il titolo della quadriennale. Secondo voi che cosa c’è e che cosa manca in quest’Isola?

Sappiamo bene che in Sicilia, come nel resto del mondo, ci sono diversi problemi. Era questo il focus del nostro progetto, evidenziare che i problemi di quest’isola in realtà sono problemi universali. Quando nasce un problema, si sa, o si scappa o si reagisce, quello che secondo noi manca qui è la determinazione nell’imporsi. 

Cosa pensate della diaspora (560 mila giovani andati via negli ultimi dieci anni) che sta spopolando la Sicilia?

Il concetto di migrazione è obsoleto se pensiamo che noi stessi abbiamo creato nel tempo barriere, bandiere e confini in un mondo che invece dovrebbe essere visto, scoperto e vissuto. Noi oggi abbiamo il coraggio di restare e quanto meno di provarci, sapendo che non siamo gli unici a muovere questa terra. Chissà se un giorno questi 560mila giovani torneranno trovando una prospettiva migliore? Noi ci auguriamo di riaccoglierli qui avendo contribuito al cambiamento.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Siamo disposti ad impegnarci e a lottare, persino a soffrire pur di costruirci un futuro nella nostra terra e speriamo proprio di riuscirci attraverso ciò che amiamo fare. D’altronde, “Abbiamo tutto, manca il resto”, il progetto che ha preso vita grazie alla committenza e al sostegno di Farm Cultural Park è solo il primo capitolo di molti progetti che speriamo di mostrarvi nell’immediato futuro.

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