Il mito delle Metamorfosi in Joseph Klibansky, Filippo Tincolini e Lucio Carvalho: il nuovo naturalismo come rappresentazione dell’incomunicabilità

Cupid’s Kiss (2021), Bust of Dedalo (2023), Venus in Paradise (2021) di Klibansky, Tincolini e Carvalho, pur essendo opere realizzate in tre momenti e in tre luoghi diversi, con tecniche differenti, condividono nel titolo il riferimento alla mitologia greca.

Come nella scultura della Collezione Borghese, in cui il Bernini raffigura il mito di Apollo e Dafne e dove il naturalismo e la leggerezza dei corpi adolescenti catturano l’armonia dei movimenti nel momento preciso e concitato di una metamorfosi che salverà la ninfa dalla passione carnale di Febo, questi tre artisti sperimentano il richiamo al naturalismo tramite le citazioni della mitologia greca.

A scopo introduttivo, va detto che in Gianlorenzo Bernini, l’elusione del peso ingombrante della materia, sembra avvenire per via di una metamorfosi, come Mercurio che trasforma Aglàuro divorata dall’invidia, in statua. Così per mano del Bernini la pietra sembra diventare carne, o forse il contrario, e i rami della pianta di alloro si agitano per via dell’azione fino a paralizzarsi in un’istantanea.

Joseph Klibansky, artista totale olandese di origini sudafricane, non ha alcuna remora nell’indagare o confrontarsi con qualsiasi tema, tecnica e materia e la sua opera citata in apertura, Cupid’s Kiss, oltre al tema iconografico mitologico di Amore e Psiche, richiama al Naturalismo Barocco anche per la molteplicità dei particolari che compongono la superficie.

L’horror vacui stimola Klibansky, nel rappresentare una molteplicità di elementi, distraendoci dalla centralità della figura umana, generando una varietà di monadi, in senso liebniziano (Gottfried Wilhelm Liebniz – Monadologia, 1714): particelle elementari che sono descrizioni di universi, in cui non è la sola centralità della figura umana ad affermarsi, ma lo spazio, i segni e gli oggetti in totale autonomia (approccio barocco).

Cupid’s Kiss è un lavoro dal segno esplicitamente contemporaneo, ma l’approccio neo-barocco è evidente anche nella sua opera scultorea, facilitando così il confronto con gli altri due artisti citati nell’introdurre questo contributo, ed in tal senso bisogna soffermarsi un attimo a riflettere sulla scelta iconografica, condivisa, della tuta spaziale o  scafandro, dipende da cosa si voglia vedere.

Self Portrait of a Dreamer Joseph Klibansky

L’opera Self-Portrait of a Dreamer, riproposta più volte a partire dal 2016, rappresenta una figura antropomorfa in una tuta spaziale, in posizione rigidamente orizzontale, sopraffatta dalla forza di Archimede, ma che tenta di rimanere legata alla gravità tramite il contatto con una sedia ben piantata a terra. Sul piede della figura, un vaso inganna la spinta idrostatica, poggiandosi gravemente su di esso.

La scultura, che a seconda della versione è composta da materiali plastici e resine, nella sua versione più significativa è alta circa 13 metri ed è tutta bianca, come una statua in marmo. All’interno della tuta spaziale possiamo tanto immaginare ci sia un umano, tanto possiamo pensare che la tuta sia vuota e viva autonomamente. 

In questo secondo caso, solo una metamorfosi, per mano di Marte, Mercurio o di qualche sconosciuta forza suprema, avrà potuto determinarne l’esistenza della vuota tuta in sostituzione dell’umano, a causa di una probabile colpa, come quella  di essere un sognatore. Al fruitore non resta che contemplare l’imponenza del tutto, compreso il vuoto circostante che arriva fino a chi osserva e che, inevitabilmente, compone l’opera in un continuum indefinito tra la rappresentazione e la realtà. 

Filippo Tincolini Bust of Dedalo 2023Bianco Carrara Marmo Policromo 45x78x95 cm<br>Serie Ancient Gods ph Laura Veschi

Quel vuoto che aiuta a spiegare la posizione orizzontale della tuta d’astronauta (o della figura antropomorfa), una volta avvenuta la metamorfosi da animato a inanimato. Trasformazione che si concretizza alla stessa maniera in Italia, nell’opera di Filippo Tincolini, scultore multimaterico, raffinato e innovatore nell’ambito della scultura tradizionale.

Il suo busto di Dedalo della serie Ancient Gods, in cui il padre di Icaro viene rappresentato con le sembianze di Iron Man, eroe immaginario della Marvel, esalta il confronto tra mondo classico e mondo contemporaneo, in cui Dedalo, famoso per le sue invenzioni, si incontra con il personaggio controverso di Stan Lee nel contrasto tra l’essere e l’apparire, tra interiore ed esteriore.

Dedalo, famoso inventore, con il capo chinato, sconfitto da uno stato d’animo potente, nella sua corazza da Iron Man (che è un supereroe/spietato imprenditore), megalomane nel mito al punto di uccidere il nipote Talos per invidia, perché a quest’ultimo viene riferita l’invenzione della sega.

Questa fusione tra mitologia greca e mondo fantastico funziona e quel busto è commovente nel momento in cui si riesce a catturarne la tensione psicologica, nel momento in cui l’eroe (positivo) incontra dentro di sé l’anti-eroe (negativo), creando un inevitabile cortocircuito psichico, condiviso da Dedalo così come da Iron Man.

