Giulia Mangoni, “il quadro come posto-frontiera tra due mondi”

Iniziamo oggi una collaborazione con .Briciole, un progetto di storytelling visivo che si basa su un linguaggio creativo e in costante evoluzione, e che racconta il territorio attraverso storia e personaggi nascosti. .Briciole ha realizzato il piccolo documentario sull’artista Giulia Mangoni che trovate in questa pagina, e noi di Artuu abbiamo deciso di intervistarla per arricchire questo già straordinario lavoro.

puntobriciole.it

Appena selezionata tra i finalisti del Premio Cairo 2024 (ne abbiamo parlato qui) e presente nella mostra “Pittura Italiana Oggi” alla Triennale di Milano, Giulia Mangoni è un’artista italo-brasiliana originaria di Isola di Liri, nel Lazio, ma è cresciuta tra la sua città natale e Rio de Janeiro.

La sua pratica si concentra sull’etica del ritorno e sulla decostruzione delle nozioni di memoria e identità legate a geografie specifiche e comunità decentrate. Giulia descrive il suo fascino per i confini tra territori urbani e naturali, trovando ispirazione negli spazi liminali dove la città si dissolve nella campagna o dove la vegetazione invade l’architettura umana. Questa dicotomia è particolarmente evidente a Rio de Janeiro, dove ha vissuto, e dove la natura lussureggiante entra in contrasto con le strutture moderniste della città.

La sua arte è un continuo processo di lotta tra ordine e caos, riflettendo la tensione tra le idee iniziali e l’evoluzione del lavoro stesso. Questo approccio è influenzato dalla sua esperienza in Italia, dove i luoghi di conflitto storico e le tracce di antiche battaglie alimentano il suo interesse per la memoria e l’identità locale.

In questa intervista, Giulia ci racconta le sue principali fonti di ispirazione, come la sua esperienza tra Italia e Brasile ha influenzato il suo lavoro ma anche la sua costante collaborazione con una rete di artigiani e agronomi locali…

Giulia Mangoni 2024 courtesy artists studio

Quali sono le principali fonti di ispirazione per le tue opere e come la tua esperienza tra Italia e Brasile ha influenzato il tuo lavoro artistico? 

Mi trovo costantemente affascinata da scene del mio quotidiano, specialmente l’incontro tra il mondo umano e quello naturale. Mi diverte il fuori-urbano, lì dove la città comincia a diventare campagna, o dove la campagna diventa bosco.

Mi piacciono le soglie tra territori diversi, e mi piace raccontare storie che parlano di posti-frontiera, dal micro al macro. Il Brasile è pieno di queste zone e dicotomie, vivevo a Rio de Janeiro dove la natura è entropica, ti entra in casa. Mi interessava l’oscillazione tra la tradizione modernista e strutturalista nell’architettura che si è radicata lì, in contrasto con una vegetazione umida che tenta di entrare e di distruggere queste strutture.

Quindi mi interessava l’idea dell’entropia atmosferica, di quello sforzo che si fa per mantenere in piedi certe strutture estetiche. Penso questo abbia influenzato molto il mio modo di pensare. Nel mio lavoro esiste molta costruzione e decostruzione, mi piace ricreare in ogni quadro questa lotta, il quadro stesso diventa un posto-frontiera tra due mondi, l’idea iniziale e l’idea che il quadro stesso ha di sé stesso. L’Italia mi ha influenzato nel senso che il posto dove vivo in provincia di Frosinone è anche storicamente un posto dove si è fatta battaglia tra regni diversi. Trovo che ancora le tracce di questo e parte del mio lavoro diventa raccontare questo posto.

Dettaglio di: La Faeta, 2024, dipinto a parete per Internazionali BNL d’Italia a cura di Giorgio Galotti, courtesy Operativa Arte Contemporanea, foto Giorgio Benni

Puoi descrivere il tuo processo creativo, dall’idea iniziale alla realizzazione finale, e quali tecniche e materiali preferisci utilizzare nelle tue opere? 

La prima cosa che so è la dimensione e la struttura fisica che deve prendere il lavoro, anche prima di sapere il perché e il soggetto. Poi identifico una sensazione che era lì dall’inizio e che vorrei far emergere nel lavoro singolo o nella serie dei lavori. Molte volte è un accumulo di sensazioni relative a un soggetto, ancora difficili da spiegare in parole. Quindi trovo delle immagini nei miei archivi di disegno oppure vado a disegnare per un periodo finché non ho sufficienti immagini per cominciare.

