La Sicilia come “isola plurale”: poesia e fotografia a Palermo

Quando il corpo è cadenza di memorie accartocciate
e lo spirito sollecita alla fine eterna:
ricorda che puoi essere l’essere dell’essere

solo che amore ti colpisca bene alle viscere”.
Salvatore Quasimodo

Solo che amore ti colpisca. Appunti dall’isola plurale, tra poesia e fotografia è la mostra curata da Helga Marsala e inaugurata il 4 luglio nei saloni del Real Albergo delle Povere, a Palermo, per il Museo regionale Riso d’arte moderna e contemporanea, visitabile fino al 13 settembre.

Protagonisti assoluti dell’esposizione sono i testi poetici e le immagini fotografiche che creano, attraverso ricchi rimandi semantici, un atlante “della memoria, esperimenti di rifrazioni, connessioni, fluttuazioni” scrive la curatrice.

Lo spazio del Real Albergo delle Povere diventa palcoscenico espositivo di sperimentazioni linguistiche e visive contemporanee, un gioco multidisciplinare che innesca vive suggestioni poetiche. Il progetto artistico – commistione perfetta tra la forza della scrittura e della fotografia – è un excursus che attraversa le poetiche di artisti e poeti siciliani tra maestri, autori di media generazione ed emergenti: figure tutte diverse, dialetticamente connesse secondo sottili corrispondenze, per contrasto o per assonanza”

L’occhio fotografico e la destrezza evocativa della narrazione letteraria diventano media privilegiati per la narrazione della Sicilia, quale terra multiforme. L’allestimento sperimentale, le opere, le fotografie, i testi poetici costituiscono narrazioni composite, in cui evidente appare il fil rouge: il tentativo di restituzione, attraverso gli artefatti artistici, del carattere della Sicilia, ovvero l’essere “isola plurale”, come la definì Gesualdo Bufalino nel ’85. Le visioni restituite dagli artisti e dai poeti sono plurime, cangianti, eterogenee, plurali, personali. Intimi diari, costituisci da immagini e parole. Ognuno ha una propria visione artistica, espressa in modo onirico, realista, figurativo, scultoreo, interattivo. Tante narrazioni, come tante sono le Sicilie. “Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte trovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, tra la ragione e la magia […] Soffre la Sicilia di un eccesso d’identità, né so sia un bene o sia un male scrive sempre Bufalino in Cere perse.

Avvalendosi dello studio delle più recenti teorie della visual culture, la mostra diviene testimonianza indiscussa dell’interconnessione di immagine e scrittura, dell’indissolubilità delle due pratiche e del loro inevitabile coesistere. Immagini testuali e scritture viste si affastellano nelle sale del Real Albergo delle povere, offrendosi come variegato panorama artistico sperimentale. 

La curatrice attraverso un lavoro di “ascolto e intuizione” esplora la natura della fotografia, ripercorrendo la sua capacità intrinseca di essere medium indicale, documento d’esistenza, immagine di memoria. Il processo creativo di fotografia e scrittura è arricchito dalla partecipazione di diversi archivi, tra cui quello di Letizia Battaglia, il Museo geologico Gemmellaro, l’archivio del quotidiano L’Ora, la Fondazione Arnaldo e Alberto Mondadori, oltre che quella di Gesualdo Bufalino, per citarne solo una parte. Gli echi dell’ “isola plurale” risuonano attraverso le voci poetiche dei siciliani: Salvatore Quasimodo, Bartolo Cattaffi, l’artista creatore delle cancellature concettuali Emilio Isgrò, Guido Ballo, Maria Attanasio, Ignazio Buttitta, il futurismo di Adele Gioia, Helle Busacca, Angelo Scandurra. La ricchezza delle presenze in mostra è sorprendente, ulteriormente arricchita dalla realizzazione di un corpus di lavori ad hoc firmati da Salvatore Arancio, Daniele Franzella, Stefania Galegati, Studio Descrittivo di Base, Adalberto Abbate, Ignazio Mortellaro, Fabio Sgroi e Francesco De Grandi. Tutti gli autori in mostra, pur nella loro eterogenea produzione, sono accomunati dalla necessità di perseguire “una qualche forma di poesia” come scrive Helga Marsala. 

“Immagini e parole generano dunque nuclei evocativi, tematici, simbolici, disponendosi sulle pareti e al centro dei tre saloni: l’archeologia e il concetto di origine, il paesaggio, divagazioni cosmologiche e scientifiche, il soggetto umano declinato in chiave introspettiva o sociale, e infine lo scorrere del tempo, tra luoghi sospesi, reperti intimi, relitti del presente” scrive la curatrice. 

E nei meandri di un viaggio metafisico, artistico ed esistenziale, offerto dalla pluralità di stimoli culturali e ricche suggestioni linguistiche e spaziali, l’essere diviene essere dell’essere e oltre che l’amore, come suggerito da Quasimodo, a colpirci visceralmente è l’arte insieme alla poesia. 

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