Si è conclusa l’edizione 2024 di “Artissima Internazionale d’Arte Contemporanea” al Lingotto di Torino e con la chiusura della fiera sono stati resi noti i vincitori dei diversi premi, tra questi il Premio illy Present Future.
La scelta quest’anno è caduta su Angharad Williams, giovane artista britannica il cui lavoro abbraccia una grande libertà espressiva senza legarsi a un medium specifico. La ricerca di Williams si addentra nelle dinamiche di potere che modellano la società, esplorando strutture come la monarchia, spesso viste come residui anacronistici, e si sofferma sui dettagli più sottili e nascosti del potere e sul modo in cui questi si manifestano nello spazio.
Presso la fiera di Torino, in collaborazione con la galleria Fanta di Milano, Williams ha trasformato lo stand in una sorta di palcoscenico interattivo. Qui i visitatori diventano al contempo spettatori e protagonisti, muovendosi su un pavimento che funziona come installazione, colmo di riferimenti artistici e storici che si intrecciano in una narrazione sottile e ironica.
Lo scorso anno, il premio era stato assegnato a Bekhbaatar Enkhtur, il quale grazie al sostegno del premio illy Present Future ha realizzato la sua mostra personale, ora in corso presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino con la curatela di Caroline Ellen Liou, l’esposizione esplora temi che caratterizzano la ricerca artistica di Enkhtur, il quale attinge al proprio background culturale mongolo per dare vita a opere che riflettono su identità, memoria e territorio. La sua pratica artistica si distingue per una fusione di elementi eterogenei che includono pittura, scultura e installazione, dando vita a un linguaggio visivo che esplora la connessione tra tradizione e modernità, paesaggio e cultura.
La fiera torinese è stata anche l’occasione per presentare in Italia, dopo Frieze Art Fair di Londra, la nuova serie illy Art Collection. La collezione in edizione limitata di tazzine ispirata al progetto Genesi, una mostra itinerante e multisensoriale che esplora le tematiche culturali legate alla condizione della donna nel mondo. Protagoniste di questa edizione sono quattro artiste di fama internazionale che con le loro opere danno voce a storie e riflessioni sul femminile.
Monica Bonvincini, nelle sue opere esplora temi come il potere, il genere, la sessualità e il rapporto tra architettura e società. Utilizzando vari media, tra cui scultura, installazioni, video e disegni, Bonvincini riesce a creare un dialogo critico e provocatorio con lo spazio espositivo e il pubblico. Il suo lavoro si caratterizza per un’estetica potente e minimalista, spesso giocata sull’uso di materiali industriali e riferimenti alla cultura pop e all’arte concettuale. Opere iconiche come Chain Swings e Hurricane mettono in discussione le nozioni di controllo e vulnerabilità, mentre il suo uso di catene, metallo e vetro diventa simbolico della forza e della fragilità umana.
Binta Diaw, ha approccio profondamente radicato nelle questioni identitarie, sociali e culturali legate alla diaspora africana e alla condizione delle donne nere. Nata e cresciuta a Milano da genitori senegalesi, il suo lavoro riflette una forte connessione con la sua doppia eredità culturale e affronta temi come la migrazione, l’appartenenza e la memoria collettiva.
Utilizzando materiali organici e simboli culturali, Diaw crea installazioni e opere multidimensionali che esplorano il corpo come luogo politico e come mezzo di resistenza. Tra i suoi lavori più noti ci sono opere che evocano i viaggi e le difficoltà dei migranti, spesso rappresentate attraverso forme e trame che richiamano l’oceano e il movimento. L’artista intreccia spesso pratiche artigianali tradizionali e materiali naturali, creando una fusione tra l’arte contemporanea e le sue radici africane.
Simone Fattal, è un’artista e scrittrice libanese nata a Damasco e cresciuta tra il Medio Oriente e Parigi. La sua pratica artistica abbraccia scultura, pittura e collage, ed è nota per un approccio che intreccia elementi della storia antica, della mitologia e della filosofia. Attraverso le sue opere, Fattal esplora temi come l’identità, il viaggio e la memoria, creando un dialogo tra passato e presente.
Dopo aver studiato filosofia alla Sorbona di Parigi, Fattal ha iniziato la sua carriera come pittrice prima di dedicarsi alla scrittura e alla fondazione della casa editrice Post-Apollo Press negli Stati Uniti, specializzata in opere letterarie e poetiche. A partire dagli anni ’80, l’artista ha iniziato a dedicarsi alla ceramica e alla scultura, sviluppando un linguaggio artistico unico caratterizzato da forme archetipiche e figure stilizzate che evocano antiche civiltà e paesaggi interiori.
Le sue sculture in ceramica sono spesso ispirate a frammenti di rovine, guerrieri, animali e figure umane, e richiamano le narrazioni mitologiche e i poemi epici. Queste opere non solo riflettono le sue radici culturali mediorientali, ma affrontano anche temi universali come l’esilio, la resistenza e la ricerca di significato.
Shirin Neshat, regista e fotografa, conosciuta per il suo lavoro che esplora la condizione delle donne nel contesto culturale e politico dell’Iran e più in generale nel mondo islamico. Nata a Qazvin, in Iran, nel 1957, Neshat si è trasferita negli Stati Uniti nel 1975.
Le opere di Neshat si concentrano principalmente su fotografie, video e installazioni, e sono caratterizzate dall’uso di immagini forti e simboliche. La sua produzione artistica affronta temi come l’identità, l’esilio, la fede, e le tensioni tra cultura, genere e politica. Utilizza frequentemente la scrittura e i calligrafici persiani per esprimere le emozioni e i pensieri delle donne, creando un dialogo tra le immagini visive e il linguaggio.
Uno dei suoi lavori più celebri è la serie “Women of Allah” (1993-1997), che combina fotografie di donne iraniane con testi calligrafici e simboli islamici. Queste opere sfidano gli stereotipi occidentali sulle donne musulmane, mostrando la complessità delle loro esperienze e identità. Altre opere importanti includono “Rapture” (1999) e “Fervor” (2000), che esplorano la dualità tra bellezza e sofferenza.