A volte mi basta una, a volte me ne servono molte di più, dipende dal quadro. Scelgo per lavori di questo tipo l’olio perché mi permette di lavorare a strati e di scoprire il soggetto mentre lavoro. Scelgo il lino perché mi piace cominciare con un colore medio di fondo e non con il bianco. Quindi lavoro, molto spesso in serie, su delle famiglie di quadri, con una o due stesure di colore al giorno per un periodo concentrato di tempo, finche non sembra esserci niente da togliere o da aggiungere. Poi lascio riposare. Il titolo arriva per la fine del lavoro, all’inizio ho sempre un’idea ma a volte cambia. Alla fine, forse posso parlare del soggetto che si presenta nel quadro in modo narrativo, ma non prima. 

Lincrocio di Vallefredda 2024 Olio su lino 2 x 18 m courtesy ArtNoble Gallery foto Michela Pedranti

I tuoi lavori esplorano spesso temi di memoria e identità; come affronti questi concetti nelle tue opere? 

La memoria è importante per me come ferramenta che mi aiuta a creare un legame molto personale con ogni quadro. La questione dell’identità viene dopo. Tutti i quadri sono anche autoritratti, anche quelli che parlano di tutt’altro. Mi piace lavorare con l’idea della costruzione di un’identità che al momento è in crisi.

Mi piace vedere gli sforzi, le avventure che facciamo quando abbiamo perso l’idea di quello che eravamo e dobbiamo ricominciare per crescere. La stessa cosa la vedo in certi posti come la Ciociaria dove vivo, mi piace pensare a come si costruisce l’identità di un posto che sembra essere in transizione senza una direzione unica. Quindi faccio lavori che esplorano questi sforzi di creazione di un’identità coesa, con tutti i paradossi di questo movimento.

Incarnation creatures that could not love other than in the flesh Olio su tela di mercato verde dittico 3 x 110 m courtesy ArtNoble Gallery foto Michela Pedranti

In che modo la territorialità e le collaborazioni con artigiani locali influenzano il tuo lavoro?

Gli artigiani rappresentano le radici, quelli che tramando i saperi manuali dell’antico mondo connesso ad un territorio, per questo mi interessa lavorare con loro, perché imparo a connettermi anche indirettamente con le radici di un posto. Sviluppare relazioni lavorative e collaborative con loro per più di un progetto mi da tanto.

Mi interessa mantenere un rapporto lavorativo per più tempo per vedere come ci si influenza reciprocamente. Non mi interessa l’uso dell’artigiano come manifattore dell’opera pensata dall’artista… sono molto più connessa all’idea dello scambio di menti e di saperi manuali che creano dei lavori di gestazione comune. In questa modalità di lavoro è importante il permesso, la comunicazione, lo scambio, la fiducia. È molto più umano secondo me. Poi sono sempre stata interessata a portare l’idea di contemporaneità all’artigiano e di portare le idee dell’artigiano nella sfera del contemporaneo, questa sfida mi diverte molto. 

Tramonto con galline, 2024, Litografia acquarellata, 60 x 80 cm, edizione di 10, courtesy Hypermaremma & Operativa Arte Contemporanea

Quali sono le principali sfide che hai affrontato come artista e come vedi l’evoluzione del tuo lavoro nei prossimi anni? 

Ci è voluto un po’ di tempo per trovare persone che capiscono e sostengono il mio lavoro non solo nella parte espositiva che si vede in città nelle gallerie e istituzioni, ma anche nella parte di ricerca e lavoro fuori urbano che nutre la pittura, e che molte volte viene trascurato e messo da parte dal mondo ‘contemporaneo’. Mi sento fortunata di avere interlocutori che mi aiutano a sviluppare nei due ambiti senza sacrificare l’uno o l’altro. Forse la più grande sfida è stato saper gestire le mie proprie paure nelle scelte che sentivo di dover fare, scegliendo di avere lo studio e il quotidiano volutamente distante dai grandi centri.

Mi portavo indietro grandi voci che dicevano che sarebbe stato impossibile far parte dei due mondi in oscillazione, che avrei perso pezzi, e invece con perseveranza ho visto che non solo si può fare ma che un mondo nutre l’altro. L’evoluzione è il movimento di questo pendulo che dovrà oscillare ancora più fortemente, vorrei lavorare con comunità fuori urbane e con artigiani di posti molto lontani da me, e poi di portare queste storie in grandissimi centri urbani per raccontarle ad un pubblico più ampio ancora. 

Una volpe sul cuscino 2024 Olio su lino 2 x 18 m courtesy ArtNoble Gallery foto Michela Pedranti

Come sono nate le tue collaborazioni con agronomi e allevatori di specie autoctone e in che modo coinvolgi le comunità locali nei tuoi progetti artistici? 

