La Turandot di Zeffirelli, uno spettacolo impressionante. Ma con qualche pecca

Pechino, ‘al tempo delle favole’. Chiunque voglia sposare la principessa Turandot (‘divina bellezza’ dal cuore di ghiaccio) deve risolvere tre enigmi e, se sbaglia, perde la testa. Un principe sconosciuto ci riesce, ma Turandot rifiuta le nozze. Allora lo straniero le fa una controproposta: se lei indovinerà il suo nome prima dell’alba, potrà farlo giustiziare, altrimenti dovrà rispettare i patti.

La Trama

La “Turandot”* con la regia di Franco Zeffirelli è un grande classico, che l’Arena di Verona ha ripreso più volte nel corso delle stagioni. D’altronde, le scene sono grandiose, curate in ogni minimo dettaglio, e la gestione del movimento di tutti gli artisti in scena è pulita e ordinata, anche nei momenti di maggiore affollamento. I classici vincono sempre, e sostengono anche lo spettacolo meno stabile dal punto di vista vocale.

La vicenda dell’opera si svolge nella Cina degli imperatori, in un periodo fatato tutto decorazioni d’oro e di giada e rigide separazioni tra le caste sociali. Calaf, principe rinnegato dalla sua terra, giunge in città per ritrovare il vecchio padre ormai cieco (Timur), amorevolmente curato dalla serva Liù. Durante una processione incontra lo sguardo della bellissima principessa di Cina, Turandot, e sfortunatamente se ne innamora.

Per editto imperiale, infatti, Turandot sposerà solo colui tra i suoi pretendenti che risolverà i tre enigmi da lei posti. Un fallimento significa la morte per decapitazione. Calaf è incurante del rischio, tanto è il suo amore per Turandot, e si reca a palazzo, dove risolve gli indovinelli con successo. La principessa, però, si oppone ancora al matrimonio e Calaf, allora, la sfida a risolvere un solo enigma: se Turandot vince, Calaf verrà decapitato, ma se lei non troverà la soluzione, non avrà altra scelta che sposarlo.

Non c’è sottigliezza nella domanda posta da Calaf, che chiede semplicemente alla figlia dell’imperatore di indovinare il suo nome nell’arco di una notte. L’alba deciderà il destino dei due protagonisti.

Turandot tenta ogni sotterfugio per vincere la sfida, compreso catturare e torturare Timur e Liù, ma quest’ultima, che ama Calaf da tempo, si fa uccidere pur di salvargli la vita. Il gesto della serva colpisce profondamente la principessa, che all’alba si arrenderà all’amore e acconsentirà al matrimonio.

Lo spettacolo di Franco Zeffirelli

Lo spettacolo dell’Arena di Verona è di alta qualità, con una direzione d’orchestra pregevole, in cui le sfumature delle arie contrastano con i toni drammatici della vicenda, creando un effetto d’insieme di ampio respiro. Gli interpreti in scena hanno voci sicure e potenti, ma, se Olga Maslova offre una Turandot misteriosa e di carattere, il Calaf di Gregory Kunde delude un po’ nella potenza del cantato, soprattutto per le frasi lunghe, dove sembra abbia bisogno di tirare qualche fiato in più.

Il tenore americano sembra quasi stanco, o forse risente della temperatura non proprio favorevole. Anche la Liù di Daria Rybak è un po’ sottotono, non dal punto di vista vocale, ma del recitato, il che è un peccato, data l’importanza del suo ruolo nella vicenda e la forza del personaggio. Una doverosa menzione a parte va alle tre maschere dei consiglieri di corte (Youngjun Park, Matteo Macchioni e Riccardo Rados) che sono coesi e precisi nelle loro dinamiche, e donano freschezza e vivacità alla vicenda. 

La “Turandot” 2024 dell’Arena è uno spettacolo grandioso e impressionante, che non può non colpire visivamente lo spettatore, anche se chi ama il Bel Canto si sarebbe forse aspettato un pochino di più.

Note

Turandot: opera in tre atti e cinque quadri, l’ultima musicata da Giacomo Puccini, che la lascia incompiuta alla sua morte. Debutta nel 1926 al Teatro alla Scala di Milano con la direzione di Arturo Toscanini.

Fonti e crediti fotografici

Arena di Verona

TURANDOT

Giacomo Puccini

Arena di Verona, 7 -29 giugno 2024

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