Filippo Tincolini Spaceman Shine Light Blue 2024 <br>Chrome resin 450 x 185 x 135 Cm<br>Serie Flowered Soul ph Laura Veschi

Come Klibansky, anche Tincolini rappresenta la metamorfosi nella scultura, con il passaggio da umano a tuta spaziale. Anche in lui ritroviamo il gioco tra involucro pieno e vuoto. Nella serie Flowered Soul, la mitologia greca viene rappresentata tramite il filtro disumanizzante della tuta da astronauta, come nel caso di Spaceman Laocoonte e Spaceman Belvedere.

Anche qui ci troviamo di fronte a dei soggetti possibilmente inanimati, appunto tute, che atteggiano le movenze come se al loro interno vi fossero umani imprigionati. Nel Laocoonte la storia del combattimento con i serpenti è perfettamente riconoscibile, non fosse che a lottare non è un plastico corpo nudo, ma una ingombrante scafandro. 

Spaceman Laocoonte 2024 Marble Statuario Michelangelo 90 x 70 x 42 cm<br>Series Flowered Soul<br>Ph Laura Veschi

Laocoonte evoca suggestioni neo-pop stile Colbert con le sue aragoste, ma le aragoste dell’artista britannico sono sicuramente più animate e sono nient’altro che aragoste, mentre in questo caso ci si pone lo stesso dubbio esistenziale osservato nel lavoro di Klibansky.

C’è qualcuno negli scafandri? O sono questi esseri costretti ad esistere con queste sembianze artificiali per via di una metamorfosi?

A dare consistenza a questa idea della metamorfosi, è il fatto che questi Spaceman hanno definitivamente sostituito la figura umana e mentre tutto ciò avviene, il casco dell’astronauta sta subendo un’ulteriore metamorfosi: sulla sua superficie foglie e fiori stanno facendo la loro improvvisa ed infestante apparizione, come richiamo alle origini naturali dell’esistenza, trasformazione che sembra un monito all‘arroganza umana nei confronti della divina natura.

L’infestante crescita di elementi naturali, ricorda vagamente lo spettacolo che la natura ha messo in atto durante quelle settimane di lockdown imposte dalla pandemia, in cui specie floreali e faunistiche avanzavano potenti e senza paura nell’ambiente disabitato dall’uomo, costretto alla clausura per sfuggire al contagio.

Venus in Paradise Lucio Carvalho

Lucio Carvalho è un artista brasiliano che come Klibansky e Tincolini, attinge a piene mani dalla mitologia greca, imponendo anch’egli alle sue figure una metamorfosi disumanizzante, rappresentando i suoi soggetti in magnifiche pitture e con il volto rinchiuso in caschi decorati come stucchi. La sua Venere in paradiso è un confronto con la mitologia ed allo stesso tempo un’occlusione alla proverbiale bellezza della divinità greca.

Il corpo nudo, massiccio e sensuale, impone la fisicità di Venere al centro della rappresentazione, che però non riesce ad essere protagonista della stessa, a causa della predominante bellezza del casco che esclude la comunicazione mimica, sostituendone il viso.

Minotauro Lucio Carvalho

Come nel Minotauro del 2021, in cui il figlio di Pasifae,  generato dall’accoppiamento con il toro bianco che il marito, Minosse, ebbe ricevuto come regalo da Poseidone, viene rappresentato con un corpo giovanile ed al posto della testa da bovino ha un grande casco nero da motociclista, con evidenti corna.

La fattura pittorica è impressionante. Una tecnica raffinata che consente a Carvalho di imprimere allo scafandro una bizzarra espressività, come se gli impulsi nervosi cerebrali fossero capaci di raggiungere la superficie plastica della protezione artificiale da centauro, facendogli esprimere tensioni psicologiche tramite il movimento del corpo e il riflesso perfettamente dipinto sulla visiera.

Come nella serie Flowered Soul di Tincolini, anche sui caschi dipinti da Carvalho fanno la loro apparizione improvvisa elementi floreali, apparentemente decorativi, ma obbligati da un incantesimo divino, come monito a non dimenticare le proprie radici naturali.

L’attenzione decorativa di Carvalho, la sua capacità di rappresentare i dettagli, eludono la centralità umana e danno spazio all’aspetto decorativo, alla rappresentazione di cose, forme o oggetti che catturano l’interesse, lasciando lo sguardo libero di vagare nell’ambiente rappresentato, in cerca di aperture su altri universi inesplorati.

In conclusione, nulla si vuole imporre nella fruizione dell’opera di questi tre artisti, ma senza pretesa alcuna, si vuole avanzare la possibilità che la loro azione artistica sia improvvisamente confluita in una poetica comune, necessaria per la cura del pensiero, in cui i caschi, la tuta spaziale, i fiori e il ricorso al mito delle Metamorfosi sono strumenti narrativi necessari a comunicare un disagio nei confronti della strada intrapresa dall’esistenza.

Flowered Soul Filippo TIncolini

Questo Nuovo Naturalismo Barocco, è un segnale che l’arte ci restituisce istintivamente, perché questi tre artisti tra loro non hanno mai collaborato, eppure, allo stesso modo ci riferiscono di una forte incomunicabilità, dovuta forse alle priorità che l’umano ha posto come propri obiettivi, così lontane dalla semplicità e da un approccio in cui il progresso non diventi una minaccia. 

La bellezza di queste opere, viaggia di pari passo con la bruttezza della nostra epoca, così inumana e consumistica, incapace di istruirsi e fare bagaglio delle proprie esperienze, anche le più vicine, ma infondo accendono una fievole speranza, ricordandoci che esiste l’arte e la possibilità di salvarsi.

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