Queste collaborazioni sono nate nello stesso modo del lavoro con gli artigiani, però in questo caso invece di creare oggetti con le mani, si alleva animali in estinzione nel basso Lazio, parlo dell’associazione ‘Il Gallo Larino’ a Monte San Giovanni Campano, Colli. Non ho visto differenza tra quello che fanno loro e quello che faccio io e quello che fanno gli artigiani in un certo senso.

Ci occupiamo di cultura e siamo interessati ai simboli di appartenenza che ci lega ad un posto. Nel loro caso, hanno capito che quattro razze di animali dell’agro-zootecnica rurale; pecore quadricorne, galline ancona, asini dei monti lepini e cavalli dei monti aurunci, che sono caduti sotto la soglia dell’estinzione, sparendo completamente avrebbero portato via un pezzo dell’identità di questo posto per sempre.

Soldati Sognano San Giorgio, 2021, Olio su tela, 90 x 73 cm, courtesy ArtNoble Gallery, foto Luca Corgnali

Se l’artigianato e la biodiversità spariscono, e se le storie collegate ad oggetti e ad animali e piante spariscono con loro, rimane poco che lega l’uomo contemporaneo al passato di un luogo, e questo scollegamento frammenta ancora di più le nostre comunità, che sono costruite sulla memoria.

Più che coinvolgere le comunità locali, le comunità locali coinvolgono me! Mi trovo sempre più spesso a lavorare come artigiana per movimenti di auto-rappresentazione locale e questo mi diverte tantissimo. Mi piace l’idea dell’artista a servizio collaborativo della comunità, facendo emergere nel mio lavoro personaggi, storie, animali che popolano uno spazio immaginario creato insieme. A volte questi oggetti, animali e personaggi me li porto a casa, allevo le galline che dipingo, ho un progetto dove espongo oggetti degli artigiani Ciociari in vetrina…mi faccio influenzare inevitabilmente non solo nei quadri ma nella vita. 

Puoi parlarci del tuo interesse per le narrazioni personali e come queste si riflettono nei tuoi lavori?

La narrazione personale è sempre un modo mio per entrare nel lavoro, perché se non trovo una connessione personale mi viene difficile andare avanti con gli strati e prendere decisioni tecniche verso la fine del lavoro. Per chi guarda, le narrazioni non sono necessarie. Possono essere aneddoti interessanti e modi di entrare nel lavoro, ma non sono spiegazioni, anche perché ogni lavoro parla di sé stesso, e crea un rapporto con chi lo guarda che sarà diverso dal mio. La cosa che mi piace di più e sentire negli anni cosa hanno detto i miei quadri alle persone che li vedono tutti i giorni. Voglio creare lavori che parlano nel tempo, per molto tempo.

Dettaglio di: La Faeta, 2024, dipinto a parete per Internazionali BNL d’Italia a cura di Giorgio Galotti, courtesy Operativa Arte Contemporanea, foto Giorgio Benni

E’ davvero un gran periodo per te, prima la partecipazione alla mostra “Pittura Italiana Oggi” alla Triennale di Milano e oggi sei tra i 20 finalisti del Premio Cairo. Come ti senti?

Serena. Ho molta energia adesso e sapere che ho tanto da fare mi da tranquillità. Essere occupata mi porta gioia. Di recente sto facendo dei lavori grandi che mi stancano a livello fisico e anche questo mi fa molto bene. Non mi fa bene stare ferma e non avere mostre, scadenze, impegni. Sento di preparami per fare sempre cose più grandi. Allo stesso tempo è necessario che rimanga per lunghi periodi in studio fuori città, per poter dare l’energia al lavoro e non disperderla. 

La strega si trasforma persino in vento, 2022, 100 x 90 cm), courtesy Operativa Arte Contemporanea, Foto Roberto Apa

Qualche anticipazione sulle prossime mostre?

Il 13 Luglio apro una mostra intitolata ‘History only tastes bitter to those who expect it to be sugar coated’, bipersonale con l’artista Luca Staccioli, organizzata da ArtNoble Gallery a St. Moritz, e una mostra in gruppo intitolata ‘Pericolosamente Insieme’ a Pietrasanta con
Taft Gallery e Secci Gallery a cura di Chiara Guidi, che apre il 19.

Poi dopo l’estate ci sarà la mostra del Premio Cairo e la mostra alla galleria della Fondazione San Fedele: ‘La città tra realtà e sogno’, entrambe mostre in gruppo a Milano. 

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