Nella cosiddetta era dell’Antropocene, quella in cui viviamo ora, l’essere umano ha esercitato la sua agency sul mondo al punto di modificarne e mortificarne irreversibilmente l’ecosistema e il clima, portando all’estinzione delle più disparate specie animali e vegetali. Questo è ciò che l’uomo, a partire dalla rivoluzione industriale, ha scelto di fare con il mondo. Poi, la tecnologia ha continuato a svilupparsi ad un ritmo sempre più rapido e incessante, finché l’uomo è stato in grado di rifugiarsi dal mondo – o forse osservarlo e analizzarlo con distacco: e allora ha iniziato a creare nuovi mondi.
La pratica del “worldbuilding” è uno dei fondamenti del game design che consiste nella costruzione di un mondo virtuale, un universo artificiale da esplorare liberamente e plasmare a proprio piacimento, senza ripercussioni e senza i limiti delle leggi fisiche del mondo reale. Molto presto, gli artisti ne hanno intuito l’enorme potenziale, e hanno iniziato a utilizzarlo per creare distopie, utopie, mondi (im)possibili passati e futuri. Tra questi, anche il greco Theo Triantafyllidis.
È proprio con la personale di Triantafyllidis che inaugura al pubblico Spazio Vitale, nuovo spazio espositivo di Verona interamente dedicato al rapporto tra uomo e tecnologia. A cura di Domenico Quaranta, Sisyphean Cycles, in mostra fino all’11 novembre, raccoglie per la prima volta quattro simulazioni 3D realizzate dall’artista negli ultimi tre anni, allestite su diversi schermi disseminati nella sala. Quattro installazioni, corrispondenti a quattro mondi: in Ork Haus (2022), l’osservatore contempla la quotidianità di una famiglia di orchi verdi e mostruosi, nella loro routine segnata da un’alienazione profonda legata all’utilizzo intensivo, ripetuto e inconsapevole delle tecnologie digitali.
Ancora alienazione, e ancora ripetitività ossessiva, in RadicalizationPipeline (2021). Se la critica sociale era già centrale in Ork Haus, in questa installazione si fa quasi aspra: come in un incubo insensato che si ripete all’infinito, due eserciti interminabili continuano a scontrarsi violentemente l’uno con l’altro. Questa volta Triantafyllidis sceglie di dar vita a un mondo in cui l’estremismo e la guerriglia urbana sono tanto esasperati da coinvolgere la totalità degli abitanti. Così facendo, l’artista vuole suggerire una correlazione tra la gamification (la “ludificazione” dei più disparati ambiti della società contemporanea) e la radicalizzazione del pensiero politico, inasprito dalle bolle dei social media.
Se le prime due installazioni mostrano il volto più oscuro della contemporaneità, l’esposizione si chiude con due opere che simulano una “rinascita” dalle sue ceneri: in Ritual (2020) l’umanità è stata spazzata via da qualche catastrofe, e piante e insetti hanno preso il sopravvento in un ritmo incessante, ipnotico e tribale (come in un “rituale”). Infine, BugSim (Pherormone Spa) (2022) chiude il cerchio espositivo simulando un terrario vivo e pulsante: la vita organica, libera dalla visione antropocentrica, continua a prosperare all’interno della teca, mentre una figura aliena la osserva dall’esterno (insieme al visitatore, alieno anch’esso). Il lavoro, come l’intera esposizione, è un esperimento entropico che cresce e prolifera.