Gianni Politi, alla Triennale una lotta silenziosa tra l’artista e la sua memoria

Dal 28 settembre al 27 ottobre 2024, la Triennale Milano ospita Le stelle per te, dentro, un’installazione inedita firmata da Gianni Politi (Roma, 1986), a cura di Damiano Gullì, curatore per l’arte contemporanea e il public program della Triennale. Questa mostra, concepita appositamente per gli spazi della Triennale, mette in scena un dialogo profondo tra nuovi lavori dell’artista e serie precedenti, in un percorso che riflette la sua continua ricerca pittorica, sospesa tra astrazione e figurazione.

Gianni Politi, classe 1986, è una figura di spicco nel panorama dell’arte contemporanea italiana. Nato a Roma, città che influenza profondamente il suo immaginario, Politi ha sviluppato una pratica che oscilla tra la ripetizione ossessiva di immagini e la volontà di destrutturare il quadro stesso, come un processo in perenne divenire. La sua biografia artistica è segnata da una forte continuità tematica, che parte dalla riflessione sul rapporto tra storia personale e memoria collettiva, sfociando in una poetica della trasformazione. Si è formato attraverso un linguaggio che fonde elementi tradizionali della pittura italiana con un’estetica contemporanea, in cui vita e arte sembrano fondersi continuamente.

foto Gianluca Di Ioia © Triennale Milano

“Le stelle per te, dentro” già dal titolo richiama un universo personale, tanto intimo quanto esplosivo, una ricerca interiore con dei punti di riferimento rappresentati da pensieri, ricordi, riflessioni. Politi, con la sua pratica pittorica sospesa tra figurazione e astrazione, ci fa scivolare su superfici che si espandono e poi implodono su sé stesse. C’è qualcosa di volutamente ossessivo, quasi maniacale, nella ripetizione del volto di suo padre, un’immagine ieratica che Politi ha scelto di affrontare per anni, come fosse un nodo da sciogliere, o forse da serbare con cura, come un moderno ritratto di Dorian Gray.

La tela “I giorni dei pentimenti” si presenta come il culmine di questo lungo dialogo interiore. Ciò che inizialmente poteva sembrare solo un esercizio tecnico è diventato una riflessione sul tempo e sul cambiamento: puoi dipingere lo stesso volto centinaia di volte, eppure, ogni volto, ogni pennellata, è irrimediabilmente diversa. C’è una sorta di lotta silenziosa tra l’artista e la sua memoria, e ciò che colpisce è l’umiltà di Politi nell’affrontare questo confronto senza mai cedere alla tentazione di abbellirlo o mascherarlo.

foto Gianluca Di Ioia © Triennale Milano

Poi c’è la componente astratta del suo lavoro, un universo parallelo che si sviluppa accanto alla figura paterna. Questi dipinti sembrano il contraltare del suo percorso figurativo: sono esplosioni di colori, frammenti di emozioni che si scontrano, si uniscono, si dividono ma che fluiscono ai lati, energie sottostanti quanto primarie. È come se Politi ci dicesse che, in fondo, la nostra interiorità non può mai essere catturata in un’unica immagine o in un unico stile. C’è sempre una parte di caos che sfugge al controllo, e forse è proprio lì che si nasconde la vera bellezza.

Le rane, quegli animali tanto comuni quanto profondamente simbolici,inserite nell’allestimento, sembrano parlare di trasformazione, di passaggi segreti tra mondi, maniglie verso una Narnia silenziosa. E forse è proprio questo il punto della mostra: la metamorfosi. Non solo quella degli esseri viventi, ma anche delle idee, dei ricordi, delle immagini che, se ripetute abbastanza a lungo, diventano qualcosa di altro. Politi, con le sue rane, le sue tele astratte e il volto di suo padre, sembra dirci che tutto è in divenire. Che anche l’arte, come la vita, non può mai essere fissata una volta per tutte.

foto Gianluca Di Ioia © Triennale Milano

Ecco il fascino di questa mostra: ci invita a riconoscere che tutto può essere scomposto, stratificato, che c’è sempre un margine di mistero che l’arte non ci svela. La scelta di introdurre panche e sculture fa della sala un luogo di sosta e di riflessione, come se ci fosse bisogno di sedersi e respirare per poter assorbire il silenzioso tumulto che Politi ha dipinto.

Il sua lavoro si colloca tra tradizione e innovazione, tra vita, morte e rinascita, utilizzando tecniche classiche come la pittura a olio su tela, ma con un approccio che si spinge verso un’interpretazione del presente. Questa mostra è parte di un più ampio progetto di valorizzazione della scena artistica italiana portato avanti da Triennale Milano, a cura di Damiano Gullì. Negli ultimi anni, la Triennale ha messo in dialogo artisti di diverse generazioni come Corrado Levi, Lisa Ponti, Marcello Maloberti, Lorenzo Vitturi, e molti altri, attraverso mostre e talk che indagano la capacità di muoversi tra discipline e media diversi.

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